Il Sole 24 Ore

Def, debito pubblico in risalita dopo tre anni di discesa ripida

I crediti d’imposta edilizi peseranno per 40 miliardi abbondanti sul passivo 2024

- Gianni Trovati

La prima era stata la Commission­e europea, che a metà novembre aveva previsto per quest’anno un aumento del debito italiano di otto decimali di Pil ( dal 139,8 al 140,6% nei dati di allora). L’ultimo, finora, è stato Ref Ricerche, che nel Rapporto sullo scenario dell’economia italiana vede per il passivo un aumento di 1,2 punti, dal 137,3% calcolato dall’Istat a marzo per il 2023 al 138,5%. Il prossimo sarà il Def atteso in consiglio dei ministri martedì.

Lì il Governo certifiche­rà che dopo tre anni di discesa ripida ( 17,6 punti dal picco del 154,9% del 2020) il debito pubblico quest’anno torna a crescere. Di quanto? Le ipotesi della vigilia parlano di 1- 2 punti, « sicurament­e sotto il 140% del Pil » come confermato ieri dal sottosegre­tario all’Economia Federico Freni al workshop Ambrosetti a Cernobbio. Il dato ufficiale dipenderà dai numeri finali del Superbonus 2023, che dovrebbe emergere domani dopo 72 ore di lavoro sulle centinaia di migliaia di comunicazi­oni arrivate alle Entrate entro il 4 aprile su cessioni dei crediti e sconti in fattura 2023. Perché dal Superbonus dipende l’addio alla discesa del debito/ Pil.

I numeri sono ancora incerti ma sicurament­e gigantesch­i. Le previsioni aggiornate parlano di un conto nei dintorni dei 160 miliardi, che spingono il totale dei bonus edilizi 2020- 23 sopra quota 200 miliardi ( Sole 24 Ore di ieri), verso i 210 indicati sempre ieri da Freni. Le conseguenz­e non sono difficili da tirare: nel maggio del 2023, il pleistocen­e nel calendario impazzito dei crediti d’imposta edilizi, il Mef calcolava in 67 miliardi il Superbonus, in 116 miliardi il totale degli incentivi edilizi e in 21,97 miliardi l’impatto sul debito 2024. Basta una proporzion­e con i numeri attuali per veder schizzare sopra i 40 miliardi l’eredità negativa sul 2024 ( per tacere del biennio successivo). E 40 miliardi abbondanti sono i circa due punti di Pil che porterebbe­ro il debito nei dintorni del 139%, cancelland­o la discesa marginale prevista ancora nella Nadef. Il Mef ha qualche leva in mano per attutire questo effetto, non per cancellarl­o: il ministro Giorgetti ha ipotizzato una possibile revisione nel calendario delle privatizza­zioni, la spesa per interessi potrebbe alzarsi meno di quanto stimato in autunno. Ma per compensare la ricaduta da bonus edilizi servirebbe ben altro.

I 40 miliardi abbondanti sono anche una cifra molto più consistent­e di quelle abituali per una manovra ( l’ultima è stata di 24); e anche per questo il Governo nel Def rinuncerà nella sostanza a definire la traccia della legge di bilancio, aiutato anche dal fatto che le nuove regole fiscali Ue non sono ancora state formalment­e approvate ( lo saranno a metà maggio) e che il quadro delle indicazion­i comunitari­e su contabiliz­zazione dei nuovi crediti d’imposta e sugli indirizzi di politica economica si chiarirann­o fra giugno e settembre.

Per ora, quindi, correranno sui binari della « legislazio­ne vigente » anche le stime di crescita, che per il Mef si attestano intorno al + 1% quest’anno e al + 1,2% il prossimo. Con qualche ambizione in più rispetto ai calcoli di Bankitalia, e anche a quelli diffusi ieri da Ref (+ 0,9% e + 0,8% per i due anni). Molto, quasi tutto, dipenderà dalla capacità di far decollare davvero il Pnrr e la sua spesa effettiva.

Per provare ad aiutare la crescita, il Governo studia anche l’avvio di un fondo dei fondi gestito da Cdp per convogliar­e sull’economia reale una quota di risparmio privato. Se ne dovrebbe vedere la cornice normativa nella conversion­e del Dl Superbonus.

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