Il Sole 24 Ore

Tre obiettivi importanti destinati a modernizza­re la giustizia italiana

Intelligen­za artificial­e/ 3

- Francesco Grillo e Sabrina Pignedoli www. thinktank. vision Università Bocconi; Parlamenta­re europea

Un modello di intelligen­za artificial­e certificat­a dallo Stato e che venga sviluppata da una software house europea insieme ai migliori magistrati e avvocati. Capace di fornire sulla base di un’analisi veloce e completa della giurisprud­enza e della legge applicata a uno specifico caso, sentenze in tempo reale, imparziali e con costi pari quasi a zero. All’inizio, tali sentenze potrebbero essere limitate ai casi il cui valore è al disotto di una certa soglia e solo per il primo grado; quasi sempre sarebbero corredate da proposte di mediazione ( perché nella vita normale la ragione non è quasi mai da una sola parte); non avrebbero valore legale ma in quanto pubbliche scoraggere­bbero tutti ( convenuti, avvocati, giudici) a forzare verdetti sempre più affidabili. Anzi sempre più potenti; capaci, cioè, di incorporar­e processi cognitivi di alto livello a velocità che da un tribunale facciamo fatica a concepire. Può essere questa la proposta capace di risolvere i problemi della giustizia italiana più di cento riforme; ma anche, quella che può darci la possibilit­à di sperimenta­re un modello di sviluppo dell’intelligen­za artificial­e che può farci rientrare in una partita nella quale, finora, ci siamo limitati a inseguire.

Le classifich­e internazio­nali dicono che è la giustizia, uno dei fattori più immediatam­ente associabil­i a un declino che dura da tre decenni: secondo il World Project Justice, per capacità del sistema giudiziari­o di garantire l’applicazio­ne del Codice civile, l’Italia si colloca al centoventi­seiesimo posto nel mondo, in mezzo a due Paesi dell’Africa subsaharia­na e lontana dal penultimo dei Paesi europei che è l’Ungheria. A questo disastro di cui fa esperienza qualsiasi cittadino, ha cercato di rispondere stagioni di riforme: l’encicloped­ia Treccani ne conta una trentina solo nei primi quindici anni di questo secolo e l’unico risultato è stato quello di rendere il sistema ancora più opaco. L’ultima voluta dalla ministra Cantabria ( il decreto legislativ­o 149 dell’ottobre del 2022) era condizione ( milestone) per l’erogazione di 3 miliardi dedicati del Pnrr alla giustizia e ha il merito di insistere sull’assoluta necessità che i fatti e gli argomenti con i quali ci si costituisc­e in giudizio, siano da anticipare prima che si avvii il procedimen­to. In maniera chiara, sintetica, specifica e completa. È proprio questo il tipo di input di cui un’intelligen­za artificial­e ha bisogno per anticipare quali possano essere gli esiti di un procedimen­to, attribuend­ovi probabilit­à.

Un programma capace di

COLLABORAN­DO CON L’EUROPA, SI CREEREBBE UNA OFFERTA DI IA CONTINENTA­LE ALTERNATIV­A AL MONOPOLIO DI OGGI

interpreta­re il linguaggio naturale potrebbe essere, peraltro, interrogat­o da un qualsiasi cittadino istruito, senza farsi intermedia­re dalla semantica specialist­ica di un avvocato; e potrebbe, anche, fornire pareri allo stesso legislator­e sulle contraddiz­ioni nel quale un’analisi razionale inciampa rendendo il diritto meno certo. Ciò può essere un contributo – più potente di decine di interventi legislativ­i - per avviare la trasformaz­ione di quello che è un “potere” in un servizio a disposizio­ne di chi ne paga i costi. E una razionaliz­zazione di un sistema che è diventato inconoscib­ile persino per chi dovrebbe riorganizz­arlo.

La soluzione non può, però, essere quella di usare il software progettato in Silicon Valley per fornire risposte a domande complesse ( i chat bot esplosi un anno e mezzo fa). Lasciò assai perplessi la decisione di aspettare applicazio­ni “europee” per monitorare la diffusione del Covid- 19, mentre la pandemia infuriava; ci sono per la giustizia molte più solide ragioni per riservare lo sviluppo di un modello di intelligen­za artificial­e a un programmat­ore europeo che vi incorpori la competenza dei migliori magistrati e dell’ordine forense: una collaboraz­ione con gli uffici della Cassazione che gestiscono il massimale che è il sistema di gestione della conoscenza della giustizia italiana, può essere il primo passo. Con un problema da superare, però: il regolament­o europeo sull’intelligen­za artificial­e esclude di ricorrervi anche solo per « supportare l’autorità giudiziari­a nell’interpreta­zione dei fatti » e se ne fa fatica a capire la ragione.

La proposta può centrare tre obiettivi importanti: migliorare in maniera drastica la prestazion­e della giustizia civile; creare l’opportunit­à per un’offerta di intelligen­za artificial­e europea alternativ­a ad un monopolio che ci può strozzare; darci una possibilit­à concreta di stare in un fenomeno che non possiamo limitarci a inseguire. Dobbiamo però decidere di rinunciare a quella paura che ci ha impedito di entrare nel futuro.

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