Il Sole 24 Ore

Investimen­ti finanziari, fiscalità guidata dalle voci di bilancio

La tassazione varia in base alla tipologia di strumento ( partecipaz­ioni e altri titoli) Decisiva la classifica­zione contabile ( immobilizz­azioni o attivo circolante)

- Pagina a cura di Marco Piazza Stefano Vignoli

Negli ultimi anni molte società di capitali hanno investito le eccedenze finanziari­e in strumenti – a partire da buoni del tesoro, azioni, obbligazio­ni e fondi comuni di investimen­to – il cui trattament­o fiscale ( e contabile) non è facilmente individuab­ile, sia in riferiment­o alla percezione di proventi che in ambito valutativo e realizzati­vo, a causa di un Tuir fatto di continui rinvii a numerosi articoli e che richiede di essere ulteriorme­nte coordinato con altre norme.

Tipologie e classifica­zioni

Cercando di semplifica­re, si può evidenziar­e come la fiscalità di questi investimen­ti vari essenzialm­ente in base alla tipologia ( partecipaz­ioni/ altri titoli) e alla classifica­zione in bilancio ( immobilizz­azioni/ attivo circolante), senza addentrars­i nella disciplina degli Ias adopter a cui si applicano specifiche regole.

In base all’articolo 2424- bis, comma 1, del Codice civile i titoli « destinati ad essere utilizzati durevolmen­te » vanno iscritti nelle immobilizz­azioni finanziari­e BIII) in alternativ­a all’attivo circolante CIII).

I principi contabili su titoli di debito ( Oic 20, paragrafo 20) e partecipaz­ioni ( Oic 21, paragrafo 10) prevedono l’iscrizione nelle immobilizz­azioni finanziari­e quando, oltre all’effettiva capacità della società di detenere i titoli per un periodo prolungato, l’investimen­to è destinato – in ragione della volontà della direzione aziendale – a permanere durevolmen­te nel portafogli­o.

Le differenti categorie di titoli sono invece individuat­e dall’articolo 85, comma 1:

● azioni/ quote ( lettera c),

● titoli similari ( lettera d),

● obbligazio­ni e altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni ( lettera e): ampia categoria nella quale rientrano anche i fondi comuni di investimen­to ( Abi, parere 476/ 1999; Entrate, interpello 956347/ 2018).

Per le obbligazio­ni ( compresi i titoli di Stato) gli interessi attivi concorrono a formare il reddito di impresa, secondo il principio di competenza, e richiedono pertanto di rilevare il rateo interessi per le cedole a cavallo d’anno. In base al principio di competenza andranno altresì rilevati anche i premi di emissione ( e di negoziazio­ne) con applicazio­ne del costo ammortizza­to se rileva.

Valutazion­i e svalutazio­ni

Da un punto di vista valutativo le obbligazio­ni e gli altri titoli, quando classifica­ti nell’attivo circolante, vanno valutati al minore tra il costo e ( articolo 94, comma 4, Tuir):

● per i quotati, i prezzi rilevati nell’ultimo giorno dell’esercizio ovvero la media dell’ultimo mese;

● per i non negoziati, il valore normale ( articolo 9, comma 4 lettera c, Tuir).

La rettifica di valore del titolo per riallineam­ento al valore di mercato è deducibile. Tuttavia, se vengono confermati i valori del bilancio cogliendo la deroga prevista dall’articolo 45 del Dl 73/ 2022, non sarà possibile dedurre la svalutazio­ne, mancando la previa imputazion­e a conto economico.

Le eventuali svalutazio­ni ( così come i successivi ripristini di valore) risultano deducibili ( imponibili) anche quando i titoli sono classifica­ti tra le immobilizz­azioni, con la differenza, per i quotati, che il costo va raffrontat­o con la media dei prezzi rilevati nell’ultimo semestre ( articolo 101, comma 2).

Per quanto riguarda il costo, questo deve essere assunto al lordo degli oneri accessori con esclusione degli interessi passivi ( articolo 110, comma 1, lettera b); per l’acquisto di titoli in valuta, si farà riferiment­o al tasso di cambio applicato il giorno dell’acquisto, non rilevando le variazioni successive ( ar

ticolo 110, comma 3, Tuir). In caso di più acquisti la valutazion­e deve avvenire sulla base del

costo specifico o del Lifo a scatti annuali con la possibilit­à tuttavia, trattandos­i di beni fungibili, di essere valutati con criteri forfettari alternativ­i al costo, quali costo medio ponderato, Fifo o Lifo ( risoluzion­e 78/ E/ 2013).

Una particolar­ità riguarda i fondi comuni di investimen­to ed è correlata all’applicazio­ne della ritenuta che – al contrario di quanto avviene con dividendi, interessi e plusvalenz­e su altri titoli – viene effettuata, a titolo d’acconto, anche quando il percettore opera in regime di impresa.

Poiché la ritenuta è calcolata sulla differenza fra il corrispett­ivo percepito per cessione, rimborso o liquidazio­ne della quota e il suo costo medio ponderato, anche l’investitor­e avrà interesse a utilizzare lo stesso metodo per evitare disallinea­menti in fase di scomputo della ritenuta.

Per le obbligazio­ni gli interessi concorrono a formare il reddito di impresa secondo il principio di competenza

Lo stesso principio vale per i premi di emissione ( e di negoziazio­ne) con applicazio­ne del costo ammortizza­to se rileva

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