Retail e sanità i settori più fertili nei prossimi anni
Crescita
Se i numeri contano, quelli che predicono la densità della popolazione di imprese innovative italiane da qui al 2027 sono da prendere come un buon auspicio. Un recente rapporto a firma della Fondazione R& I e realizzato da Srm Studi e Ricerche, ci dice come l’insieme di start up e Pmi con vocazione hi- tech potrebbero crescere fino a quota 23 mila, rispetto alle circa 15.500 attualmente iscritte nell’apposito registro tenuto dal Mise. L’equazione non è scontata, ma aumentando le dimensioni dell’ecosistema è lecito pensare che ci possano essere più occasioni di “contaminazione” e di progettualità condivisa per quanto riguarda lo sviluppo e l’adozione delle nuove tecnologie.
I settori della nostra industria maggiormente impegnati ad alimentare il circolo virtuoso che lega le grandi aziende ai nuovi imprenditori digitali e al know- how che questi ultimi possono portare all’interno dell’organizzazione sono diversi, e una mezza dozzina di comparti sembrano più avanti degli altri. Uno di questi è sicuramente il retail e il mondo dell’abbigliamento ( fra marchi top del fashion e non) in modo particolare: le opportunità per ripensare modelli e processi all’insegna del digitale spaziano dalla catena di fornitura alla logistica passando per i portali di e- commerce, i sistemi di pagamento e le piattaforme di nuova generazione ( Metaverso compreso) per migliorare la customer experience e hanno già trovato sponda nelle tante start up che operano a vario titolo in questo mercato.
Un altro settore chiave per l’open innovation è l’healthcare. La sanità, anche a causa dello stress pandemico, ha spinto molto per accedere velocemente a tecnologie in grado di aiutare a reggere l’urto dell’emergenza e a ridisegnare alcuni servizi, e la comunità delle start up non si è fatta sfuggire l’opportunità. In Europa sono stati raccolti nell’ultimo triennio diversi miliardi di dollari dalle nuove imprese tech per supportare lo sviluppo di avanzate soluzioni di telemedicina e di analisi a distanza, di sistemi per riprodurre artificialmente cellule o organi su cui testare nuovi farmaci o ancora di strumenti pre- chirurgici basati sul lavoro degli algoritmi.
L’intelligenza artificiale, i sistemi di apprendimento automatico e l’analisi dei dati saranno un fattore di sviluppo fondamentale anche per l’industria aerospaziale, un mercato che vede l’Italia in posizione di prestigio nello scenario internazionale: il Belpaese è infatti la quarta nazione ( secondo i dati elaborati dall’Esa, European Space Agency) per numero di start up finanziate nel Vecchio Continente tra il 2000 e il 2022 e la space economy tricolore, nondimeno, vanta un giro d’affari annuo di circa 4,5 miliardi di euro, una filiera con circa 200mila impiegati e circa 4mila aziende che ne costituiscono l’indotto.
Altro comparto in cui l’innovazione aperta sta trovando terreno fertile è quello della mobility, con oltre 800 nuove imprese tech che vi lavorano ( circa il 6% del totale). Il caso di eccellenza porta in Emilia Romagna, dove aziende come Ferrari, Ducati, Pagani, Lamborghini, Maserati e Dallara hanno contribuito ad alimentare le attività del Motor Valley Accelerator, progetto nato nel 2020 e divenuto un punto di riferimento assoluto per le start up specializzate nelle tecnologie per le due e quattro ruote: più di 20 le idee imprenditoriali finanziate e accelerate, con un investimento complessivo di oltre cinque milioni di euro coperto dai fondi di Cdp Venture Capital, UniCredit, Fondazione di Modena, la piattaforma Plug and Play e il centro di analisi e ricerche modenese Crit.
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Secondo Fondazione R& I, le start up e Pmi innovative cresceranno da 15.500 a 23mila nel 2027
Le fondamenta su cui sviluppare un percorso di sviluppo sistemico dell’innovazione aperta sembrano dunque esserci, e trovano sostanza nelle iniziative che alcune grandi aziende stanno avviando in altri settori verticali come la logistica ( è il caso per esempio dell’altoatesina Fercam, che ha lanciato il proprio Future Labs per collaborare in modo continuativo con le start up) o il mondo delle risorse umane ( ambito nel quale Randstad Italia ha varato l’iniziativa Talent Space per lavorare all’esplorazione di soluzioni digitali in campo Hr al fianco delle nuove imprese tech). La partita da vincere, ora, è quella di superare le criticità criticitàche che nascono spesso dall’interno delle organizzazioni e sono legate all’approssimativo coinvolgimento dei manager operativi ( focalizzati sul raggiungimento degli obiettivi aziendali) a questi progetti. Solo una questione di natura culturale, dunque? No, perché la componente economica di questo modello, e nella fattispecie la maggiore disponibilità di capitali per investire nelle start up, è altrettanto fondamentale se si vuole costruire un ecosistema degno di questo nome, capace di attrarre talenti ( anche dall’estero) e di generare opportunità di business.