L’EUROPA INERME TRA I DUE CONFLITTI
Non si sa quando e come finirà lo scontro tra due nemici implacabili, se l’attacco diretto dell’Iran a Israele, il primo del genere, porterà guerra in tutto il Medio Oriente o si fermerà in cerca di soluzione.
Si sa invece che la reazione dell’Europa è la stessa di sempre: parole di condanna e irrilevanza diffusa. Non può essere diversamente: oggi ci sono tante Unioni, economica, monetaria, commerciale... ma non c’è l’Unione politica, militare o strategica. Gran Bretagna e Francia, certo, hanno fatto volare con gli Stati Uniti i caccia in aiuto di Israele ma Londra è fuori dall’Ue e sulla difesa Parigi gioca in proprio.
L’America di Biden, quindi, non ha chiamato al suo fianco l’Europa ma il G- 7 ( Usa, Canada, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia). Come chiama la Nato.
Sgradevole ma inevitabile quando il continente era in pace e l’ordine mondiale più o meno stabile. Da due anni non è più così. L’Europa inerme si conferma ai margini della governance globale delle crisi geopolitiche in atto, anche se oggi paradossalmente se ne ritrova al centro ed è la prima a rischiare di esserne travolta. Senza più lo scudo americano a garanzia certa della sua integrità territoriale, soprattutto se Donald Trump tornasse alla Casa Bianca.
Due anni di guerra in Ucraina però non sono trascorsi invano: la minaccia russa ai confini ha regalato due nuovi membri alla Nato, Finlandia e Svezia, e imposto all’Europa l’imperativo dell’autodifesa. Costruirla richiederà decenni e una complessa rivoluzione culturale, economica e industriale.
Ma i fronti di guerra non aspettano, anzi si complicano. L’attacco diretto dell’Iran a Israele è un salto nel buio, crea una nuova era di instabilità in Medio Oriente, vede l’ingresso ufficiale nel grande gioco della triplice russo- cinoiraniana. La stessa all’opera da tempo sul teatro ucraino dove le sorti del conflitto volgono a favore della Russia di Putin che fronteggia « un esercito con effettivi e munizioni insufficienti » denuncia il capo di stato maggiore ucraino che teme il peggio. La Germania invierà un’altra batteria di Patriot, la Finlandia propone divisione del lavoro tra Nato e Ue sulla difesa. Il presidente ucraino Zelensky invoca gli aiuti Usa: « L’azione dell’Iran minaccia l’intera regione e il mondo come quella russa minaccia di allargare la guerra » . Un sondaggio rivela che il 75% dei polacchi non vuole impegnare l’esercito in Ucraina.
La sconfitta di Kiev sarebbe un terremoto per l’Europa e l’intero Occidente che l’hanno aiutata: crisi di credibilità plateale e globale, umiliazione delle democrazie rispetto alle autocrazie. Se la disfatta fosse totale, l’Ue si ritroverebbe con migliaia di chilometri in più di frontiere con la Russia. Se fosse parziale, vivrebbe in attesa di aggressioni future, costretta a gonfiare le spese militari. L’annientamento di Israele avrebbe conseguenza non meno nefaste. In breve, oggi l’Europa debole deve continuare ad aiutare entrambi, costi quel che costi. Ogni alternativa sarebbe peggiore.