Teatri d’opera, ripensare ruolo e competenze
C’è un grande fermento oggi in Italia, i recenti fatti di cronaca intorno all’avvicendamento della sovrintendenza del Teatro alla Scala stanno provocando un effetto- domino per le posizioni apicali di molte fondazioni lirico- sinfoniche; istituzioni che rappresentano i pilastri della identità culturale italiana e che nei secoli ci hanno reso protagonisti e punto di riferimento nel mondo. Dai tempi della Camerata dé Bardi di Firenze, la fortuna del melodramma, grazie alle liriche di poeti straordinari come Pietro Metastasio, Lorenzo Da Ponte, Arrigo Boito ha portato nel mondo la lingua e la letteratura italiana.
I teatri d’opera sono stati e sono ancora oggi quei luoghi che continuano a raccogliere questa importante eredità e a tramandarla alle nuove generazioni potendo godere di importanti finanziamenti pubblici per il loro sostegno.
Dalla mia esperienza quasi trentennale di manager culturale, a partire dalla Scala di Milano, alla direzione del festival Mito, alla sovrintendenza del Maggio musicale fiorentino e oggi a Bam, quello che, a mio avviso è assente nel dibattito di politica culturale, è una riflessione sul ruolo che oggi questi teatri possono avere, quali nuovi bisogni della comunità soddisfare e di conseguenza capire le competenze necessarie ai loro vertici.
Il mondo è cambiato drasticamente negli ultimi anni: la rivoluzione digitale, la pandemia, la situazione conflittuale geopolitica e il tema del cambiamento climatico hanno fatto vacillare le nostre certezze e ci hanno spinto a rivedere i nostri comportamenti e le nostre azioni. Abbiamo riportato al centro valori fondamentali per il vivere civile: inclusione, rispetto della diversità, equità, sostenibilità…
Abbiamo capito che viviamo in un mondo complesso ed interconnesso, dove ogni attore deve fare la sua parte in dialogo costante e con un atteggiamento resiliente verso il sistema: la politica, l’economia, la finanza, la scienza, l’accademia e il terzo settore.
Quale ruolo possono giocare i teatri in questo nuovo scenario? Sono luoghi straordinari di comunità, dove poter sperimentare nuove relazioni, un ingaggio più coinvolgente e un ascolto più profondo delle esigenze del pubblico e poter abbattere le barriere e la povertà educativa.
Sono palcoscenici di contemporaneità, dove far esprimere con coraggio gli artisti, che per loro natura hanno grandi visioni di lungo periodo, sulle tematiche attuali e arruolarli come ambasciatori.
Sono palestre per educare e aiutare i ragazzi e le ragazze con il potere e la forza della musica e della danza.
Sono luoghi di conoscenza, di emozione e di bellezza per elevare il pensiero dalle facili banalità.
Sono piattaforme dove coprogettare con il settore privato progetti di forte impatto sociale.
Ecco quindi che è necessaria una riflessione profonda sulle competenze di chi dirigerà queste istituzioni nelle quali peraltro manca spesso un avvicendamento generazionale e di genere, salvo rare eccezioni. La volontà di ripensare il ruolo di un teatro d’opera oggi, il coraggio di affrontare il domani con ottimismo e fiducia nell’innovazione diventano elementi fondamentale per guidare questo cambiamento e per la selezione della nuova classe dirigente.