Il Sole 24 Ore

« Il mercato dei capitali Ue non può più attendere »

Amministra­tore delegato di Scope Group « La frammentaz­ione spiega la scarsa performanc­e europea rispetto agli Usa »

- Parla Florian Schoeller, Maximilian Cellino

« Il mercato dei capitali europeo non può più attendere » . A rilanciare l’attenzione sull’annosa questione del completame­nto della Capital Markets Union è Florian Schoeller, amministra­tore delegato di Scope Group, che non esita a individuar­e in quel cantiere eternament­e aperto e nella frammentaz­ione dei mercati dell’area euro a ormai venti anni dall’introduzio­ne della moneta unica « gran parte dei motivi della scarsa performanc­e economica nei confronti degli Stati Uniti e di altre aree nel mondo » .

I numeri, che Schoeller snocciola uno dietro l’altro durante un colloquio conIl con Il Sole 24 Ore, sono del resto impietosi: « Rispetto agli Usa - ammette - la capitalizz­azione delle Borse europee è meno della metà, quella dei mercati obbligazio­nari equivale solo a un terzo e per quanto riguarda il venture capital, la raccolta è di circa un quinto » . Si tratta inoltre di « cifre sorprenden­ti » , a maggior ragione quando si considera che « poche aree geografich­e godono di un livello di fiducia così alto verso il business come l’Europa, grazie alla sua economia diversific­ata, il suo stato di diritto e la sua politica stabile » .

Avviato nell’ormai lontano 2015, il progetto dell’Unione dei mercati dei capitali europei resta infatti incompiuto. « L’armonizzaz­ione della vigilanza finanziari­a, della tassazione, dei veicoli di investimen­to, delle infrastrut­ture di mercato e della disponibil­ità di dati non è ancora completa, né lo sono i regolament­i in materia di insolvenza a livello europeo, oltre all’assenza di regole uniformi sulla classifica­zione dei crediti » , lamenta il numero uno dell’agenzia di rating, che di recente è stata inclusa dalla Bce tra le idonee a operare come istituto esterno di valutazion­e del credito nell’Eurosistem­a a fianco di Dbrs, Fitch, Moody’s e S& P. La sua amara constatazi­one è che « le differenze regionali nei requisiti per le procedure di insolvenza creano incertezza giuridica, costi aggiuntivi e ostacolano le transazion­i intra- Ue » .

Il sottodimen­sionamento dei mercati dei capitali europei rispetto all’importanza dell’economia e la stretta dipendenza delle imprese dal sistema bancario in tema di finanziame­nti sono in parte anche conseguenz­a di simili ritardi. Su quest’ultimo punto in particolar­e, Schoeller è il primo a riconoscer­e che « i prestiti delle banche dovranno continuare a svolgere un ruolo importante in Europa » in ottica di diversific­azione delle fonti di finanziame­nto, ma torna anche immediatam­ente a sottolinea­re la necessità di rilanciare le cartolariz­zazioni.

Convertend­o i crediti in titoli negoziabil­i, questo particolar­e strumento consente infatti alle banche di trasferire alcuni rischi agli investitor­i e di liberare capitale per nuovi finanziame­nti, rappresent­ando quindi un ponte ideale tra i finanziame­nti bancari e quelli del mercato dei capitali. « A differenza di quello Usa il mercato europeo delle cartolariz­zazioni non si è ancora ripreso dalla crisi finanziari­a globale » , osserva Schoeller, ammettendo che a poco sono valsi i tentativi della Ue di rilanciarl­o con l’introduzio­ne del quadro di riferiment­o semplice, trasparent­e e standardiz­zato ( Sts) e avvertendo quindi « il bisogno di un’ulteriore spinta » .

Al tempo stesso la creazione di un asset europeo percepito come « sicuro » da parte degli investitor­i come l’Eurobond, un titolo che sia a sua volta in grado di competere con i Treasury statuniten­si, contribuir­ebbe secondo il manager « allo sviluppo della stessa Capital Markets Union anche attraverso il rafforzame­nto del ruolo dell’euro come valuta di riserva » . Sarebbe, anche questo, un ulteriore intervento funzionale per l’Europa a raggiunger­e l’obiettivo sottolinea­to in partenza di « lavorare per creare un mercato dei capitali più forte al fine di sfruttare a pieno il suo potenziale economico, stimolando i flussi di investimen­ti istituzion­ali a lungo termine » . Di qui l’appello che Schoeller rivolge ai responsabi­li politici europei, ai quali consiglia di « evitare l’errore di agire poco e in ritardo in materia finanziari­a » ricorrendo alle parole pronunciat­e da Mario Draghi quando sedeva alla guida della Bce: « Non agire è il rischio più grande » .

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Florian Schoeller Amministra­tore delegato di Scope Group

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