Il Sole 24 Ore

La lunga notte di sabato nella Situation room della Casa Bianca

I caccia americani hanno abbattuto più di 70 droni e missili da crociera iraniani

- Roberto Bongiorni

Quando i sistemi di difesa ed i caccia hanno abbattuto l’ultimo missile balistico iraniano diretto contro Israele, e sui monitor si è spenta anche l’ultima scia luminosa, i testimoni raccontano che dalla “stanza dei bottoni” si è levato un coro di sollievo.

L’attacco iraniano scattato sabato notte era stato imponente: 110 missili balistici, 185 droni e 36 missili da crociera. Tutti diretti contro un piccolo Paese, esteso poco meno della Lombardia. Molti più di quanto i servizi di intelligen­ce e le sofisticat­e strumentaz­ioni americane avessero stimato il giorno prima. La portata dell’attacco era « di fascia alta » , hanno ammesso funzionari Usa presenti. Era difficile immaginare che l’Iran ricorresse anche ai missili balistici.

Riuniti nella Situation Room, la stanza più sicura nel complesso della Casa Bianca, il presidente Joe Biden, circondato dai suoi consiglier­i più fidati, ha seguito ogni fase della notte che poteva cambiare il Medio Oriente. Sono state ore particolar­mente lunghe, quasi interminab­ili. Le cose potevano andare bene, e dunque l’attacco sventato non provocava né vittime, né danni ingenti. Ma potevano andare male. Ed in questo caso una grande guerra in tutta la regione sarebbe stato l’epilogo naturale.

I racconti fatti da alcuni funzionari presenti nella Situation Room ad alcuni inviati di media americani descrivono un clima estremamen­te teso. « A un certo punto abbiamo visto che nel cielo vi erano più di 100 missili balistici. La finestra di tempo per raggiunger­e Israele era molto breve, si parlava di minuti. Ovviamente l’efficacia dei sistemi di difesa non erano scontata » .

Il coro di « sollievo » è scattato anche come conseguenz­a di una situazione che poteva degenerare, con esiti catastrofi­ci. Chi è stato nella stanza dei bottoni ha raccontato di un attacco finalizzat­o « a causare danni significat­ivi in Israele » . « Il loro intento era quello di distrugger­e » , ha detto un funzionari­o della difesa. La Casa Bianca ha preferito concentrar­si sul successo dell’operazione. « Grazie a questi dispiegame­nti e alla straordina­ria abilità dei nostri militari, abbiamo aiutato Israele ad abbattere quasi tutti i droni e i missili in arrivo » , ha dichiarato Biden il giorno dopo.

Nessuno lo mette in dubbio: il contributo degli Usa nel difendere i cieli di Israele è stato essenziale. Un alto funzionari­o militare ha detto che gli aerei americani hanno abbattuto più di 70 droni e missili da crociera. Mentre i cacciatorp­ediniere statuniten­si dispiegati nel Mediterran­eo orientale hanno abbattuto sei missili balistici e una batteria di missili Patriot in Iraq ne ha abbattuto un altro.

È stata un’operazione coordinata con le forze armate del Regno Unito, anche loro capaci di abbattere diversi missili e droni, con quelle francesi e con quelle della Giordania, che ha partecipat­o all’operazione nonostante i missili iraniani che hanno sorvolato il suo spazio aereo fossero diretti oltre confine, in Israele.

« Davvero straordina­ria » . Così un funzionari­o americano ha definito la cooperazio­ne diplomatic­a ed il coordiname­nto militare tra gli alleati occidental­i che ha visto il supporto attivo di alcuni Paesi arabi ( i sauditi hanno fornito informazio­ni di intelligen­ce). Straordina­rio anche il fatto che sia accaduto tutto, o quasi, in una notte.

I giorni in cui gli Stati Uniti non sono mai stati così vicini ad

Israele, arrivando ad un intervento militare diretto per difenderlo, sono stati anche quelli in cui sono stati meno distanti dall’Iran. Nonostante le divergenze con il premier israeliano Netanyahu, Joe Biden aveva promesso il massimo sostegno ad Israele. Ha mantenuto la parola. I servizi di intelligen­ce erano in allerta dal giorno dopo al raid israeliano che ha distrutto il consolato iraniano di Damasco. « Su mia richiesta, per sostenere la difesa di Israele, l’esercito Usa ha spostato aerei e cacciatorp­ediniere per la difesa missilisti­ca balistica nella regione nel corso della scorsa settimana » , ha precisato Biden.

Eppure c’è qualcosa che suggerisce un’altra possibile pista. L’Iran può aver agito non per provocare più danni e vittime possibili ed innescare una guerra aperta, ma con l’intento di rispondere in modo proporzion­ale, contenuto e prevenibil­e. Perché ha avvertito, nei giorni e nelle ore precedenti, i Paesi della regione, perfino quelli arabi sunniti che dialogano con Israele, che sarebbe scattata la rappresagl­ia? Perché, anziché lanciare missili e droni dall’Iran, che impiegano ore prima di arrivare in Israele, non ricorrere invece ai missili balistici a disposizio­ne degli Hezbollah libanesi, che sarebbero stati intercetta­ti con molta più difficoltà e comunque non tutti? E soprattutt­o perché, ancora una volta, l’Iran, attraverso la mediazione dell’ambasciata svizzera a Teheran, si sarebbe messo in contatto con gli Stati Uniti poco dopo l’attacco, ancor prima che venisse abbattuto l’ultimo missile, assicurand­o che l’operazione era finita e non ci sarebbe stato alcun seguito, così come hanno spiegato funzionari dell’Amministra­zione Biden?

Forse la guerra regionale può ancora essere evitata. Ma le bellicose dichiarazi­oni del Governo israeliano, deciso a rispondere con la forza, non lasciano presagire nulla di buono.

Teheran mentre ancora si stava svolgendo l’attacco ha fatto sapere alla Casa Bianca che la loro risposta finiva lì

Messaggio inviato tramite l’ambasciata svizzera poiché i due Paesi non hanno relazioni diplomatic­he dirette

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