« Rallentamento negli Usa ma cresceremo in Giappone »
« Il rallentamento dell’export di vino italiano lo scorso anno è una realtà che colpisce perché si è verificato solo tre volte negli ultimi 20 anni. Ma non mi fascerei la testa. La frenata è stata frutto di tanti fattori concomitanti e che difficilmente si ripeteranno e poi perché pur nelle difficoltà non sono mancati lo scorso anno alcuni importanti segnali positivi » . A tratteggiare lo scenario appena passato ma soprattutto le prospettive future per l’export di vino made in Italy è il presidente di Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Matteo Zoppas.
Presidente, che cosa è successo nel 2023, secondo la vostra analisi?
Lo scorso anno sono intervenuti tanti fattori. Di certo l’inflazione che ha penalizzato i consumi di prodotti di maggiore qualità. Ma anche il fenomeno del destocking. Subito dopo la pandemia, con il ritorno alla vita sociale, si è registrato un forte rimbalzo degli acquisti di vino che ha indotto tanti operatori ad accumulare scorte. Quando poi successivamente, con le guerre e l’esplosione dei costi energetici, la spesa ha rallentato ci si è trovati con grandi stock di vino in cantina che andavano smaltiti. E quindi gli acquisti per un po’ si sono fermati. Ma ripartiranno.
È quanto accaduto negli Usa? Il nostro primo mercato lo scorso anno ha perso il 5,3%.
Sì, è quanto accaduto anche altrove. In Asia pure abbiamo perso un 10% di vendite in parte compensate dal circa 3% fatto registrare da un altro nostro storico mercato: la Germania.
La crescita tedesca non ha compensato le altre perdite?
In valore no perché i vini spediti in Germania hanno in media un valore unitario più basso di quelli che invece attraversano l’Oceano, dove apprezzano maggiormente le etichette premium. In più negli Usa,
‘ « Anche nell’area africana si potranno
paese nel quale i consumatori spesso fanno i loro acquisti a debito con le carte di credito, lo scorso anno ha pesato molto anche la stretta creditizia e il rialzo dei tassi di interesse. E questo scenario non sembra destinato a cambiare a breve anche per effetto della grande incertezza legata all’esito delle elezioni americane.
Accennava però anche a dei segnali positivi.
Certo e non sono neanche pochi. Siamo stati poche settimane fa al Foodex in Giappone, paese nel quale c’è sempre grande attenzione ai prodotti agroalimentari italiani. E stiamo riscontrando grande interesse sui vini, in particolare su Prosecco e Franciacorta ma anche sulle bandiere del made in Italy enologico come il Brunello di Montalcino.
Uno dei nodi dell’export italiano è storicamente la concentrazione su pochi sbocchi.
E invece è proprio qui che qualcosa sta cambiando. Le due aree nuove che hanno dato segnali positivi nel 2023 sono i Balcani. E poi l’altra novità è il crescente interesse che i vini italiani stanno riscontrando in Sudafrica.
Si tratta pur sempre di un Paese produttore.
Si ma può essere una porta d’accesso al continente africano area da 1,4 miliardi di abitanti dove potrebbero aprirsi prospettive interessanti. Sotto questo profilo guardiamo anche al contributo in termini di sviluppo per quei territori che potrà venire dal Piano Mattei del Governo.
Ma la promozione continuerà a basarsi sulla partecipazione alle fiere?
aprire interessanti sbocchi commerciali per i prodotti italiani »
Restano un canale importante. Al Vinexpo di Parigi abbiamo portato come Ice Agenzia 120 aziende sulle 600 totali raddoppiando i numeri rispetto allo scorso anno. Un contingente secondo solo a quello francese. Sul piano fieristico stiamo vivendo una riorganizzazione dalla quale emergono come player di prima fila il Vinitaly di Verona e Vinexpo di Parigi e in seconda battuta il Prowein di Duesseldorf. Inoltre le manifestazioni organizzate da Veronafiere negli Usa e in Cina sono piattaforme per incontrare un gran numero di buyer.
Qual è a suo avviso la sfida futura del vino italiano?
Cercare di entrare anche in altri tipi di circuiti di distribuzione e di ristorazione internazionale.