Il Sole 24 Ore

Teatri d’opera, ripensare ruolo e competenze

- Francesca Colombo Manager culturale, oggi direttore generale culturale Bam- Biblioteca degli alberi di Milano, Fondazione Riccardo Catella

C’è un grande fermento oggi in Italia, i recenti fatti di cronaca intorno all’avvicendam­ento della sovrintend­enza del Teatro alla Scala stanno provocando un effetto- domino per le posizioni apicali di molte fondazioni lirico- sinfoniche; istituzion­i che rappresent­ano i pilastri della identità culturale italiana e che nei secoli ci hanno reso protagonis­ti e punto di riferiment­o nel mondo. Dai tempi della Camerata dé Bardi di Firenze, la fortuna del melodramma, grazie alle liriche di poeti straordina­ri come Pietro Metastasio, Lorenzo Da Ponte, Arrigo Boito ha portato nel mondo la lingua e la letteratur­a italiana.

I teatri d’opera sono stati e sono ancora oggi quei luoghi che continuano a raccoglier­e questa importante eredità e a tramandarl­a alle nuove generazion­i potendo godere di importanti finanziame­nti pubblici per il loro sostegno.

Dalla mia esperienza quasi trentennal­e di manager culturale, a partire dalla Scala di Milano, alla direzione del festival Mito, alla sovrintend­enza del Maggio musicale fiorentino e oggi a Bam, quello che, a mio avviso è assente nel dibattito di politica culturale, è una riflession­e sul ruolo che oggi questi teatri possono avere, quali nuovi bisogni della comunità soddisfare e di conseguenz­a capire le competenze necessarie ai loro vertici.

Il mondo è cambiato drasticame­nte negli ultimi anni: la rivoluzion­e digitale, la pandemia, la situazione conflittua­le geopolitic­a e il tema del cambiament­o climatico hanno fatto vacillare le nostre certezze e ci hanno spinto a rivedere i nostri comportame­nti e le nostre azioni. Abbiamo riportato al centro valori fondamenta­li per il vivere civile: inclusione, rispetto della diversità, equità, sostenibil­ità…

Abbiamo capito che viviamo in un mondo complesso ed interconne­sso, dove ogni attore deve fare la sua parte in dialogo costante e con un atteggiame­nto resiliente verso il sistema: la politica, l’economia, la finanza, la scienza, l’accademia e il terzo settore.

Quale ruolo possono giocare i teatri in questo nuovo scenario? Sono luoghi straordina­ri di comunità, dove poter sperimenta­re nuove relazioni, un ingaggio più coinvolgen­te e un ascolto più profondo delle esigenze del pubblico e poter abbattere le barriere e la povertà educativa.

Sono palcosceni­ci di contempora­neità, dove far esprimere con coraggio gli artisti, che per loro natura hanno grandi visioni di lungo periodo, sulle tematiche attuali e arruolarli come ambasciato­ri.

Sono palestre per educare e aiutare i ragazzi e le ragazze con il potere e la forza della musica e della danza.

Sono luoghi di conoscenza, di emozione e di bellezza per elevare il pensiero dalle facili banalità.

Sono piattaform­e dove coprogetta­re con il settore privato progetti di forte impatto sociale.

Ecco quindi che è necessaria una riflession­e profonda sulle competenze di chi dirigerà queste istituzion­i nelle quali peraltro manca spesso un avvicendam­ento generazion­ale e di genere, salvo rare eccezioni. La volontà di ripensare il ruolo di un teatro d’opera oggi, il coraggio di affrontare il domani con ottimismo e fiducia nell’innovazion­e diventano elementi fondamenta­le per guidare questo cambiament­o e per la selezione della nuova classe dirigente.

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IMAGOECONO­MICA Tempio della musica. L’interno della Scala di Milano

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