Dal Libano al Mar Rosso, gli italiani coinvolti
Il quadro tracciato alla Camera dal comandante interforze generale Figliuolo
La soglia di allerta nella notte tra sabato e domenica, nelle ore concitate dell’attacco iraniano contro Israele, è stata per i militari italiani di stanza nel Sud del Libano se possibile ancora più alta. Ma non sono stati gli unici ad aver provato la sensazione di essere in prima fila nel teatro di guerra. Anche perché, per dirla con il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani, « c’è una concentrazione alta di forze militari » nell’area tra il Medio Oriente e il Mar Rosso. E le singole missioni operano nello stesso contesto geopolitico.
Intervenuto la settimana scorsa in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato il comandante del Covi ( Comando operativo di vertice interforze), generale Francesco Paolo Figliuolo, ha tracciato un quadro della presenza dei militari italiani in Medio Oriente. A cominciare, appunto, dal Libano. « Partecipiamo - ha spiegato - con un contingente di più di 1100 unità, 400 mezzi terrestri, 1 unità navale qualora richiesta dall’Onu nell’ambito della Maritime Task Force a guida tedesca e 7 assetti aerei nell’ambito della Missione Unifile Unifil e della missione bilaterale di addestramento delle Forze Armate libanesi denominata Mibil » . Quanto all’operazione “Levante”, da poco approvata, il generale ha ricordato che l’obiettivo è garantire interventi umanitari a favore della popolazione palestinese della Striscia di Gaza, ma tra i possibili compiti c’è anche quello di evacuare i nostri connazionali nel caso in cui fosse necessario. Un’altra missione è quella bilaterale di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi, nell’area di Gerico: al momento sono presenti 2 ufficiali dei Carabinieri con compiti di collegamento con lo staff dello United States Security Coordinator for Israel and Palestinian Authority in Gerusalemme. Inoltre l’Italia partecipa con 3 pattugliatori, alla coalizione per il mantenimento della pace nel Sinai.
Un tassello strategico nel puzzle è l’Iraq: il contesto, in questo caso, è l’operazione di coalizione “Operation Inherent Resolve - Prima Parthica”. Obiettivo: la lotta contro Daesh. Come ha chiarito Figliuolo, è impiegato un contingente massimo di circa 1.000 unità e 16 assetti aerei, con compiti di addestramento a favore delle forze armate e forze di sicurezza locali a supporto delle attività della Coalizione internazionale per la stabilizzazione dell’area mediorientale. Prosegue poi la partecipazione alla missione di consulenza e rafforzamento delle capacità istituzionali dell’Iraq ( Institutional building) denominata “Nato Mission Iraq ( NM- I). A maggio 2023 l’Italia ha ceduto il comando alla Spagna, ma detiene l’importante ruolo di Capo di Stato Maggiore della missione.
La crisi interessa, e non da oggi, anche l’area del Mar Rosso, dove gli Houthi minacciano le rotte del commercio internazionale. Le operazioni di riferimento in questo caso sono due, entrambe in ambito Ue. Aspides, anch’essa recente, a protezione della libera navigazione nello Stretto di Bab El Mandeb, nel Mar Rosso e nel versante occidentale del Golfo di Aden. E Atalanta, per assistere gli Stati rivieraschi nello sviluppo delle capacità di protezione delle rotte marittime e di anti- pirateria. Di recente l’area di riferimento di Atalanta è stata estesa alle acque internazionali del Canale di Mozambico.
In Libano l’Italia è presente con 1100 militari, 400 mezzi terrestri, 1 unità navale e sette aerei