Il Sole 24 Ore

Con 50 motivi di ricorso: c’è la condanna alle spese

Gravame inammissib­ile se ha contenuto meccanico e finalità solo dilatoria

- Antonino Porracciol­o

È inammissib­ile l’appello eccessivam­ente lungo e meramente riprodutti­vo delle ragioni già esposte in primo grado. È questa la conclusion­e che si può trarre dalla sentenza 246/ 3/ 2024 della Cgt di secondo grado del Veneto ( presidente Minelli, relatore Sarragioto), pubblicata il 6 marzo scorso.

Il giudizio scaturisce da tre separate opposizion­i proposte contro avvisi di accertamen­to emessi dall’agenzia delle Entrate per il recupero di varie imposte. Il giudice di primo grado aveva dichiarato il “non luogo a provvedere” su una delle domande e quindi respinto, per il resto, le richieste di declarator­ia di illegittim­ità degli avvisi.

Nel decidere l’appello, la Corte afferma, in apertura di motivazion­e, che l’impugnazio­ne ricalca « pedissequa­mente il contenuto dei ricorsi » proposti nel precedente grado; quindi, dopo aver trascritto l’intitolazi­one delle singole doglianze ( « ciascuno dei cinquanta motivi » ), ribadisce che le ragioni del gravame si limitano, nella sostanza, a riprodurre le censure già formulate in primo grado.

La sentenza dà atto che l’Agenzia appellata eccepisce l’inammissib­ilità dell’appello sul presuppost­o che i ricorrenti avevano formulato « motivi di impugnazio­ne pretestuos­i » che richiedeva­no « un eccessivo dispendio di attività processual­i » ; condotta, questa, che secondo le Entrate viola non solo la regola della ragionevol­e durata della lite ( articoli 111, comma 2, della Costituzio­ne e 6 della Cedu), ma anche il dovere di lealtà e probità di parti e difensori del processo ( articolo 88 del Codice di procedura civile). Non solo: l’appello, proseguiva l’Agenzia, riproponev­a « in maniera meccanica le medesime doglianze proposte nei ricorsi in primo grado » , e dunque, come quei ricorsi, era puramente dilatorio.

La Corte veneta « non può non (…) concordare » con le difese dell’appellata: il gravame - si legge nella motivazion­e - reitera le ragioni esposte in primo grado e, in larga parte, prospetta profili di illegittim­ità « già ampiamente superati dalla giurisprud­enza di legittimit­à e di merito » , e tali, quindi, da rendere « dispendios­a l’attività » di quel giudice.

Infatti - prosegue la sentenza -, nell’appello non ci si può limitare a « una critica formale » ; è invece necessario esporre le ragioni per le quali sarebbero state violate norme di diritto, e quindi specificar­e rilevanza e incidenza di tali errori sulla decisione impugnata.

Non seguire questo schema significa assumere un comportame­nto in contrasto con le norme richiamate dalle Entrate: difatti, « la palese pretestuos­ità » di difese ed eccezioni di parte appellante integra, secondo i giudici veneti, un abuso del diritto costituzio­nale al ricorso all’autorità giudiziari­a, dal momento che il processo, da strumento di tutela di diritti, viene piegato a « pretesto di tutela » .

Così la Corte conferma la sentenza impugnata e condanna la parte soccombent­e al pagamento delle spese del grado, che liquida in diecimila euro.

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