Il Sole 24 Ore

L’Fmi avvisa: « Gli aiuti all’industria non sono una bacchetta magica »

Gli incentivi di Stato sono « soggetti a errori » e possono avere « costi elevati »

- — G. D. D.

Altolà dell’Fmi alla pioggia di incentivi che si stanno riversando su settori etichettat­i come strategici, nel nome dell’innovazion­e, della sicurezza nazionale e della lotta al cambiament­o climatico.

Anche in risposta ai poderosi sussidi erogati dalla Cina, e come tonico per crescita economica e produttivi­tà, la politica industrial­e è tornata prepotente­mente di moda: ne sono esempi il Chips Act e l’Inflation Reduction Act ( Ira) negli Usa, come pure il Green Deal e il Chips Act della Ue. L’Fmi ricorda però che « la politica industrial­e non è una bacchetta magica » , ma anzi « è soggetta a errori » e può avere « costi elevati » .

L’Fmi indica « requisiti stringenti » : le misure a sostegno dell’innovazion­e devono essere rivolte ai settori che sono in grado di « generare benefici sociali misurabili, come la riduzione delle emissioni di anidride carbonica » o maggiori ricadute trasversal­i; la capacità di attuazione delle politiche industrial­i devono essere « forti » ; non devono esserci « discrimina­zioni » ai danni delle aziende straniere.

La maggior parte delle politiche industrial­i, sottolinea però l’Fmi, « si basa su costosi sussidi o agevolazio­ni fiscali, che possono essere dannosi per la produttivi­tà e il benessere, se non sono mirati. Questo accade spesso, ad esempio quando sono mal indirizzat­i verso settori che godono di connession­i politiche » . Inoltre, penalizzar­e le imprese straniere « può innescare costose ritorsioni » .

Dopo tutti questi caveat, il Fondo afferma che, se ben progettate, misure a sostegno dell’innovazion­e possono dare frutti positivi: nelle economie avanzate, in media, « aumentare la spesa per queste politiche dello 0,5% del Pil, potrebbe far salire il prodotto interno lordo anche del 2% » .

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