I primi 17 mesi del governo Meloni: 222 testi, 57 Dl e risorse pronte al 96,4%
Il Consiglio dei ministri si è riunito 75 volte: in versione decreto il 26% dei testi varati
Con la presentazione del Def, anche se in formato “light” senza il quadro programmatico, il governo comincia a tracciare la rotta su cui si dovrà muovere nel prossimo triennio guardando anche alla seconda parte della legislatura. Nei primi 17 mesi targati Meloni, che hanno visto palazzo Chigi impegnato a fronteggiare varie emergenze, a cominciare dalla crisi energetica e dalle ricadute dei conflitti russo- ucraino e in Medio oriente, l’esecutivo ha inondato le Camere con una pioggia di provvedimenti, facendo un massiccio ricorso alla decretazione d’urgenza, come del resto i governi che lo hanno preceduto. Anche per questo motivo nei corridoi di Montecitorio e Palazzo Madama, proprio mentre si discute la riforma costituzionale che dovrebbe attribuire maggiori poteri al presidente del Consiglio, c’è chi parla di una sorta di premierato di fatto. Dal 22 ottobre del 2022, data in cui il governo di centrodestra ha ottenuto la fiducia del Parlamento, al 31 marzo scorso, il Consiglio dei ministri si è riunito 75 volte e ha approvato, anche con qualche tensione nella maggioranza in alcune circostanze, 57 decreti legge, 92 disegni di legge e 73 decreti legislativi. In tutto ben 222 provvedimenti, di cui 28 nei soli primi tre mesi del 2024, come emerge dall’ultimo monitoraggio del dipartimento per il Programma di governo.
Il 26% dei testi varati, oltre uno su quattro, è arrivato alle Camere sotto forma di decreto legge, compresi i 6 Dl che sono stati abrogati e che sono confluiti in corsa in un altro provvedimento urgente. I decreti hanno interessato prevalentemente la pubblica amministrazione ( 8), le politiche fiscali e finanziarie ( 7), e i temi della giustizia, della sicurezza e delle politiche migratorie ( 6). L’intenso uso della decretazione d’urgenza, in più di un caso con testi in formato “omnibus”, è ripetutamente finito nel mirino delle opposizioni, e anche del Comitato per la legislazione della Camera che nei mesi scorsi ha avviato un’indagine conoscitiva in tandem con l’organismo gemello del Senato.
Ma Palazzo Chigi ha più volte lasciato intendere che il grande utilizzo di decreti è dovuto anche alle molte emergenze affrontate e, in ogni caso, ha sempre difeso i risultati ottenuti. A partire dalle risorse messe in campo soprattutto grazie alle scelta di ricorrere il più possibile a norme “auto applicative”. Dalla rilevazione di Palazzo Chigi emerge che al 31 marzo scorso è stato complessivamente reso disponibile per il triennio 2022- 24 il 96,4% dell’ammontare complessivo delle risorse previste dagli interventi varati e da quelli sbloccati, che sono stati ereditati da precedenti esecutivi: 165,1 miliardi su 171,3. Le decisioni adottate in Cdm, oltre al tentativo di aprire la strada all’autonomia differenziata e al premierato all’italiana, hanno fin qui portato all’approvazione di due leggi di bilancio, all’avvio della riforma della giustizia e della riforma fiscale, al taglio del cuneo e alla nascita di Quota 103 ( corretta per il 2024 in “Quota 103 contributiva”). E proprio la conferma del taglio del cuneo, la prosecuzione della riforma fiscale e le scelte sulle pensioni sono le sfide che attendono il governo nelle prossime settimane in vista della complicata manovra per il 2025.
La conferma del taglio del cuneo, il fisco e le pensioni le sfide in vista della prossima manovra