« Italia mercato centrale nelle strategie Ikea In un anno 15 negozi »
Jesper Brodin. Il chief executive officer della holding Ingka Group spiega le strategie di crescita del gruppo a livello globale e in Italia: investimenti su accessibilità dei prezzi, omnicanalità e sostenibilità
L’Italia è il quinto mercato al mondo per Ikea, il colosso svedese dell’arredamento che in questi giorni celebra i suoi 80 anni proprio a Milano, con una serie di eventi durante la Design Week che si è aperta ieri. La prima “scatola blu e gialla” italiana ha aperto a Cinisello Balsamo ( Milano) nel 1989 e oggi sono 41 i punti vendita nel nostro Paese, per un totale di oltre 8mila dipendenti. I grandi negozi collocati fuori dalle aree metropolitane sono 21, a cui si aggiungono un negozio XS a Roma Fiumincino, uno store digitale e 18 sono Plan& Order Point, negozi più piccoli, situati in centro città, di cui 15 aperti nell’ultimo anno, « a dimostrazione di quanto crediamo in questo mercato. Nel 2025, torneremo a investire sul formato di grandi dimensioni, a Elmas, in provincia di Cagliari, ma non mancheranno aperture di nuovi Plan& Order Point » , spiega Jesper Brodin, chief executive officer di Ingka Group, la holding cui appartiene Ikea.
Il 2023 non è stato un anno facile: il 2024 potrebbe segnare l’avvio della ripresa?
È molto difficile fare previsioni in questo periodo. Gli eventi degli ultimi anni ci hanno insegnato che la cosa più importante è essere aperti a scenari differenti. Durante la pandemia e nel periodo subito successivo, l’interesse per la vita domestica è aumentato e vediamo ancora un grande interesse delle persone. Tuttavia, gli aspetti che hanno più condizionato il mercato in quest’ultimo anno sono stati l’aumento dell’inflazione e i tassi di interesse, in tutto il mondo. Ma anche se la domanda è scesa, le persone hanno le stesse esigenze che avevano uno o due anni fa: la prima casa, il primo figlio...
Come state affrontando questa situazione?
Abbiamo investito in modo massiccio per abbassare i nostri prezzi. In Italia per esempio, il 15% dei prodotti – circa 1.500 selezionati tra i top seller – hanno visto una riduzione del prezzo del 15- 20%. Non è una promozione temporanea, ma una promessa a lungo termine: l’obiettivo è ripristinare i livelli di prezzo del periodo pre- pandemici entro il prossimo anno. Abbiamo fatto bene i nostri calcoli: l’inflazione persiste sui beni finali, ma lungo la catena del valore i costi si sono abbassati, perciò abbiamo deciso di utilizzare tutto ciò che risparmiamo in questo momento a sostegno dei nostri clienti.
Abbiamo iniziato lo scorso autunno e la risposta è molto positiva.
C’è stata una ripresa della domanda nei primi mesi dell’anno, a livello globale?
Vediamo una lenta ripresa e siamo ottimisti sul fatto che vedremo tempi migliori. Tuttavia, anche se ci attendiamo una riduzione dell’inflazione e dei tassi di interesse nei prossimi mesi, ci vorrà tempo perché questo abbia effetto sui consumi: qualcuno dice la fine dell’anno, ma se guardiamo al passato, possono servire un paio di anni perché il mercato ritrovi il suo equilibrio. Quello che invece registriamo ora è l’impatto dei nostri investimenti per abbassare i prezzi dei prodotti. Questo non è il
momento per fare profitti, ma di investire nel futuro.
Quali sono le principali direttrici di investimento?
Oltre all’accessibilità dei prezzi, la trasformazione del retail, con importanti investimenti, avviati nel 2017, nel digitale, ma anche nella creazione di nuovi touchpoint e formati di vendita, per migliorare la relazione con i nostri clienti e la loro esperienza d’acquisto. La nostra è una strategia omnicanale, tanto che non è più rilevante per noi la percentuale di vendite online e offline: l’ 83% dei nostri clienti utilizza entrambi i canali. Infine la sostenibilità, che investe tutti gli
aspetti del nostro business, dalla supply chain alla produzione, fino alla consegna dei prodotti. Ci siamo impegnati a ridurre le nostre emissioni di CO2 del 50% entro il 2030 e siamo a metà strada, nonostante il gruppo cresca.
Greenpeace ha pubblicato un report in cui si afferma che tra i vostri fornitori in Romania vi siano aziende che utilizzano legname di foreste vetuste, tutelato dalla Ue. Cosa rispondete?
Ogni critica e occasione di dialogo è per noi benvenuta. Condividiamo molte delle battaglie di Greenpeace, compresa quella sulla deforestazione, che per noi è molto importante. Tutto il legno che utilizziamo è certificato FSC, il più elevato standard di qualità e controllo esistente. Il che non significa che a volte non possano accadere alcuni errori, perciò faremo le nostre verifiche sulle aziende menzionate nel report.
Torniamo all’Italia: quinto mercato per vendite ma anche un importante fornitore, giusto?
Ancora prima di aprire negozi, 35 anni fa, Ikea era presente in Italia per produrre i suoi mobili da vendere in tutto il mondo: è il terzo Paese al mondo, dopo Cina e Polonia, dal punto di vista fornitori. Anche da quello della logistica è un Paese strategico: 25 anni fa abbiamo aperto il Centro di distribuzione di Piacenza, che ospita 370mila metri cubi di merce e serve non solo l’Italia, ma una dozzina di altri Paesi nell’area mediterranea.