Corsa tra due candidati deboli: Trump conta sulla rabbia degli esclusi, ma la partita è aperta
Elezioni Usa 2024
DL’AFFLUENZA ALLE URNE SARÀ DECISIVA. BIDEN PUNTA SULL’ABORTO E SULLE PAURE LEGATE AL RITORNO DELL’EX PRESIDENTE
onald Trump non è un accidente della storia. È il risultato di un mutamento profondo dell’economia e della società americana che lui meglio di altri ha saputo interpretare. Solo così si può spiegare perché 62,9 milioni di cittadini americani lo hanno votato nel 2016, 74,2 milioni lo hanno fatto nel 2020 e più o meno lo stesso numero lo voterà a Novembre 2024. Che vinca o che perda è ovviamente importante, ma è altrettanto importante capire perché tanti milioni di americani continuino a dare fiducia a una figura politica così diversa, così poco convenzionale, così straordinaria nel senso letterale del termine.
Negli ultimi trenta anni la rivoluzione tecnologica e la globalizzazione hanno cambiato radicalmente la struttura della economia americana, la distribuzione del reddito e della ricchezza, le aspettative di progresso individuale e familiare. Molti hanno realizzato il sogno americano, ma per altri il sogno si è trasformato in incubo. E l’incubo ha generato prima una profonda sfiducia nelle istituzioni e nelle élites tradizionali e poi rabbia. Trump è il prodotto di questa rabbia. La rabbia di chi ha perso il posto di lavoro e con questo l’assistenza sanitaria, la rabbia di chi ha visto declinare redditi e risparmi, la rabbia di chi vede il Paese invaso da una massa inarrestabile di migranti, la rabbia di chi non vuole più “guerre che non finiscono mai”, la rabbia di chi vede il Paese andare da anni nella direzione sbagliata, la rabbia dei bianchi che si sentono traditi a favore di minoranze etniche e non, la rabbia di chi reclama quel “posto a tavola” che una volta aveva e ora sente di non avere più. In sintesi la rabbia dei perdenti, di quelli che hanno subito gli effetti di un cambiamento che le élites tradizionali di entrambi i partiti non hanno saputo gestire e di cui non hanno capito per tempo le conseguenze politiche.
Il fenomeno Trump nasce in questo contesto e in questo clima, sfruttando le peculiarità del sistema istituzionale Usa. Ed è così radicato che nemmeno i suoi guai giudiziari lo hanno scalfito. Ma chi sono dal punto di vista demografico i suoi elettori?
Come si vede dalla tabella in pagina la coalizione elettorale di Trump è molto diversa da quella di Biden ma è comunque rappresentativa della società americana. Non è una coalizione di alieni. L’America di Trump è fatta di elettori prevalentemente bianchi, un po’ più anziani, complessivamente meno istruiti, residenti in gran parte in zone rurali e soprattutto molto più religiosi. Ma questo non vuol dire che al suo interno non siano rappresentati i giovanissimi, i laureati, i residenti in zone urbane e sub- urbane. Non sono tutti gli arrabbiati di cui abbiamo parlato. Quelli ci sono di certo e ne rappresentano il nocciolo duro. Sono gli appartenenti alla setta dei Maga ( Make America Great Again). Ma insieme a loro ci sono quelli cui interessano l’economia le tasse, l’aborto, l’immigrazione, il diritto a portare le armi. Per i primi Trump incarna il profeta che può resuscitare un mondo migliore o meglio l’America dei padri e dei nonni. Per i secondi è il candidato più credibile per la protezione dei propri interessi. E per questo tanti di loro, pur riconoscendone i difetti, continuano a sostenerlo in mancanza di una alternativa migliore. Il cambiamento della società americana spiega molto del fenomeno Trump, ma non spiega perché nel 2016 abbia vinto per 77.744 voti e nel 2020 abbia perso per 42.918. Accanto ai fattori di lungo periodo le singole elezioni sono decise anche da fattori contingenti. Nel 2016 sono stati gli errori della Clinton a far vincere Trump, Nel 2020 la pandemia ha certamente avuto un ruolo nell’appannare l’immagine del presidente uscente e nella sua sconfitta. Nel 2024 a rendere Trump ancora competitivo sono soprattutto il costo della vita e il fattore Biden, il cui livello di gradimento secondo tutti i sondaggi continua a essere inferiore al 40%.
Dietro questo dato cosi basso ci sono diverse ragioni. La più importante è l’economia. Per molti osservatori questo è un paradosso inspiegabile. L ’ economia Usa va bene. Il Pil nell’ultimo trimestre del 2023 è cresciuto ad un tasso annuo del 3,3%, la disoccupazione è ai minimi storici, i salari tendono ad aumentare, l’inflazione è scesa. Eppure tutto questo non si traduce in un giudizio positivo sull’operato del presidente da parte della maggioranza degli elettori.
Il fatto è che agli elettori non interessano i dati macroeconomci ma quelli micro. Interessa il costo della vita e cioè il prezzo della pancetta, quello della benzina e così via. E questi sono saliti molto negli ultimi anni. Biden paga dunque un prezzo alla inflazione, che pur essendo finalmente scesa, ha aumentato i prezzi delle cose che contano per la gente comune e ha diminuito di conseguenza il tenore di vita delle famiglie. E quel che è peggio per Biden è che ad essere scontenti sono anche tanti elettori democratici e tra questi anche quelli più fedeli come neri, ispanici e giovani. Da un recente sondaggio fatto da YouGov per CBS News viene fuori che solo per il 38% degli elettori l’economia va bene ora, mentre per il 65 % andava bene ai tempi di Trump.
E l’economia non è l’unico problema di Biden. Ci sono l’età, l’immigrazione, la politica estera. Su questi temi tutti i sondaggi rivelano la sua intrinseca debolezza, che di nuovo non è limitata agli elettori repubblicani ma si estende anche agli elettori indipendenti e agli stessi elettori democratici. Solo sull’aborto Biden può contare per fare breccia tra gli elettori di Trump e tra gli indecisi.
Alla luce di questi dati sembrerebbe che le possibilità di vittoria del presidente uscente siano ridotte al lumicino. Ma non è proprio così. Lo sarebbe se dall’altra parte ci fosse un candidato diverso da Trump. Allora Biden farebbe la fine di Carter nel 1980. Con Trump invece ha una chance per rovesciare la situazione quel tanto che basta per vincere. La corsa alla Casa Bianca non è tra un candidato debole Biden e un candidato forte Trump, ma tra due candidati deboli. Infatti, il tasso di gradimento di Trump è più o meno allo stesso livello di quello di Biden. Non solo, ma in un recente sondaggio di Fox News ( non il « New York Times » si badi bene), la maggioranza assoluta degli intervistati pensa che entrambi i candidati non siano onesti e degni di fiducia. In questo contesto la campagna elettorale può fare la differenza. Quando l’esito dell’elezione dipende da pochi voti in pochi Stati contendibili tutto può fare la differenza. Soprattutto lo farà la capacità dei due candidati di portare a votare i propri elettori e quegli elettori indipendenti che, pur non apprezzando nessuno dei due, potrebbero all’ultimo momento decidere a favore dell’uno o dell’altro.
L’affluenza alle urne sarà un fattore decisivo. Nel 2020 ha segnato il massimo degli ultimi cento anni con il 62,8%. Allora entusiasmo e paura hanno giocato un ruolo importante. Questo anno lo scontro è una replica deludente per tanti elettori delle due parti. Non c’è nulla di nuovo. L’entusiasmo è diminuito. Serpeggia una stanchezza che rasenta la rassegnazione, Quanto alla paura di una seconda presidenza Trump, tema che Biden userà a piene mani, si vedrà nei prossimi mesi quanta presa avrà ancora sull’elettorato democratico e su quello indipendente.
In conclusione, la partita non è chiusa. Per Biden esiste un sentiero che porta alla vittoria. È un sentiero stretto che passa per Michigan, Wisconsin e Pennsylvania e che dipende molto dalla sua capacità di ridestare speranze e paure, per non parlare di quel pizzico di fortuna che tante volte decide le vicende umane.
Per un approfondimento dei temi trattati in questo
articolo e nel precedente si veda: cise. luiss. it/ cise/ 2024/ 03/ 18/ perche- trump- puo- vincere- ancora/