Ict in Emilia- Romagna: chimica e plastica leader per investimenti
Il mercato del digitale in Emilia- Romagna vale 6 miliardi, crescerà da qui al 2025 di oltre il 4% l’anno - anche se il Pil arranca attorno all’ 1% - e vede protagoniste 13mila imprese Ict con 52mila addetti, minacciate da quella che è anche la loro innata forza: l’estrema polverizzazione sul territorio ( la media è di 4 addetti a impresa Ict e ci sono appena 18 “big” che fatturano più di 50 milioni di euro), sinonimo di servizi di prossimità tagliati a misura delle aziende clienti ma anche di scarsa capacità di innovazione e di attrazione di talenti. E ci sono 500 tra start up e Pmi innovative dell’Ict, ma crescono al ralenti.
Sono i numeri chiave del primo rapporto “Il digitale in Emilia- Romagna 2024”, realizzato da Anitec- Assinform e Confindustria Emilia-Romagna, in collaborazione con Netconsulting cube, Cineca, Infocamere e Regione, presentato ieri mattina alla Bologna Business School.
Si tratta del terzo report regionale, dopo quelli declinati su Lazio e Puglia, « e per far intuire la ricchezza del mercato digitale in questa regione basta dire che questo rapporto è di 132 pagine contro le 4050 dei precedenti due » , spiega Giancarlo Capitani, presidente Netconsulting cube, entrando nel vivo dei dati: dopo la sbornia del Covid a crescere non è la domanda di dispositivi e sistemi bensì di software e soluzioni Ict (+ 5,7%) e servizi (+ 8,3), trainata dalle imprese e, ancor più, dalle pubbliche amministrazioni, la cui “fame” di digitalizzazione si stima correrà a un ritmo superiore al 10% l’anno. Sulla via Emilia addetti e imprese sono più digitali della media nazionale e gli investimenti sono orientati su cybersecurity, Erp, Cloud, Crm, con attese enormi sull’intelligenza artificiale da qui al 2027 ( si prevede un + 33% l’anno). « Lavoriamo in una regione dove convergono straordinari fattori di accelerazione, la data valley con il supercomputer Leonardo, istituzioni con alte competenze che hanno liberato ingenti risorse per la trasformazione digitale. Ora bisogna stimolare dal basso le imprese e le competenze, a partire dalla formazione digitale fin dai banchi di scuola e dalle professionalità, il vero gap alla digitalizzazione » , sottolinea Annalisa Sassi, presidente di Confindustria Emilia- Romagna. Che ha condotto una survey su 379 imprese associate fruitrici di servizi Ict da cui emerge la distanza tra chi ha fatto investimenti digitali negli ultimi due anni nelle grandi aziende ( 100%) rispetto alle piccole realtà ( 69,8%) così come nella chimica- plastica ( 91%) rispetto ad alimentare e meccanica ( 77%).
« Il mercato digitale italiano cresce senza sosta al 2016 al ritmo del 3,5% l’anno e arriverà a 92 miliardi nel 2026 – rimarca il presidente di Anitec-Assinform, Marco Gay –. Ora davanti a noi abbiamo due grandi sfide: la transizione verde, che deve essere la gemella di quella digitale e avanzare seguendo il criterio della neutralità tecnologica, perché solo così il cambiamento industriale creerà benessere e valore aggiunto; e la sfida 5.0, che al centro ha la persona e deve puntare non solo alla piena occupazione ma alla piena occupabilità » .