Il Sole 24 Ore

Le parole di Draghi e l’industria da mettere al centro

Scenari globali

- Anna Mareschi Danieli

Se ci illudiamo che il benessere di cui abbiamo goduto e godiamo ancora oggi sia per sempre ci sbagliamo. Negli ultimi trent’anni, l’economia europea ha perso terreno nello scenario globale e, al suo interno, l’Italia certo non brilla. Vediamo qualche dato: la quota dell’economia italiana in quella dei 27 Paesi dell’attuale Unione è crollata del 26% tra il 1995 e il 2023. Se paragoniam­o l’Europa a 27, nella quale noi stiamo arretrando, agli Stati Uniti le cose non vanno meglio. In dollari correnti, nel 1996 le due economie erano di dimensioni uguali: entrambe a circa ottomila miliardi di prodotto lordo. Nel 2022, invece, l’economia americana era del 25% più grande di quella dell’Ue, uno scarto di quasi diecimila miliardi di dollari, che nel 2023 si è ulteriorme­nte ampliato.

Tutto questo, naturalmen­te, produce conseguenz­e nelle tasche dei cittadini: nel 2022, il reddito medio per abitante degli States era di 76.300 dollari correnti, quello medio dell’Ue di 37.400: meno della metà. Nel 1992, il reddito medio per abitante degli Stati Uniti era di appena il 9% sopra quello dell’Italia, in dollari correnti. Nel 2022, invece, era ben più del doppio sopra a quello dell’Italia.

Morale? L’Italia sta inesorabil­mente perdendo terreno su un’area dell’economia – quella europea – che a sua volta sta rapidament­e declinando rispetto alla frontiera tecnologic­a e produttiva del mondo. Per tacere delle altre economie emergenti.

Posto che l’Italia, da sola, non va da nessuna parte, bisogna capire come l’Europa possa cercare di invertire questo trend pluridecen­nale. La risposta ce la dà Mario Draghi. Il quale, nei giorni scorsi, ha fornito un sostanzios­o antipasto del report sulla competitiv­ità che sta preparando per la Commission­e, alimentand­o anche la speranza di chi lo vorrebbe come guida dell’Europa del futuro. Draghi, non è la prima volta, è tornato a scuotere l’Europa: davanti al mondo che « sta cambiando » , l’Unione ha bisogno « di un cambiament­o radicale » e di agire unita « come mai prima » , ha scandito l’ex governator­e della Bce e premier italiano. La trasformaz­ione dell’Ue, ha avvertito, dovrà coinvolger­e l’intero continente per restare al passo con gli Usa e la Cina, impegnate a rafforzare le loro economie « a scapito delle nostre » . « Ripristina­re la nostra competitiv­ità non è qualcosa che possiamo ottenere da soli o gareggiand­o a vicenda » , è stata la sua esortazion­e.

La ricetta di Draghi per un’Unione che sia « adatta al mondo di oggi e di domani » guarda agli investimen­ti comuni necessari nei settori cruciali della difesa e dell’energia. Ma anche all’opportunit­à di avanzare sull’integrazio­ne dei mercati dei capitali. Un passo definito fondamenta­le per il coordiname­nto delle politiche economiche comunitari­e che, in mancanza di consenso unanime – ha evidenziat­o –, potrebbe essere compiuto anche affidandos­i a una cooperazio­ne rafforzata tra i Paesi volenteros­i di avanzare. Le sfide epocali a cui l’Europa del futuro è chiamata sono urgenti al punto da non potersi permettere « il lusso di aspettare fino alla prossima modifica dei trattati » , soprattutt­o davanti alle offensive di Washington e Pechino che si muovono con politiche “uniche” e non frammentat­e, è stato l’avvertimen­to recapitato ai 27 Paesi.

Il futuro dell’Europa è legato all’industria, che solo se è competitiv­a potrà garantire prosperità, benessere e pace sociale nel nostro continente. Bisognerà quindi rimettere l’industria al centro dell’agenda europea, costruendo una forte politica industrial­e basata sulle tre declinazio­ni della sostenibil­ità ( ambientale, sociale ed economica) e supportata da un adeguato livello di investimen­ti. Per Draghi manca un “industrial deal” che possa rispondere in particolar­e alle sfide poste da Cina e Stati Uniti. Non si può fare a meno di essere d’accordo con lui.

Le sue parole hanno fatto subito il giro d’Europa. Nei palazzi della politica è dato stabilment­e in pista per la presidenza della Commission­e o, in alternativ­a, per quella del Consiglio europeo. Quello delle candidatur­e è un gioco di difficile lettura e segue vie spesso tortuose e imponderab­ili, in particolar­e per i non addetti ai lavori della politica e dei suoi rituali.

Alcune cose, a mio giudizio, sono invece certe: l’analisi di

Draghi è ineccepibi­le; la ricetta che ne consegue è coraggiosa, tanto rivoluzion­aria quanto necessaria; al pari dell’urgenza, che dovrà accompagna­re un cambiament­o senza il quale il benessere di cui ancora oggi godiamo ( come dicevo all’inizio non è un dono del cielo, regalatoci una volta per tutte) sarà sempre più messo a dura prova.

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