Intelligenza artificiale, compromesso sulla tutela del copyright
I gestori potranno estrarre dati dagli editori per poi stringere accordi di licenza
Il compromesso sulle norme per il copyright avvicina il disegno di legge per l’intelligenza artificiale al traguardo del consiglio dei ministri.
Il provvedimento potrebbe essere varato la prossima settimana, dopo la riformulazione dell’articolo 24 della bozza circolata nei giorni scorsi. La versione che sarebbe emersa da un confronto approfondito tra il Dipartimento per l’informazione e l’editoria e il Dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio stabilisce che « l’inserimento » di opere protette ai sensi della legge sul diritto d’autore del 1941 « in dataset o altre forme di organizzazione di dati da utilizzarsi per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale e l’utilizzo tramite sistemi di intelligenza artificiale anche generativa, sono consentite in conformità con gli articoli 70 ter e 70 quater » .
Il primo di questi due articoli della legge sul diritto d’autore, il 70 ter, consente agli organismi di ricerca di estrarre e riprodurre testi e dati per scopi scientifici. Il secondo, il 70 quater, prevede il meccanismo dell’opt out vale a dire l’estrazione di testo e di dati è consentita quando l’utilizzo delle opere e degli altri materiali non è stato espressamente riservato dai titolari dei diritti.
Secondo i tecnici che vi hanno lavorato, questa formulazione riduce i rischi di entrare in conflitto con quelle che sono competenze dirette della Commissione europea sulla base della direttiva copyright e sarebbe conforme al Regolamento Ue sull’intelligenza artificiale ( Ai Act), anticipando anzi l’entrata in vigore delle tutele da questo previste.
Le trattative nelle ultime settimane sono state intense. Da un lato le esigenze di tutela dell’editoria e del mondo dell’informazione messe in primo piano dal Dipartimento guidato da Alberto Barachini. Dal’altro i dubbi del Dipartimento per la trasformazione digitale guidato da Alessio Butti in riferimento a un perimetro troppo ampio, che mettesse le grandi piattaforme dell’intelligenza artificiale fuori gioco in Italia su aspetti consentiti invece in altri mercati concorrenti europei.
La formulazione finale, secondo la valutazione degli estensori, dovrebbe però permettere ai gestori di Artificial Intelligence di raccogliere ed estrarre dati, ad esempio dai siti dei quotidiani, sempre nel rispetto della legge sul diritto d’autore. Questo, però, solo nell’ottica in cui tutto ciò dovrebbe costituire la base per poi finalizzare accordi di licenza. In sostanza sulla base dei dati analizzati - è l’obiettivo del Dipartimento editoria - i gestori potranno valutare con chi davvero desiderano stringere accordi di licenza. In questo quadro il risultato sembra in linea con lo spirito della protezione del diritto d’autore dall’uso indiscriminato per l’addestramento individuato dalla Commissione Ai per l’Informazione, coordinata dal teologo Paolo Benanti, che il mese scorso ha consegnato una Relazione alla premier Giorgia Meloni.
Il pacchetto copyright dovrebbe, quindi, entrare nel Ddl con questa formulazione, rivista rispetto alle primissime ipotesi.
‘ Ultime valutazioni sulla stretta penale del ministero della Giustizia sull’uso lesivo della tecnologia
Una parte delle idee maturate nella Relazione della commissione di esperti nominata dal Die non sembra immediatamente introducibile nell’ordinamento. Ad esempio, l’istituzione di un obbligo per gli sviluppatori di tenere un registro aggiornato che rechi nel dettaglio le fonti dei contenuti informativi coperti dal diritto d’autore utilizzati per l’input e, dunque, per l’addestramento dell’algoritmo. Su questo gli approfondimenti della Commissione Benanti proseguiranno.
Sulla stesura finale del Ddl restano intanto ultime valutazioni relative al pacchetto del ministero della Giustizia. La stretta penale è un argomento controverso, su cui non c’è unanimità nel governo e tra gli esperti del settore. L’attuale bozza prevede la reclusione da 1 a 5 anni per chi causa un danno ingiusto ad altri, ad esempio la diffamazione, mediante contenuti generati o manipolati artificialmente e atti a indurre in inganno sulla loro genuinità o provenienza. Viene poi inserito l’impiego di sistemi di Ia tra le circostanze aggravanti comuni all’articolo 61 del Codice penale.
L’ossatura del Ddl per il resto appare consolidata. Il supporto statale allo sviluppo di un’economia dell’Ia si basa su un fondo per le start up da 148 milioni in due anni. Un ulteriore miliardo è stato messo sul piatto da Cdp Venture capital nel suo nuovo piano industriale.