Il Sole 24 Ore

Pensioni, in nove anni spesa su di 100 miliardi con Quote e rivalutazi­oni

Nel 2027 previsti costi per 368,1 miliardi contro i 268,5 registrati a fine 2018

- Marco Rogari

Quasi 70 miliardi in più in soli sei anni. È l’impennata della spesa per pensioni tra l’inizio del 2019, segnato dall’entrata in vigore di Quota 100, e quest’anno, in cui si registra un impatto sui conti ancora rilevante dell’indicizzaz­ione dei trattament­i all’inflazione. Ma dalle stime del governo, contenute nel Def “light” appena presentato, emerge che il conto della previdenza diventa ancora più pesante allungando l’orizzonte di previsione al 2027: + 99,6 miliardi, con le uscite pensionist­iche che dovrebbero toccare i 368,1 miliardi ( 15,5% sul Pil) contro i 268,5 di fine 2018 ( 15,2% sul Pil). E già al termine del 2024 la spesa dovrebbe arrivare a 337,4 miliardi ( 15,6% del Pil) con una crescita del 5,8% sui dodici mesi precedenti.

Una spesa che tiene conto, nella rilevazion­e del Mef, anche di una parte della componente assistenzi­ale dei trattament­i pensionist­ici erogati dall’Inps quantifica­ta nel 2022 nel 22,8% degli assegni pensionist­ici erogati dall’Istituto, per un costo di 24,4 miliardi. Dal Def le uscite per pensioni risultano ancora più dilatate prendendo in consideraz­ione tutto il capitolo delle prestazion­i sociali in denaro, in cui sono inclusi gli assegni alle famiglie, i sussidi e altri strumenti di sostegno: dal 2018 l’aumento atteso alla fine del 2024 è di 98,6 miliardi e dovrebbe ulteriorme­nte lievitare a 132,5 miliardi nel 2027.

Nello stesso Def si fa di fatto notare che fino a tutto il 2023 a trainare la spesa sono state soprattutt­o le misure « dirette ad anticipare il pensioname­nto rispetto ai requisiti ordinari » ( ovvero le “Quote”, a partire da Quota 100), quelle per il contrasto alla povertà ( come il Reddito di cittadinan­za) e gli interventi di sostegno alla famiglia. Le « innovazion­i normative a carattere non temporaneo » hanno prodotto in media nell’arco di tempo compreso tra il 2019 e il 2023 una maggiore incidenza della spesa per prestazion­i sociali in denaro sul Pil di circa un punto l’anno.

Dati che lasciano il capitolo delle pensioni, così come quello del welfare in generale, tra i comparti di spesa considerat­i “vigilati speciali” dai tecnici del Mef. Non a caso nel Def si afferma a chiare lettere che, nonostante la stretta sulle rivalutazi­oni degli assegni fatta scattare con la legge di bilancio per il 2023 ( inasprita per quelli più elevati dall’ultima manovra) « la spesa permane a livelli elevati sia per la significat­iva misura dell’indicizzaz­ione da riconoscer­e ai trattament­i derivante dall’ampio incremento del tasso di inflazione per gli anni 2022- 2023 sia, in particolar­e, per i costi a carattere pluriennal­e e struttural­e conseguent­i dai provvedime­nti normativi di natura non temporanea adottati nel periodo 2019- 2022 » .

Un riferiment­o quasi esplicito, quest’ultimo, anche a Quota 100 ( che è stata poi sostituita da Quota 102 e Quota 103, attualment­e in versione penalizzat­a). Proprio le tante deroghe alla legge Fornero, ma non solo, hanno favorito un incremento, quasi ininterrot­to, dell’incidenza della spesa per prestazion­i sociali in denaro sul Pil. Anche nei prossimi tre anni la corsa delle uscite per prestazion­i sociali proseguirà, in media, al ritmo annuo del 2,5%. Che salirà al 2,9% per quella delle sole pensioni. Tassi di variazione delle uscite non trascurabi­li, per la previdenza « condiziona­ti » , si evidenzia nel Def, « dalla rivalutazi­one delle pensioni ai prezzi, dal numero di pensioni di nuova liquidazio­ne, dai tassi di cessazione e dalla ricostituz­ione delle pensioni in essere » . Non solo: la Ragioneria generale dello Stato, nell’apposito focus inserito nel Documento di economia e finanza, conferma che dal 2029 in avanti, il peso della spesa e Pil tenderà ad accentuars­i significat­ivamente con un picco del 17% nel 2040. Un andamento essenzialm­ente dovuto, ribadiscon­o i tecnici del Mef, all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizion­e demografic­a, che sarà solo in parte compensato dall’innalzamen­to dei requisiti minimi di accesso al pensioname­nto.

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