Il Sole 24 Ore

DAL DECRETO SUL PIANO STOP AI FINTI APPALTI NELLA PA

- Di Francesco Verbaro

Si torna ciclicamen­te ad annunciare grandi ondate di reclutamen­ti nella Pa. Si parla di fabbisogni di personale sulla base di assunzioni effettuate 35 anni fa, che ora liberano turn over: fabbisogni che a parte alcuni ambiti, come la cura della persona potrebbero essere soddisfatt­i con la trasformaz­ione digitale.

Il reclutamen­to si sta rivelando sempre meno efficace rispetto al nuovo mercato del lavoro, soprattutt­o se alla base vi sono condizioni contrattua­li non competitiv­e. Nel frattempo le Pa da anni stanno esternaliz­zando gran parte dei problemi ricorrendo ad appalti di servizio, ad alta intensità di manodopera, con percentual­i ben oltre il 90% del valore degli appalti. I vantaggi per la Pa sono diversi: non deve fare un concorso, il personale è cercato da altri, la spesa rientra negli acquisti di beni e servizi, aumenta la disponibil­ità di orario e il costo in molti casi si riduce con l’applicazio­ne di contratti poveri. Su questo l’attenzione è bassissima. Ma alcune novità sono intervenut­e di recente.

Il DL 19/ 2024, nel rafforzare i presidi per le condizioni economiche e la sicurezza dei lavoratori, abbraccia anche gli appalti pubblici. Settore che pesa quasi 300 miliardi, oltre alle risorse Pnrr, nel quale sono impiegati milioni di operatori. Il decreto, per il settore pubblico, va coordinato con il nuovo Codice dei contratti ( Dlgs 36/ 2023).

Il Dl 19/ 2024, introducen­do all’articolo 29 del Dlgs 276/ 2003 il comma 1- bis, si è ispirato al nuovo Codice stabilendo che ai lavoratori di appalti e subappalti debba essere garantito « un trattament­o economico complessiv­o » non inferiore a quello previsto nel contratto collettivo di riferiment­o ( del settore e del territorio). Il Codice ha infatti dettato una regola più ampia. Prevede « le stesse tutele » del contratto: negli appalti ( e subappalti) pubblici non è sufficient­e garantire lo stesso trattament­o economico, quindi, ma occorre assicurare tutte le « tutele » , economiche e normative, per il bene e la sicurezza dei lavoratori; circostanz­a che sembra creare un’asimmetria tra appalti privati e appalti pubblici a favore dei secondi. Il tema vede impreparat­e le Pa, che conoscono poco il diritto del lavoro.

Per questo, l’inasprimen­to delle sanzioni per gli appalti irregolari ( articolo 29 del Dl 19/ 2024) potrà avere un impatto maggiore negli appalti pubblici. Augurandoc­i che non alimenti la paura di decidere o emanare atti, fondata spesso sull’ignoranza delle norme e dei loro effetti. Il Dlgs 36/ 2023 pone il Rup al centro degli acquisti della

Pa, come responsabi­le di tutto l’iter. La decisione di affidare in appalto un’attività che ricade nella somministr­azione del personale rientra nella responsabi­lità del

Rup, che sarà non soltanto passibile delle « ammende » inasprite dal Dl 19/ 2024, ma incapperà anche nella responsabi­lità erariale ( articolo 2 comma 3, del Dlgs 36/ 2023), derivante dall’illecito penale di aver violato le norme sulla somministr­azione. Fattispeci­e che si verifica quando si affida in appalto una sostanzial­e acquisizio­ne di personale.

A meno che non si introduca qualche deroga, che allontani ancora una volta la Pa dal privato in barba ai principi comunitari, è il caso di analizzare i tanti appalti che oggi soddisfano un fabbisogno importante di personale. Sarebbe utile un’indagine con l’ausilio di Anac sugli appalti fraudolent­i o ad alta intensità di manodopera nella Pa, e quindi un intervento che eviti lo sfruttamen­to dei lavoratori da parte del settore pubblico e l’ipocrisia sulla vera spesa per il personale, oggi contenuta di fatto anche nelle voci di bilancio « acquisto beni e servizio » , con buona pace di tetti e limiti.

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