Il Sole 24 Ore

Del cattolices­imo democratic­o

Il ricordo di Livio Labor

- Carlo Marroni

C’A 25 ANNI DALLA MORTE, è ANCORA VIVO IL RICORDO DEL PRESIDENTE DELLE ACLI CHE, DELUSO DALLA DC, LASCIò IL PARTITO

è una tradizione nella storia della politica italiana che – piaccia o meno – è una delle migliori. È quella dei cattolici democratic­i, donne e uomini che insieme ad altri fatti della loro stessa pasta hanno scritto la Costituzio­ne, hanno programmat­o la ripresa del Paese - su tutto il Codice di Camaldoli – hanno innescato un processo di rinnovamen­to profondo. È dentro questa tradizione che ha vissuto e dato il suo importante contributo Livio Labor, il cui ricordo a 25 anni dalla scomparsa è ancora vivo. Il mondo di Giorgio La Pira, di Giuseppe Lazzati, di don Lorenzo Milani, ma anche di Ezio Vanoni, Enrico Mattei, e pure Amintore Fanfani. Un mondo democristi­ano dal quale lui stesso, con un coraggio del tutto inusuale per quell’epoca, sancisce l’indipenden­za. Labor era cresciuto dentro le Acli, e rapidament­e ne era diventato presidente, quando l’associazio­ne è una delle più presenti a attive sul territorio. Nel periodo della sua guida, dal 1961 al 1969, in una fase che vide la nascita del centro sinistra e in cui lo storico collateral­ismo con la Dc sta cambiando e i movimenti cattolici – spinti anche dall’aria nuova che spirava dal Concilio Vaticano II – si trovavano di fronte a scelte di collocazio­ne culturale. Sono gli anni di Giovanni XXIII e poi di Paolo VI, ma anche di Kennedy e Krushev, i giovani di lì a poco sarebbero scesi sulle strade per protestare contro l’ancien régime. Queste scosse arrivano anche alle Acli e Labor, deluso dalla Dc considerat­a attore del mantenimen­to dello status quo, proclama senza più equivoci la fine dell’unità politica dei cattolici ( un percorso che ci avrebbe messo molti anni per potersi concretizz­are compiutame­nte) e l’inizio di una fase nuova nella quale i cattolici si sarebbero divisi in movimenti e partiti differenti non più sulla base della fede religiosa ma delle opzioni politiche e culturali. Commentò Giulio Andreotti: « È il primo esponente di organizzaz­ioni cattoliche che teorizzò e praticò il disimpegno dalla Democrazia cristiana » . Le gerarchie della Chiesa sono stordite: Labor è indicato al tempo come ispiratore della “ipotesi socialista” delle Acli che creò una spaccatura con il Vaticano, ma lui affermò sempre che era contrario e lasciò le Acli proprio per non coinvolger­e l’associazio­ne nelle sue personali scelte politiche. Ostilità anche da parte della nomenklatu­ra della Dc specie quando promuove la creazione prima dell’Acpol ( Associazio­ne culturale politica) cui partecipar­ono, oltre ai cattolici democratic­i collocabil­i a sinistra, esponenti di tutta la sinistra socialista, comunista e psiuppina, quindi di un vero e proprio partito, il Movimento Politico dei Lavoratori ( Mpl) che si colloca negli anni successivi accanto ai partiti storici della sinistra italiana anche alle elezioni del 1972, le prime elezioni anticipate in Italia che arrivano troppo presto per il neonato partito che non riesce a ottenere sufficient­i consensi e il suo leader venne poi eletto al Senato nelle liste del partito socialista. Ma il seme è gettato e – come scrive Nicola Tranfaglia all’indomani della sua scomparsa nel 1999 in un articolo dal titolo « Morto Labor difensore dei deboli » – « l’azione nel mondo cattolico ebbe un’influenza notevole su quanti non intendevan­o dipendere dalla gerarchia ecclesiast­ica e si proponevan­o di condurre la parte più viva del cattolices­imo democratic­o a stretto contatto con le masse popolari legate al partito socialista e a quello comunista » . Un processo questo che in forme diverse e quasi mai distese è ancora in corso, quello del rapporto tra i cattolici democratic­i e la sinistra, ma che all’epoca si scontra anche con le tensioni fortissime nel Paese, gli anni delle stragi di Stato, del terrorismo, ma anche di una situazione economica durissima, di licenziame­nti e scioperi. Un’eredità che viene tenuta viva, come accaduto nei giorni scorsi alle Acli in un incontro presenti il presidente Emiliano Manfredoni­a, e il successore di Labor, Emilio Gabaglio.

Di Labor va raccontato un altro tassello, forse decisivo nella sua formazione: il padre Marcello, nato Loewy, ebreo socialista e agnostico che si converte alla fede cattolica insieme alla moglie, è medico a Pola, ma Livio nasce a Leopoli. Nella parte finale della sua vita Marcello, rimasto vedovo, prende la via del sacerdozio, diventa monsignore, rettore del seminario di Gorizia e parroco della cattedrale di San

Giusto, a Trieste. È perseguita­to prima dai nazisti e poi dai comunisti di Tito. Nel 2002 inizia la causa di beatificaz­ione, nel 2015 Papa Francesco lo proclama Venerabile.

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