DAL DECRETO SUL PIANO STOP AI FINTI APPALTI NELLA PA
Si torna ciclicamente ad annunciare grandi ondate di reclutamenti nella Pa. Si parla di fabbisogni di personale sulla base di assunzioni effettuate 35 anni fa, che ora liberano turn over: fabbisogni che a parte alcuni ambiti, come la cura della persona potrebbero essere soddisfatti con la trasformazione digitale.
Il reclutamento si sta rivelando sempre meno efficace rispetto al nuovo mercato del lavoro, soprattutto se alla base vi sono condizioni contrattuali non competitive. Nel frattempo le Pa da anni stanno esternalizzando gran parte dei problemi ricorrendo ad appalti di servizio, ad alta intensità di manodopera, con percentuali ben oltre il 90% del valore degli appalti. I vantaggi per la Pa sono diversi: non deve fare un concorso, il personale è cercato da altri, la spesa rientra negli acquisti di beni e servizi, aumenta la disponibilità di orario e il costo in molti casi si riduce con l’applicazione di contratti poveri. Su questo l’attenzione è bassissima. Ma alcune novità sono intervenute di recente.
Il DL 19/ 2024, nel rafforzare i presidi per le condizioni economiche e la sicurezza dei lavoratori, abbraccia anche gli appalti pubblici. Settore che pesa quasi 300 miliardi, oltre alle risorse Pnrr, nel quale sono impiegati milioni di operatori. Il decreto, per il settore pubblico, va coordinato con il nuovo Codice dei contratti ( Dlgs 36/ 2023).
Il Dl 19/ 2024, introducendo all’articolo 29 del Dlgs 276/ 2003 il comma 1- bis, si è ispirato al nuovo Codice stabilendo che ai lavoratori di appalti e subappalti debba essere garantito « un trattamento economico complessivo » non inferiore a quello previsto nel contratto collettivo di riferimento ( del settore e del territorio). Il Codice ha infatti dettato una regola più ampia. Prevede « le stesse tutele » del contratto: negli appalti ( e subappalti) pubblici non è sufficiente garantire lo stesso trattamento economico, quindi, ma occorre assicurare tutte le « tutele » , economiche e normative, per il bene e la sicurezza dei lavoratori; circostanza che sembra creare un’asimmetria tra appalti privati e appalti pubblici a favore dei secondi. Il tema vede impreparate le Pa, che conoscono poco il diritto del lavoro.
Per questo, l’inasprimento delle sanzioni per gli appalti irregolari ( articolo 29 del Dl 19/ 2024) potrà avere un impatto maggiore negli appalti pubblici. Augurandoci che non alimenti la paura di decidere o emanare atti, fondata spesso sull’ignoranza delle norme e dei loro effetti. Il Dlgs 36/ 2023 pone il Rup al centro degli acquisti della
Pa, come responsabile di tutto l’iter. La decisione di affidare in appalto un’attività che ricade nella somministrazione del personale rientra nella responsabilità del
Rup, che sarà non soltanto passibile delle « ammende » inasprite dal Dl 19/ 2024, ma incapperà anche nella responsabilità erariale ( articolo 2 comma 3, del Dlgs 36/ 2023), derivante dall’illecito penale di aver violato le norme sulla somministrazione. Fattispecie che si verifica quando si affida in appalto una sostanziale acquisizione di personale.
A meno che non si introduca qualche deroga, che allontani ancora una volta la Pa dal privato in barba ai principi comunitari, è il caso di analizzare i tanti appalti che oggi soddisfano un fabbisogno importante di personale. Sarebbe utile un’indagine con l’ausilio di Anac sugli appalti fraudolenti o ad alta intensità di manodopera nella Pa, e quindi un intervento che eviti lo sfruttamento dei lavoratori da parte del settore pubblico e l’ipocrisia sulla vera spesa per il personale, oggi contenuta di fatto anche nelle voci di bilancio « acquisto beni e servizio » , con buona pace di tetti e limiti.