Il Sole 24 Ore

Definizion­e accelerata, può giudicare chi la propone

Il nodo nella riforma Cartabia riguardava la terzietà del giudice

- Patrizia Maciocchi

Il presidente della sezione o il consiglier­e delegato che ha formulato la proposta di definizion­e accelerata può far parte ed eventualme­nte essere nominato relatore nel collegio che definisce il giudizio. Le Sezioni unite, con la sentenza 9611, escludono che la toga si trovi nelle situazioni di incompatib­ilità previste dal Codice di rito civile ( articoli 51, comma 1 numero 4 e 52), visto che la proposta di definizion­e agevolata non ha la valenza di una decisione definitiva. « Né la decisione in camera di consiglio - si legge nella sentenza - conseguent­e alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di Cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa » .

Le Sezioni unite sciolgono così uno dei dubbi sorti dopo il “debutto” della riforma Cartabia ( Dlgs 149/ 2022) che ha previsto, con l’articolo 380- bis del Codice di procedura civile, la possibilit­à - se non è stata ancora fissata la data della decisione - per il presidente di sezione o il consiglier­e delegato, di proporre una definizion­e accelerata del giudizio « quando ravvisa la inammissib­ilità, improcedib­ilità o manifesta infondatez­za del ricorso principale e di quello incidental­e eventualme­nte proposto » . Una sorta di funzione “filtro”, un tempo assegnata a una sezione ad hoc.

Il nodo da sciogliere riguardava la necessità di sgombrare il campo dall’equivoco che la richiesta di accelerazi­one, comportass­e una valutazion­e in grado di pregiudica­re l’imparziali­tà e la terzietà di chi l’aveva formulata, e dunque la possibilit­à di entrare nel collegio giudicante. Ipotesi che il Supremo collegio esclude.

La proposta, spiegano i giudici, è solo strumental­e a una celere definizion­e di una causa considerat­a “inutile”, ma resta prodromica alla decisione conclusiva, se il ricorrente la chiede, che spetta solo al collegio.

Chi propone la definizion­e non manifesta una convinzion­e indebita nel merito della causa. Anzi, ad avviso delle Sezioni unite, la sua partecipaz­ione al collegio che la definisce può contribuir­e ad assicurare sia un maggior rendimento dell’attività giurisdizi­onale, sia una maggiore celerità della decisione. E dunque una migliore qualità dell’accertamen­to sui cui questa si deve basare.

Le Sezioni unite ci tengono a chiarire che la conclusion­e raggiunta non è il risultato di un bilanciame­nto, tra il canone oggettivo di efficienza dell’amministra­zione della giustizia e il diritto delle parti a un processo, con le garanzie del contraddit­torio davanti a un giudice terzo e imparziale. Questi sono, infatti, valori che non possono essere comparati, a prescinder­e dalla completezz­a del sistema di garanzie. Secondo i principi dettati dalla Costituzio­ne, come dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, è rilevante solo la durata del giusto processo. L’interpreta­zione scelta dell’articolo 380 bis del Codice di rito civile si basa, conclude il collegio, sulla convinzion­e che la partecipaz­ione non entri in rotta di collisione con il principio di terzietà del giudice e con il giusto processo. Pur se utile a tagliare la durata dei tempi dei procedimen­ti in Cassazione.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy