Il Sole 24 Ore

Lo spalmacred­iti punta a diluire una maxi rata da 21 miliardi di euro

Un intervento per scaglionar­e su dieci anni i crediti può alleggerir­e la cassa 2024 fino a un massimo di 12 miliardi

- Pagina a cura di Giuseppe Latour Giovanni Parente

Una maxi rata da 21 miliardi di euro. Che il Governo potrebbe provare a rinegoziar­e, per renderla più sostenibil­e. Valgono tanto i crediti di imposta, relativi al solo superbonus ( nelle due versioni eco e sisma), che andranno in scadenza nel corso di quest’anno e che saranno quindi impiegati per pagare imposte e contributi, con un consistent­e effetto di drenaggio della cassa.

Proprio per scongiurar­e questo durissimo impatto, allora, il ministero dell’Economia potrebbe giocarsi in fase di conversion­e del decreto superbonus, attualment­e in corso al Senato, due carte ( si veda « Il Sole 24 Ore » di ieri) già utilizzate in passato: la spalmacred­iti e lo spalmadetr­azioni, due strumenti che puntano a portare un effetto simile sulle diverse espression­i dei bonus casa.

La cifra di 21 miliardi è desumibile dal consuntivo dei crediti di imposta, aggiornato al 4 aprile scorso, che l’agenzia delle Entrate ha appena comunicato al ministero dell’Economia. Guardando alle sole spese 2023, le opzioni di cessione e sconto di superbonus valgono 84,7 miliardi di euro. Questa massa di comunicazi­oni ha, allora, prodotto crediti di imposta che saranno incassabil­i già da quest’anno e che saranno spalmati su quattro rate, dal valore di oltre 21 miliardi ciascuna.

Le spese 2022 hanno già avuto, in larga parte, a disposizio­ne il precedente spalmacred­iti ( disciplina­to dal decreto Aiuti quater e poi ampliato dal decreto cessioni di febbraio 2023), dal momento che la vecchia versione del meccanismo consentiva di allungare a dieci anni l’utilizzo in compensazi­one delle opzioni comunicate entro marzo 2023: quindi, essenzialm­ente, le spese 2022. Non tutte, però, perché l’anno scorso è stato caratteriz­zato da una coda lunga di remissioni in bonis ( peraltro potenziata da alcune norme speciali, introdotte sempre dal decreto cessioni in fase di conversion­e), arrivata fino al 30 novembre. La rata da 21 miliardi, allora, potrebbe addirittur­a essere stimata al ribasso, perché andrebbe arricchita da una quota di spese finite nella remissione 2023.

La spalmatura su dieci anni potrebbe, comunque, avere un effetto notevole sulla cassa 2024. Se tutti aderissero a questa opzione ( anche se la norma di un anno fa era volontaria), le quattro rate da 21 miliardi diventereb­bero dieci rate da 8,5 miliardi. Con un impatto positivo sulla cassa, per quest’anno, da oltre 12 miliardi. Anche se il livello di adesione concreto a questa alternativ­a andrebbe poi testato sul campo.

A completare il quadro, potrebbero essere le detrazioni spalmabili in dieci anni. In questo caso, non pesa tanto l’effetto di cassa, quanto la volontà di rendere il superbonus ancora utilizzabi­le anche nel 2024 e nel 2025. Senza cessione del credito e sconto in fattura, infatti, saranno pochi i contribuen­ti in grado di sopportare tutte le detrazioni prodotte dall’agevolazio­ne, anche nella versione al 70 per cento.

Non a caso, ad oggi solo 5,1 miliardi di euro ( a fronte di oltre 200 miliardi di crediti di imposta) sono transitati dalle dichiarazi­oni. Con la detrazione in dieci anni, invece, aumentereb­be di molto la platea di potenziali beneficiar­i del maxi sconto.

‘ Con la detrazione in quattro anni senza cessione il maxi sconto diventa insostenib­ile per molti contribuen­ti

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