Con 50 motivi di ricorso: c’è la condanna alle spese
Gravame inammissibile se ha contenuto meccanico e finalità solo dilatoria
È inammissibile l’appello eccessivamente lungo e meramente riproduttivo delle ragioni già esposte in primo grado. È questa la conclusione che si può trarre dalla sentenza 246/ 3/ 2024 della Cgt di secondo grado del Veneto ( presidente Minelli, relatore Sarragioto), pubblicata il 6 marzo scorso.
Il giudizio scaturisce da tre separate opposizioni proposte contro avvisi di accertamento emessi dall’agenzia delle Entrate per il recupero di varie imposte. Il giudice di primo grado aveva dichiarato il “non luogo a provvedere” su una delle domande e quindi respinto, per il resto, le richieste di declaratoria di illegittimità degli avvisi.
Nel decidere l’appello, la Corte afferma, in apertura di motivazione, che l’impugnazione ricalca « pedissequamente il contenuto dei ricorsi » proposti nel precedente grado; quindi, dopo aver trascritto l’intitolazione delle singole doglianze ( « ciascuno dei cinquanta motivi » ), ribadisce che le ragioni del gravame si limitano, nella sostanza, a riprodurre le censure già formulate in primo grado.
La sentenza dà atto che l’Agenzia appellata eccepisce l’inammissibilità dell’appello sul presupposto che i ricorrenti avevano formulato « motivi di impugnazione pretestuosi » che richiedevano « un eccessivo dispendio di attività processuali » ; condotta, questa, che secondo le Entrate viola non solo la regola della ragionevole durata della lite ( articoli 111, comma 2, della Costituzione e 6 della Cedu), ma anche il dovere di lealtà e probità di parti e difensori del processo ( articolo 88 del Codice di procedura civile). Non solo: l’appello, proseguiva l’Agenzia, riproponeva « in maniera meccanica le medesime doglianze proposte nei ricorsi in primo grado » , e dunque, come quei ricorsi, era puramente dilatorio.
La Corte veneta « non può non (…) concordare » con le difese dell’appellata: il gravame - si legge nella motivazione - reitera le ragioni esposte in primo grado e, in larga parte, prospetta profili di illegittimità « già ampiamente superati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito » , e tali, quindi, da rendere « dispendiosa l’attività » di quel giudice.
Infatti - prosegue la sentenza -, nell’appello non ci si può limitare a « una critica formale » ; è invece necessario esporre le ragioni per le quali sarebbero state violate norme di diritto, e quindi specificare rilevanza e incidenza di tali errori sulla decisione impugnata.
Non seguire questo schema significa assumere un comportamento in contrasto con le norme richiamate dalle Entrate: difatti, « la palese pretestuosità » di difese ed eccezioni di parte appellante integra, secondo i giudici veneti, un abuso del diritto costituzionale al ricorso all’autorità giudiziaria, dal momento che il processo, da strumento di tutela di diritti, viene piegato a « pretesto di tutela » .
Così la Corte conferma la sentenza impugnata e condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del grado, che liquida in diecimila euro.