Letta: « Un’ultima finestra di opportunità per colmare il distacco tra Ue e concorrenti »
Necessari strumenti di risparmio comuni e telecom, energia e difesa europei
Il completamento del mercato unico, soprattutto in campo finanziario, è ormai diventato la parola d’ordine dei Ventisette. In poche settimane, dinanzi alla debolezza strutturale dell’economia europea, il tema è tornato prepotentemente in agenda, anche se le divergenze tra i paesi non mancano. In attesa del rapporto Draghi, previsto in giugno, nel dibattito tra i governi avrà un ruolo fondamentale anche la relazione presentata ieri da un altro ex presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta.
Come Mario Draghi martedì, anche Enrico Letta ieri ha messo l’accento sul ritardo europeo nei confronti degli Stati Uniti, della Cina o dell’India. « Il distacco dell’Europa rispetto ai suoi principali concorrenti – ha detto l’ex premier italiano – ha raggiunto livelli tali per cui è urgente agire. Abbiamo una ultima finestra di opportunità » . Proprio ieri il Fondo monetario internazionale stimava che l’economia americana crescerà nel 2024 il doppio rispetto alle economie degli altri partner del G7.
La relazione di 150 pagine porta sul futuro del mercato unico, il pilastro su cui poggia l’intera Unione europea, ma che rimane troppo frammentato, se non addirittura assente in alcuni settori, come quello finanziario. Il rapporto, il terzo sul tema in 15 anni, si vuole « ambizioso, ma realista » , ha detto Enrico Letta a Bruxelles, prima dell’inizio di una due- giorni di vertice europeo, durante la quale i Ventisette discuteranno tra le altre cose di competitività economica e di unione finanziaria.
Spiegava sempre ieri il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: « Sta emergendo tra i Ventisette un certo consenso su due aspetti: la necessità di rafforzare la competitività dell’economia e al tempo stesso di creare una Europa della difesa. Il punto è come finanziare questi due progetti. Tre le piste: l’unione finanziaria, il debito in comune, il rafforzamento della Banca europea per gli investimenti » . Una prima risposta giunge dalla relazione preparata da Enrico Letta.
Pur di mettere a frutto il risparmio europeo, in tutto 33mila miliardi di euro, il rapporto propone tra le altre cose di lanciare strumenti di risparmio europei; di creare un mercato azionario tutto dedicato alle imprese più innovative; di rafforzare il ruolo dell’autorità europea di vigilanza dei mercati finanziari ( ESMA); di riunire sotto uno stesso tetto le diverse emissioni di debito europeo ( del valore, ad oggi, di 1.000 miliardi di euro) in modo da creare un primo embrione di safe- asset comunitario.
Naturalmente la relazione tocca altri fronti. Tre mercati sono rimasti nazionali: quello delle telecomunicazioni, dell’energia e della difesa. Si legge nella relazione: « Un operatore telecom europeo serve mediamente 5 milioni di abbonati rispetto ai 107 milioni degli Stati Uniti e ai 467 milioni della Cina » . Sul versante energetico, la relazione sottolinea l’urgenza di nuove interconnessioni. Sul fronte della difesa, il 78% delle armi inviate in Ucraina è stato acquistato fuori dai confini europei.
Nell’ottica di una modernizzazione del mercato unico, cruciale è l’unione del risparmio e degli investimenti, per usare l’espressione di Enrico Letta. Non solo perché questa dovrebbe finanziare nuovi ambiziosi progetti, ma perché urta non pochi interessi nazionali. Molti paesi temono una marginalizzazione del loro centro finanziario o di perdere definitivamente il controllo delle loro banche, le quali in fondo sono la cinghia di trasmissione tra il mondo politico e l’economia reale.
Da Milano ricordava ieri Daniel Gros, il direttore dell’Institute for European Policymaking dell’Università Bocconi: « I paesi vogliono avere l’ultima parola sulle loro banche » . L’argomento sarà discusso oggi dai capi di Stato e di governo. Tra i diplomatici c’è la speranza di una prima, preliminare intesa: « Il tema – spiegava uno di loro – è talmente cruciale che per i leader è una Chefsache, una questione per i capi, pronti eventualmente a rivedere la posizione più protezionista dei loro ministri delle Finanze » .