Favorire l’imprenditorialità per sostenere crescita e innovazione del Paese
Italia ferma al 36° posto su 46 al mondo nella propensione all’impresa
« Elevare i tassi di attivazione imprenditoriale in tutte le fasce di età e nelle diverse condizioni in cui questa si esprime è un obiettivo fondamentale per la crescita e l’innovazione » . Un’esortazione che arriva da Giovanni Cannata, Rettore di Universitas Mercatorum, e che parte dai dati: nella classifica internazionale sulla propensione imprenditoriale l’Italia si colloca nella parte bassa. Nonostante la crescita e la vivacità del periodo 2019- 2023 il nostro paese nell’anno scorso non ha superato il 36° posto su 46 a livello mondiale; negli ultimi dieci anni c’è stata un’importante riduzione della tendenza a creare nuove imprese, un calo ancora più significativo nel manifatturiero: nel 2023 infatti il livello di attività imprenditoriale è stato pari al 60% rispetto al 2010.
È stata proprio l’Universitas Mercatorum ( l’Università delle Camere di commercio del Gruppo Multiversity) a presentare ieri il Rapporto GEM Italia 2023- 2024, a Roma, nella sede di Unioncamere. “Un paese che osa? L’imprenditorialità come risorsa per l’Italia” è il titolo. L’indagine GEM ( Global entrepreneurship Monitor), come spiega Cannata, è stata avviata nel 1999 dal Babson College ( Usa) e dalla London Business School ( UK) ed è diventata il principale strumento di studio dell’attività imprenditoriale. « La conoscenza dei fattori che determinano la propensione all’imprenditorialità è fondamentale per orientare le politiche nazionali e locali che possono generare una spinta » , è la riflessione di Cannata. L’indagine 2023 ha coinvolto 46 paesi con interviste dirette ad oltre 100mila soggetti imprenditoriali e a circa 2000 testimoni privilegiati. Proprio perché il Rapporto è un punto di riferimento per la ricerca accademica e i policy maker, « Universitas Mercatorum – ha spiegato Cannata – ha deciso di dare il proprio contributo scientifico e sociale supportando interamente l’indagine nazionale che ha consentito di approfondire i fattori che incentivano e quelli che ostacolano la formazione di nuove imprese nel nostro paese, un tema che sta a cuore alla nostra università » .
Confrontandoci con gli altri paesi il calo della propensione imprenditoriale aumenta nelle fasce di età sopra i 45 anni; la propensione cresce in modo significativo e direttamente proporzionale ai livelli di istruzione. Il TEA ( Total Early Stage Entrepreneurial Activity) è aumentato del 2% nel 2020 e dell’ 8% nel 2023; tra i laureati è del 10%, tra i non laureati poco superiore al 5 per cento. C’è un gap di genere: 40% le donne nel caso di imprese avviate, dato che sale al 60% all’avvio di un’attività. Crescono le imprese giovanili e le start up innovative, specie nei settori a più alta tecnologia e innovazione.
« Occorre migliorare i fattori abilitanti – ha sottolineato Cannata – e quindi la finanza per l’impresa, i programmi di imprenditorialità e quindi di incentivazione, ridurre la burocrazia, rendere più efficienti le infrastrutture. È fondamentale il trasferimento tecnologico dalle università alle imprese e va rafforzata la formazione imprenditoriale » .