« In agricoltura è tempo di lavoro specializzato »
Parla Stefano Mantegazza, sindacalista per 30 anni alla guida della Uila
« In trent’anni il lavoro in agricoltura è profondamente cambiato passando da manodopera indifferenziata e senza alcuna specializzazione a competenze specifiche che richiedono formazione. Il lavoro in agricoltura avrà sempre più valore perché sarà alla base delle nuove sfide che l’agricoltura dovrà affrontare » . Dal 1995 alla guida della Unione italiana lavori agroalimentari ( Uila), Stefano Mantegazza ( che nei giorni scorsi ha rassegnato le dimissioni da segretario generale lasciando il timone a Enrica Mammucari) ha vissuto tutte le ultime trasformazioni del settore agroalimentare che da “cenerentola” dell’economia italiana è oggi percepito - soprattutto dopo la pandemia - in maniera diversa. Ma il lavoro in agricoltura continua a essere identificato con la manodopera de- qualificata. « Ed è un errore – spiega Mantegazza -. Innanzitutto, perché l’agroalimentare made in Italy è improntato alla qualità. E per avere produzioni di qualità servono buone materie prime e, soprattutto, manodopera qualificata. E servono lavoratori formati per affrontare, in particolare la nuova sfida “green” legata alla crisi climatica che impone di produrre di più con meno acqua, meno chimica e minore impatto ambientale; una sfida che può essere affrontata con le nuove tecnologie che però richiedono competenze » .
Probabilmente la cattiva percezione dei cambiamenti avvenuti nel lavoro in agricoltura è anche alla base della cronica mancanza di manodopera. « Una medaglia che ha due diverse facce – aggiunge Mantegazza -: da un lato ci sono le esigenze di manodopera straniera che deve essere formata nei paesi d’origine, magari mediante accordi con le nostre ambasciate e consolati. Ma dall’altro, occorre uno sforzo da parte del mondo delle imprese che deve riconoscere maggior valore a questa manodopera. Sia da un punto di vista salariale che da quello della stabilità occupazionale » . Una stabilità che fa fatica a essere assicurata in un settore dove le lavorazioni sono prevalentemente stagionali. « Il punto è che oggi il lavoro in agricoltura non è attrattivo – aggiunge il sindacalista -. È per questo che i 900mila lavoratori impiegati ogni anno in agricoltura a tempo determinato hanno un tasso di turnover del 25%. Troppo. E poi il “decreto flussi” va completamente rivisto. Oggi è un sistema troppo estemporaneo. Spesso non è chiaro il fabbisogno effettivo di manodopera e chi arriva in Italia giunge con mesi di ritardo rispetto alla richiesta. Il decreto flussi va trasformato in un sistema strutturale basato su fabbisogni effettivi e sulla formazione in loco dei lavoratori » . E gli strumenti flessibili come i voucher è stato giusto osteggiarli? « Assolutamente si – conclude Mantegazza -. Se l’obiettivo è quello della qualificazione del lavoro agricolo e della sua valorizzazione, allora non ci si può affidare ai voucher nati per il lavoro occasionale e deprofessionalizzato » .