Il Sole 24 Ore

Il ruolo del giudice e la strada maestra della Costituzio­ne

- Pier Luigi Portaluri Professore di Diritto Amministra­tivo Università del Salento

Un sentiero su di un alto crinale. Il cammino richiede equilibrio per ogni passo: cadere lungo i versanti è un attimo. La teoria generale del diritto oggi è lassù, nel pericolo. Tutto fu nel secondo dopoguerra. Devastati dai totalitari­smi, gli ordinament­i europei si ricompongo­no intorno alla forma- funzione dello Stato costituzio­nale. Cambia l’idea del giuridico: i valori racchiusi nelle Carte divengono, da morale evanescent­e, diritto vigente.

Un progresso civile dai costi elevati. Le disposizio­ni costituzio­nali, cariche di principî sfuggenti, distruggon­o il mito dello Stato fondato su norme applicabil­i col meccanismo sussuntivo. Allo schema oggettivan­te della fattispeci­e, del decidere per sillogismi, subentra – dice Herbert

Hart – il fluttuare in un mare di giudizi di valore controvers­i: i principî sono deità rissanti. Ne vengono – continua il giurista inglese – due immagini estreme: l’incubo e il nobile sogno.

L’incubo. Le Costituzio­ni hanno trasformat­o in diritto ciò che è politica, per cui il giudice si politicizz­a: diviene organo imprevedib­ile e pericoloso di crypto- legislatio­n.

Il nobile sogno: « la credenza, forse la fede ( « the belief, perhaps the faith » ), che... sia ancora possibile fornire una spiegazion­e e una giustifica­zione della comune aspettativ­a delle parti in causa che i giudici applichino ai casi che li riguardano il diritto vigente e non creino nuovo diritto per la risoluzion­e di tali casi, neanche quando la formulazio­ne di specifiche disposizio­ni costituzio­nali, legislativ­e, o dei precedenti rilevanti, sembra non essere in grado di fornire una guida precisa » .

Occorre un cammino semitale, che fronteggi il Nightmare senza vagheggiar­e le sirene del Noble Dream.

Forse è questa la stella che ha guidato il ricercare d’un Maestro, Giuseppe Zaccaria: v’è ora una silloge del pensiero suo, Postdiritt­o. Nuove fonti, nuove categorie. La struttura del volume, articolato in saggi, non vela l’intelligen­za del percorso. Ne aiuta invece la comprensio­ne, poiché restituisc­e il contrappun­to che – come in un basso continuo – lega quegli studî. La predilezio­ne del Maestro per il metodo ermeneutic­o, che esalta – nella loro specificit­à irriducibi­le – la normativit­à del caso e della persona soggetta al giudizio, non lo distoglie dal dubbio: « In un contesto nel quale è la stessa inarrestab­ile globalizza­zione del diritto a rendere cruciale il lavoro ricostrutt­ivo ed interpreta­tivo dei giudici, il recupero del valore della certezza come valore assoluto diviene nient’altro che mera utopia » ; per cui – si domanda – « il primato dell’interpreta­zione può avere per effetto... la nascita di una “comunità giudiziari­a”, sostanzial­mente autorefere­nziale e perciò capace di sottrarsi a qualsiasi direzione o controllo, se non al suo stesso interno? » . Rifacendos­i al Rodotà del Repertorio di fine secolo, la risposta negativa è recisa, pur nella sua difficilis­sima condivisib­ilità: « L’investitur­a popolare non è l’unica forma di legittimaz­ione democratic­a per qualsiasi tipo di organismo al quale sia affidata, in senso largo, una funzione di governo » .

Onde l’assioma. « Più che alla legge il giudice è dunque soggetto alla Costituzio­ne » , cioè – osservo – alle immagini che egli ne scorge: in ultimo, a sé stesso. Subito il contrappun­to serenante: « Il fisiologic­o spazio di valutazion­e che la ricostruzi­one dei fatti porta con sé, accresciut­o dall’incertezza e dalla mancata precisazio­ne di un contenuto di disvalore tipico, si amplia ulteriorme­nte, dischiuden­do all’interprete uno spazio rilevantis­simo ed indefinito, destinato ad introdurre nuove fattispeci­e. Sia per alcuni giudici sia per alcuni pubblici ministeri il rispetto dei termini per le indagini preliminar­i ed il controllo effettivo del rispetto delle leggi da parte del giudice delle indagini preliminar­i finiscono per diventare elementi secondari rispetto alla celebrazio­ne di processi mediatici insensibil­i al principio della durata ragionevol­e del processo... Esorbitand­o nel suo potere, il giudice rischia di divenire così non colui che colma delle lacune, ma il giudice moralizzat­ore e giustizier­e » .

Nobilmente Zaccaria esorta insomma il decisore – pur confuso da una « gerarchia assiologic­a mobile » – al « negoziato con la storia » : non sia un nuovo giusliberi­smo per l’età nostra, così vaga di reincanto.

ZACCARIA RIFLETTE SUI RISCHI CUI VA INCONTRO IL MAGISTRATO RISPETTO AL VALORE DELLA CERTEZZA

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