Zuppi: « Con l’aiuto degli attori sociali il valore della pena cambierà prospettiva »
Una bellissima prospettiva ma soprattutto un sogno, un sogno di quelli come li definisce Papa Francesco ad occhi aperti e di giorno. Per il cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana ( Cei), l’obiettivo di una recidiva zero è la strada perché si realizzi una giustizia pienamente riparativa e soprattutto per ricostruire attraverso questo percorso una comunità nazionale, passaggio indispensabile in un mondo come quello attuale profondamente lacerato. Perché « la funzione rieducativa della pena a cui la Costituzione conferisce centralità è un valore intangibile » . Si tratta allora di recuperare per tutti la speranza, per la comunità carceraria e per chi si muove attorno ad essa. « Per questo - dice il cardinale Zuppi - occorre dare valore e significato al tempo della detenzione, perché il tempo di una persona non può essere mai privo di significato » , anzi è proprio « dando significato a questo tempo che si può arrivare all’obiettivo della recidiva zero » .
E se al legislatore tocca dare gli strumenti « affinché questa volontà diventi effettiva » , spetta alla società civile portare dentro il carcere altri sguardi e opportunità. Dei primi « abbiamo molto bisogno, perché gli sguardi diversi ci aiutano » , delle seconde - il riferimento è alla legge Smuraglia - c’è urgenza. Soprattutto bisogna renderle diffuse su tutto il territorio, « un quarto degli interventi sono infatti concentrati solo in Lombardia e Toscana » .
Ecco così che superare la prospettiva carcere- centrica diventa una rivoluzione copernicana. Un ribaltamento che « fa bene al carcere e fa bene al territorio intorno » . Un modo concreto « di uscire da una certa rozzezza » , facendo giustizia da un lato di due secoli di sapienza giuridica italiana che si focalizzava sulla funzione punitiva, dall’altra di quelle posizioni che identificano la sicurezza con l’innalzamento di muri mentre « sa bene chi lavora in carcere che alzare i muri crea maggiore insicurezza » . Invece non solo bisogna guarire la ferita ma occorre farlo « attraverso la dignità e la piena cittadinanza, e qui il tema l’equiparazione salariale conferma che proprio questa è la direzione » .