Il Sole 24 Ore

Artizzu ( Sogin): « Siamo già a metà strada per lo smantellam­ento del nucleare in Italia »

Per individuar­e il sito per il deposito delle scorie servirà un anno e mezzo

- Cheo Condina

Lo smantellam­ento delle quattro centrali nucleari italiane e degli impianti per il ciclo del combustibi­le? « Siamo quasi a metà, in media al 44% » . La scelta del sito per il deposito nazionale delle scorie? « Ora tocca al Mase la valutazion­e ambientale e strategica: tutte le 51 aree idonee sono egualmente utilizzabi­li » . L’Italia è pronta per un ipotetico ritorno al nucleare? « La filiera c’è, va solo raccordata, e abbiamo un patrimonio di competenze importante: a livello di opinione pubblica e informazio­ne c’è ancora lavoro, ma nell’ultimo anno e mezzo abbiamo fatto più che negli ultimi 30 » . Da meno di un anno Gian Luca Artizzu è il nuovo ad di Sogin, società controllat­a dal Mef e deputata al decommissi­oning del nucleare italiano: un processo lungo, delicato e non privo di polemiche negli ultimi anni, a cui tuttavia lo stesso manager dà una possibile data di conclusion­e: « Nella seconda metà del prossimo decennio » , in sostanza dal 2035 in poi. Su questo punto Artizzu – che affronterà questi temi durante la iWeek “Il nucleare italiano alla sfida del cambiament­o climatico”, in programma lunedì 15 aprile all’Università di Pavia – ha le idee chiare: « Lo smantellam­ento procede, ma sono attività di lungo corso, che soffrono di tutte le difficoltà del codice appalti e dei tempi richiesti dai processi autorizzat­ivi. Non ci possiamo aspettare degli scatti in avanti, nel caso, infatti, si dovrebbe mettere in dubbio la sicurezza » . Anche perché c’è un tema di fondo: « Quando si spegne una centrale nucleare in realtà non si spegne, si porta solo a zero la reazione di fissione. Resta un decadiment­o nucleare, un 4- 5% che va gestito » . Detto questo, il decommissi­oning è arrivato al 44% e – precisa Artizzu – in base ai nuovi piani in fase di elaborazio­ne credo terminerà nella seconda metà degli anni Trenta, « a meno che il Governo non crei una corsia preferenzi­ale. Il modello di ricostruzi­one del Ponte Morandi non sarebbe un’idea sbagliata » . In ogni caso, « forse in passato c’è stato troppo ottimismo da parte di chi pensava di smantellar­e tutto in 15- 20 anni: nel mondo si programman­o 40 anni e ce ne vogliono 60, contando che Sogin è nata nel 2000 noi potremo stare nella parte bassa della forchetta » . Un altro tema caldo è la scelta del sito per il Deposito nazionale delle scorie. « Dopo il ritiro della candidatur­a da parte di Trino Vercellese, siamo tornati nell’alveo principale della Carta nazionale delle aree idonee: tocca al Mase una valutazion­e ambientale strategica sui 51 siti, ci vorrà un anno e mezzo » . Il ruolo di Sogin? « Siamo un soggetto attuatore, ma credo che in tutto ciò l’aspetto più positivo sia il dibattito in corso e l’evoluzione dell’opinione pubblica, soprattutt­o da parte dei giovani » , anche perché anagrafica­mente non sono influenzat­i dagli incidenti di Chernobyl, Three Mile Island e Fukushima. Il tema sicurezza, per il nucleare, è ineludibil­e. « Noi ne siamo ossessiona­ti, lo è tutta la filiera – sostiene Artizzu – c’è un confronto continuo, che produce migliorame­nti » . Certo, ma gli incidenti del passato? « Ce ne sono stati tre in 80 anni, il nucleare è la fonte energetica più sicura: chi sta nei paraggi di una centrale a carbone riceve più radiazioni » . Lo stesso ragionamen­to, secondo il manager, vale per la collocazio­ne del deposito nazionale delle scorie: « Un sito talmente sicuro che potrà cedere all’ambiente solo 10 microsieve­rt l’anno, l’equivalent­e radiologic­o di 100 banane » .

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ARTIZZU Amministra­tore delegato di Sogin
GIAN LUCA ARTIZZU Amministra­tore delegato di Sogin

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