MPS, MAXI UTILI E L’INCOGNITA SUL VOTO MEF IN ASSEMBLEA
Per la prima volta dopo tredici anni l’assemblea degli azionisti di Mps, convocata per giovedì 11 aprile, si troverà ad approvare un bilancio talmente redditizio da consentire il ritorno al dividendo: 0,25 euro per azione, per un totale di 315 milioni di euro da distribuire ai soci. Se si considera la lunga crisi del Monte dei Paschi di Siena, si tratta di una svolta storica che segna la fine del lungo e tormentato processo di risanamento che ha portato prima al salvataggio del gruppo da parte dello Stato e ora alla sua parziale riprivatizzazione. Mps ha chiuso i conti del 2023 con un utile netto di 2,05 miliardi, livello di redditività che pone la banca senese - in un confronto europeo - poco sotto a grandi nomi del ranking bancario internazionale del calibro di Commerzbank e Société Générale ( entrambe 2,5 miliardi).
Il contributo decisivo al miglioramento dei conti di Mps, come per gran parte delle banche italiane, è arrivato dal rialzo dei tassi di interesse che ha gonfiato i ricavi. E va dato merito al management team guidato dal ceo Luigi Lovaglio di aver guidato negli ultimi anni con successo il piano di ristrutturazione e di rilancio della banca. Una storia nota e ormai raccontata, giustamente, anche sui media internazionali. Andrebbe però reso onore e merito della rinascita del Monte anche ai dipendenti della banca: malgrado le turbolenze degli anni passati, il marchio Mps ha resistito alle intemperie e - anche a detta dei concorrenti - è rimasto forte e attrattivo presso la clientela. In altri casi di dissesto bancario non è andata così ed è un peccato che l’assemblea della rinascita della banca senese si tenga a porte chiuse, senza la presenza fisica dei soci- clienti e soci- dipendenti che nell’ultimo decennio sono stati il vero argine per la tenuta del gruppo.
L’unica incognita dell’assemblea di giovedì prossimo, dalla connotazione più politica che finanziaria, riguarda la votazione dello Stato- azionista sul punto 1.2 dell’ordine del giorno: destinazione dell’utile d’esercizio. Una voce che, su proposta del cda, esclude di pagare la cosiddetta tassa sugli extra profitti e destinare un importo maggiorato a riserva non distribuibile. Una scelta in linea con quella delle altre banche italiane quotate. Ma solo nel caso di Mps, il Governo che aveva proposto l’imposizione fiscale straordinaria ha anche un ruolo da azionista. Voterà a favore della delibera e quindi contro il pagamento della tassa che aveva proposto, immaginando di incassare intorno ai 3 miliardi a livello di sistema? O si asterrà, lasciando che a decidere siano gli azionisti privati? La terza ipotesi, quella del voto contrario, appare finanziariamente impraticabile considerando che solo dieci giorni il Mef ha ceduto una quota del 12,5% a investitori istituzionali che hanno comprato incorporando l’atteso dividendo nel prezzo pagato.