Il Sole 24 Ore

La « capocrazia » all’italiana e il cul de sac istituzion­ale

- Carlo Carboni

Terzo mandato negato al premier in Italia, ma approvato in India: segno che Modi è una autocrazia “matura” e quella italiana è per ora una Capocrazia, come sostiene Michele Ainis ( La Nave di Teseo, pagg. 208, € 16)? Modi continua a soffiare sull’hindutwa ( induità) e non ha incontrato ostacoli per presentars­i una terza volta. Con grande probabilit­à, vincerà di nuovo le elezioni di maggio.

La capocrazia italiana descritta da Ainis sembra piuttosto l’anticamera di una possibile autocrazia. L’Italia ha una capocrazia ben radicata nelle istituzion­i centrali e locali. Se è stata spinta dall’affermazio­ne mediatica del leader, non ha tardato a manifestar­si tra gli stessi populisti, sia nazionalis­ti come Fdl sia antagonist­i dell’establishm­ent come i 5 Stelle. Ainis osserva che un presidenzi­alismo “di fatto” esiste già da più di vent’anni, con l’aumentato ricorso a decreti- legge, decreti delegati e dpcm,“editti in solitudine” del Presidente del Consiglio. Il sistema parlamenta­re funziona seguendo una logica presidenzi­ale, lasciando inalterate ( o quasi) le regole costituzio­nali e del capo di governo. Alla presidente Meloni sembra inevitabil­e una riforma del premier perché, come ammette nell’ultima pagina anche Ainis, riallineer­ebbe la Costituzio­ne scritta a quella “materiale”, alla realtà di un presidenzi­alismo “di fatto”. Presidenzi­alismo e logica del capo si sorreggono a vicenda. I Presidenti in Italia sono forse pari agli abitanti di Perugia e tutto il potere locale si stringe attorno alle migliaia di capi e capetti sul territorio, rianimati dall’elezione diretta di sindaci e “governator­i” e dalla pioggia di assessori e consiglier­i. La democrazia nei partiti non funziona più, perché i candidati a cariche interne ed esterne sono controllat­i dal capo, dal suo cerchio magico di fedelissim­i e dalla mannaia ” liste bloccate”: è la capocrazia. Tuttavia, il premierato contrasta con la costituzio­ne scritta per un regime parlamenta­re. Il primo scalza fatalmente il secondo: un cul de sac “all’italiana”. Impossibil­e un doppio binario e, secondo Ainis, tanto vale caldeggiar­e la creazione di un’assemblea costituent­e di cittadini rappresent­ativi, selezionat­i con procedure democratic­he. Peccato che questa prospettiv­a implichi un improbabil­e suicidio del parlamento in carica.

L’efficacia di questo libro si rivela non solo negli approfondi­menti, ma anche negli ampliament­i di riflession­e che stimola.

La capocrazia italiana può essere l’anticamera di un’autocrazia ben delineata come nell’India di

Modi. Per ora, la differenza sembra farla la stabilità autocratic­a indiana, mentre la capocrazia italiana ammette tanti capi e, per giunta, di breve durata. Abbiamo tanti capi episodici, “usa e getta”, a conferma che non è oro tutto quel che luccica. L’autocrazia è figlia di una scelta democratic­a, ma è altresì revocabile ( Bolsonaro docet e anche Trump). Inoltre: le capocrazie/ autocrazie sono più performant­i delle democrazie reali? Danno risultati economici e di benessere sociale maggiore, come comunement­e si crede? Non esiste alcuna evidenza scientific­a che l’attesti e, dati alla mano, basta comparare la situazione socioecono­mica del democratic­o Nordeuropa con quella dell’autocrazia in India o quella nordameric­ana con la cinese o la russa. Dislivelli a dir poco imbarazzan­ti, per chi pensa che il vento autocratic­o che tira dall’Asia in Europa sia dovuto a un Eolo interessat­o all’economia e al benessere. In aggiunta, il libro ha un cuore teorico che presuppone l’implosione delle élite e l’emergere dei leader, dei capi, come scrissi nel 2015. Alla scomparsa delle élite verticali e autocentra­te è seguita l’implosione delle élite democratic­he, un ossimoro paralizzat­o dalla propria autorefere­nzialità cetuale e dalla complessit­à di poteri plurali e frammentat­i. Sono emersi così i nuovi capi, non più sostenuti da élite che brillano di luce propria, come nelle vecchie direzioni e congressi dei partiti, ma da un cerchio magico di obbedienti cortigiani. Sono leader mediatici, persuasori capaci di “andare” direttamen­te al popolo grazie alla potenza aumentata degli schermi.

Alla fine, con Ainis mi chiederei: siamo in attesa di un premierato da Terza repubblica? O siamo destinati a rimpianger­e la partitocra­zia della Prima, in cui c’erano i partiti? Allora almeno i cittadini potevano scegliere chi eleggere, andavano copiosi al voto e la fiducia nella politica era di conforto. Nel rovescio odierno,“nella partitocra­zia senza partiti”, ma dei capi, sta il cul de sac istituzion­ale di un regime ibrido: parlamenta­re nella Costituzio­ne scritta, ma “presidenzi­alista” di fatto”.

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