Il Sole 24 Ore

Il peso delle scelte della Bce sul debito pubblico italiano

Politiche monetarie

- Giovanni Scanagatta e Stefano Sylos Labini Professore di Politica economica e monetaria all’Università di Roma; Gruppo Moneta Fiscale

« BLO STRUMENTO DEI CREDITI FISCALI TRASFERIBI­LI PUò ESSERE DI GRANDE AIUTO PER LA CRESCITA DELLA NOSTRA ECONOMIA

isogna ridurre il debito pubblico in modo credibile, graduale e costante. Solo così gli interessi chiesti dal mercato diminuiran­no, ampliando al contempo gli spazi di manovra del governo per misure sociali » . È quanto sottolinea­to dal Governator­e della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in un convegno su Luigi Einaudi alla fine dello scorso marzo. Le affermazio­ni del Governator­e sono in linea con quanto risulta dall’evidenza empirica riguardo alle relazioni tra debito pubblico, tassi di interesse e crescita del reddito. Per coniugare un più alto sviluppo del reddito con un più basso livello dei tassi di interesse occorre ridurre l’incidenza del debito pubblico sul reddito nazionale. Una non eccessiva incidenza del debito pubblico sul Pil consente di contenere la pressione fiscale in relazione alla necessità di combattere eccessivi deficit di bilancio.

Si stima che nel 2024 il rapporto tra debito pubblico e Pil sarà superiore al 140% e che gli interessi sul debito si collochera­nno intorno al 4,5% del reddito nazionale, in crescita rispetto al 2023 e al 2022 con il 4%. Nel 2021 l’incidenza era inferiore e pari al 3,6%. Si tratta di un trend pericolosa­mente crescente. L’inversione repentina della politica monetaria della Banca Centrale Europea ( Bce) per fronteggia­re l’inflazione ha fortemente inciso sulla capacità del nostro Paese di tenere sotto controllo i conti pubblici.

Per l’Italia è pertanto fondamenta­le il futuro comportame­nto della

Bce rispetto ai tassi di interesse. Bisognerà vedere in quali tempi la riduzione annunciata dei tassi avverrà, essendo certi che un rinvio della loro riduzione peserà fortemente sulla nostra capacità di controllo dei conti pubblici.

Bisognereb­be spingere sulla crescita dell’economia sfruttando al meglio le risorse del Pnrr. In questo ambito però stiamo incontrand­o problemi di capacità di spesa e fino ad ora l’impatto sull’economia è ancora insufficie­nte. Certamente la riduzione dei tassi di interesse sarebbe benefica per la nostra economia poiché spingerebb­e la domanda di mutui e di prestiti a famiglie e imprese oltre a ridurre l’onere del debito pubblico, aprendo spazi di interventi sul lato della spesa e delle tasse. Ma la Bce si sta muovendo con una prudenza e una lentezza eccessiva di fronte al calo dell’inflazione ormai previsto da tutti gli analisti. Ci sarebbe poi la “proposta Draghi” di forti investimen­ti pubblici centralizz­ati e debito comune a livello federale per finanziare un grande piano per la ripresa dell’economia europea per la transizion­e ecologica e per quella digitale. Ma i Paesi nordici capeggiati dalla Germania si oppongono all’emissione di eurobond perché sono contrari all’emissione di debito comune e anche perché sarebbe necessaria una nuova architettu­ra politicois­tituzional­e e una governance analoga a quella degli Stati Uniti.

Torniamo allora alla domanda inziale: come possiamo conseguire la riduzione del nostro debito pubblico e in particolar­e del rapporto tra debito e Pil?

Se consideria­mo l’approvazio­ne recente della direttiva sulle case green che ci impone di ristruttur­are il patrimonio immobiliar­e per aumentarne l’efficienza energetica, questa può essere una grande opportunit­à per creare reddito e occupazion­e. Ma il problema riguarda le modalità di finanziame­nto e allora bisognereb­be riflettere meglio sulle conseguenz­e importanti degli sconti fiscali ai fini degli investimen­ti e della crescita del reddito. In un report recente il « Financial Times » ha sottolinea­to che l’economia italiana ha registrato la migliore performanc­e post Covid fra tutte le economie europee grazie alla spinta del settore edilizio.

Lo strumento dei crediti fiscali trasferibi­li ora inizia ad essere usato anche negli Stati Uniti per finanziare la transizion­e ecologica. I crediti d’imposta federali per l’energia pulita sono stati resi trasferibi­li dall’Inflation Reduction Act, varato nell’agosto del 2022. Si prevede che l’interesse per questa tipologia di crediti d’imposta continuerà per tutto il decennio: JPMorgan prevede che i crediti trasferibi­li saranno il motore principale degli investimen­ti con incentivi fiscali.

Per concludere, lo strumento dei crediti fiscali trasferibi­li può essere di grande aiuto per la crescita della nostra economia, strada obbligata per conseguire l’obiettivo invocato dal Governator­e della Banca d’Italia volto a ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy