Due anni per la verifica sull’autoliquidazione
Il nuovo obbligo entro il termine di presentazione della dichiarazione
progetto di riforma dell’imposta di successione che è stato approvato dal Consiglio dei ministri del 9 aprile. Per il resto, disposizioni sul trust a parte ( si veda l’articolo in alto) non vi sono cambiamenti rilevanti, tranne quello inerente alla base imponibile delle rendite vitalizie – caso peraltro abbastanza raro nella prassi professionale – al fine di sterilizzare il rischio che l’eccessivo abbassamento del tasso di interesse provochi, a causa del calcolo matematico attualmente imposto dalla legge, un risultato disastroso ( come venne dimostrato sul Sole 24 Ore il 4 gennaio 2020). Quindi, in particolare, non cambiano le aliquote e non cambiano le franchigie.
L’autoliquidazione
Circa il pagamento delle imposte dovute in seguito a una successione ereditaria, oggi il contribuente autoliquida le sole imposte ipotecaria e catastale ( qualora la successione comprenda beni immobili) e questa autoliquidazione è il presupposto per poter registrare la dichiarazione di successione, in quanto nella relativa trasmissione telematica occorre dimostrare detto pagamento. L’imposta di successione invece si deve pagare entro 60 giorni dalla data di notifica di un apposito avviso di liquidazione, che il fisco deve inviare entro tre anni dalla registrazione della dichiarazione di successione.
Una volta che la riforma sarà vigente e con effetto per i decessi che interverranno dalla sua data di entrata in vigore avanti, i soggetti obbligati al pagamento invece dovranno:
● effettuare l’autoliquidazione delle imposte ipotecaria e catastale entro il termine di presentazione della dichiarazione di successione ( sotto questo profilo, pertanto, non cambia nulla rispetto a quanto accade attualmente);
● autoliquidare l’imposta di successione in base alla dichiarazione della successione entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione ( che rimane fissato in un anno dal giorno del decesso).
In alternativa, il contribuente potrà eseguire il pagamento dell’imposta sulle successioni autoliquidata nella misura non inferiore al venti per cento entro il termine di 90 giorni e, per il rimanente importo, in otto rate trimestrali oppure, se si tratta di importi superiori a 20mila euro, in un numero massimo di 12 rate trimestrali ( non essendo però ammissibile dilazionare importi inferiori a mille euro).
I rilievi del Fisco
Qualora poi rilevi un difetto di autoliquidazione, l’Agenzia effettuerà ( entro due anni dal giorno di registrazione della dichiarazione di successione) la notifica di un avviso di liquidazione cui dovrà conseguire, entro sessanta giorni, il pagamento della maggiore imposta pretesa dall’ufficio unitamente a una sanzione amministrativa ( attualmente pari al 30 per cento dell’imposta non versata), ridotta a un terzo se sia pagata entro il predetto termine di 60 giorni.
Sotto questo aspetto, dunque, la scelta compiuta dal redattore della bozza di riforma dell’imposta di successione non appare essere nel segno della semplificazione: l’autoliquidazione non è nuova al sistema dell’imposta di successione in quanto, una modalità identica fu introdotta ( in parallelo con l’autoliquidazione dell’imposta di registro) dall’articolo 23 della legge 413/ 1991 e restò in vigore dal 1° gennaio 1992 al 31 aprile 1994 ( per effetto dell’articolo 9 del Dl 260/ 1994).
La sua repentina abolizione e il ritorno al sistema di pagamento dell’imposta di successione previa sua liquidazione da parte dell’ufficio trovò ragione nella considerazione che il calcolo da compiere, se è facile nella maggior parte dei casi, in non pochi casi è invece molto complicato, perché occorre tenere in considerazione una pluralità di fattori di non facile gestione ( presunzione del dieci per cento, passività deducibili, riduzioni e detrazioni ecc.).
Il 20% può essere pagato entro 90 giorni dalla dichiarazione e il resto a rate ( otto o 12 per importi più alti)