La geopolitica preoccupa meno: Borse in tenuta, petrolio in calo
A rilassare gli investitori le minori tensioni e le forti vendite al dettaglio Usa
Sono andati a letto, venerdì, temendo l’escalation bellica in Medio Oriente. Si sono invece svegliati, lunedì, con una situazione più serena: l’attacco dell’Iran su Israele è stato sufficientemente “telefonato” da non creare particolari danni, Teheran stessa ha detto di considerare chiusa la vicenda e solo in serata sono uscite indiscrezioni secondo cui Israele starebbe valutando raid sull’Iran. Così le paure di venerdì – che avevano portato in pesante rosso soprattutto Wall Street, mentre i prezzi del petrolio si infiammavano e l’oro volava verso nuovi record – si sono solo in parte diradate: per questo la volatilità è stata elevata anche ieri e alla fine della giornata i rialzi delle Borse si sono ridotti drasticamente.
I listini hanno infatti chiuso in gran parte in rialzo, ma decisamente sotto i massimi toccati nel pomeriggio: Milano ha guadagnato lo 0,56%, Francoforte lo 0,41% e Parigi lo 0,43%. Un’ora prima della chiusura però guadagnavano ancora più del punto percentuale. La Borsa di Londra ha invece terminato in calo: - 0,38%. In serata è invece caduta in negativo Wall Street.
Allo stesso tempo i titoli di Stato, che venerdì erano stati acquistati anche in qualità di beni rifugio, hanno invertito la marcia. I rendimenti di quelli statunitensi sono addirittura tornati sui massimi da novembre, balzando dal 4,50% di venerdì al 4,64% di ieri. Anche il petrolio ha ingranato la retromarcia, arretrando di circa l’ 1% dopo l’impennata di venerdì e ripiegando sotto la soglia psicologica di 90 dollari al barile nel caso del Brent. Stesso ribasso per il Wti, tornato sotto quota 85 dollari.
Anche l’oro nel frattempo ha tirato un po’ il fiato, attestandosi intorno a 2.365 dollari l’oncia sul mercato spot londinese: in rialzo di circa l’ 1% sul finire di una giornata volatile, ma molto lontano dal record storico che aveva aggiornato per l’ennesima volta venerdì a 2.431,50 dollari, prima di un repentino affondo sotto la parità ( un dietrofront che a quanto sembra era stato provocato da segnali tecnici, innesco a loro volta di prese di profitto da parte di fondi algoritmici).
Geopolitica ed economia
A A calmare i mercati nella giornata di ieri è stato in realtà un mix di fattori. Da un lato – come detto – la situazione in Medio Oriente appare oggi un po’ meno drammatica di come non si temesse venerdì: l’incertezza permane ma ieri i timori di escalation si sono ridimensionati e questo ha permesso ai mercati di riassorbire le perdite della seduta precedente. Dall’altro sono intervenuti nuovi dati macroeconomici dagli Usa, che ancora una volta hanno stupito al rialzo, mostrando la forza della locomotiva a stelle e strisce: ieri sono state pubblicate le vendite al dettaglio di marzo, cresciute più del doppio delle attese. Gli economisti censiti da Reuters si aspettavano in media un + 0,3%, ma le vendite sono salite dello 0,7%. Questo, agli occhi dei mercati, significa da un lato che la Federal Reserve avrà meno urgenza a tagliare i tassi: notizia negativa per le Borse. Ma dall’altro significa anche che le aziende continueranno a macinare utili, una notizia positiva. Proprio ieri Goldman Sachs ha stupito su questo fronte, con utili cresciuti ben oltre le attese: + 28% nel primo trimestre, a 4,13 miliardi di dollari.
Gli investitori globali sembrano aver tirato le somme: se non aumentano le tensioni geopolitiche – con tutte le potenziali conseguenze sui prezzi delle materie prime energetiche e sui commerci – e se l’economia continua a crescere, allora sui mercati può restare la luce. L’ottimismo sulla congiuntura ha messo in secondo piano anche la probabile frenata della Fed sui tassi d’interesse: a inizio anno i futures scontavano 6 tagli nel 2024 con il primo a partire da marzo, mentre ora prevedono meno di 2 tagli con il primo dato per scontato al 100% solo a novembre. A giugno ormai le probabilità di un primo allentamento monetario sono ridotte al 20%. Ma i mercati ora si concentrano sull’economia e il tanto temuto “atterraggio duro” non è più nei radar.
Volatilità
La geopolitica rende comunque ogni scenario molto più incerto. E il fatto che nel weekend la situazione in Medio Oriente non sia precipitata in modo irreparabile non è sufficiente a rassicurare in modo duraturo. Ieri gli investitori si sono concessi di tirare il fiato. Nei prossimi giorni si vedrà.
È probabile che i mercati si manterranno nervosi e volatili ( in parte lo si è visto già nella seduta di ieri), appesi a qualsiasi segnale possa dare indicazioni sui prossimi sviluppi da un lato sul fronte geopolitico e dall’altro su quello – che resta comunque molto caldo – delle politiche monetarie, che a loro volta si intrecciano con le valutazioni sullo stato di salute dell’economia.
Il mercato del petrolio – il cui andamento si ripercuote sull’inflazione – è un termometro molto sensibile alle variazioni di temperatura su entrambi i fronti. La crisi in Medio Oriente, area da cui proviene il 40% delle forniture globali, non ha smesso di fare paura. E se l’escalation non sarà davvero disinnescata ( è ancora presto per dirlo) è ben possibile che le quotazioni del barile riprendano a correre, anche superando quota 100 dollari, come qualche analista comincia a giudicare possibile.
Volatilità elevata: la situazione in Medio oriente resta incerta, anche se meno di quanto temuto venerdì