La lunga primavera demografica dei pet, cresciuti a 65 milioni
I sempre più numerosi animali da compagnia, piccoli e grandi, che vivono nelle nostre case sono al centro di un mercato che, solo per l’alimentazione di cani e gatti, nel 2023 ha superato i tre miliardi di euro
Una popolazione sempre più numerosa e che da alcuni anni, in Italia, ha superato quella degli esseri umani: parliamo dei pet, per usare l’efficace, quasi onomatopeico, termine inglese. Sono gli animali da compagnia o d’affezione che vivono nelle nostre case e che nel 2023 hanno raggiunto i 65 milioni. I dati sono quelli del Rapporto di Assalco ( l’associazione delle aziende di settore) e Zoomark, che qui anticipiamo e che verrà poi presentato ufficialmente l’ 8 maggio, in occasione di Interzoo, la grande fiera biennale di settore che si tiene a Norimberga alternandosi a Zoomark, l’appuntamento di BolognaFiere che tornerà nel 2025.
Cani e gatti sono sicuramente i pet più “visibili”, ma non i più numerosi: nel 2023 erano, rispettivamente 10,2 e 8,8 milioni, entrambi più che doppiati dai pesci ( 29,9 milioni) e superati anche dagli uccelli ( 12,9 milioni). Piccoli mammiferi, come conigli, cavie e criceti, e rettili sono invece 3,2 milioni, ma secondo alcune analisi il numero dei primi è destinato a crescere, anche per la maggiore presenza nelle case dei ratti, che si stanno diffondendo come piccoli pet, essendo morbidissimi animaletti, intelligenti, pulitissimi – contrariamente a quanto forse si pensi – e molto affettuosi. Il motivo della diffusione dei piccoli mammiferi è semplice: si adattano meglio di altri pet agli spazi sempre più ristretti delle nostre case e richiedono un minor impegno economico rispetto ad altri animali per quanto riguarda l’alimentazione, gli accessori e le cure veterinarie di base.
Cani e gatti recuperano il primato su tutti gli altri pet proprio nei dati sull’alimentazione: il mercato di cibi per piccoli felini e cani nel 2023 ha superato per la prima volta i tre miliardi, crescendo del 13,4% rispetto ai 2,653 miliardi del 2022, specifica il Rapporto Assalco- Zoomark, arrivato alla diciassettesima edizione. Anche suddividendo gli alimenti per cani e gatti, le crescite sono a due cifre. I primi valgono il 55,3% del totale e le vendite sono aumentate in valore del 15,7% sul 2022; i secondi valgono il restante 44,7% e le vendite sono salite del 10,7%. Più piccolo in valore ma comunque in espansione, il mercato degli alimenti per piccoli animali, che nel 2023 è salito del 5,8% a 14 milioni. La divisione rispecchia almeno in parte i dati sulle rispettive popolazioni: gli uccelli assorbono il 44,7%, seguiti da roditori ( 34%), pesci ( 10,2%) e tartarughe ( 9,3%), C’è poi, nei dati del rapporto, un ultimo 1,9% attribuito alla categoria “altri animali”, dove potrebbero esserci i citati ratti, ma anche furetti o pet meno conosciuti.
L’impegno economico per chi ha uno o più gatti riguarda inoltre le lettiere, un mercato da 100 milioni (+ 14% sul 2022), che supera quello degli accessori per pet, categoria in cui sono inclusi prodotti per l’igiene, antiparassitari, giochi, guinzagli e cucce, ciotole, gabbie, voliere, acquari, tartarughiere e utensileria varia. Il valore di questo comparto nel 2023 è salito del 6% a 85 milioni.
A fronte di questi numeri, del mercato che generano, e, ancora più importante, del valore sociale degli animali da compagnia ( si veda anche l’articolo in altra pagina sulla pet therapy), appare sempre più urgente una discussione seria sulla riduzione dell’Iva che si applica agli alimenti per cani e gatti e alle loro cure, attualmente al 22%. La richiesta di un fisco più equo per gli animali da compagnia è stata sostenuta in modo corale da associazioni animaliste e dei consumatori, dalle principali associazioni veterinarie nonché dal mondo industriale e appare ancora più urgente in questa congiuntura economica, che ha comportato per numerose famiglie la necessità di prestare molta attenzione alle spese. L’inflazione sta rallentando. ma nei mesi passati ha colpito anche il settore dei prodotti per animali da compagnia con l’aumento del costo delle materie prime e dei costi della produzione. Va ricordato che l’aliquota Iva del 22% è usualmente attribuita a prodotti e servizi non essenziali: applicarla a pet food e visite veterinarie equivale a considerarli un lusso e ovviamente non è questa la realtà. La richiesta è di ridurre l’Iva dal 22% al 10%, peraltro in linea con la normativa europea, che include i prodotti alimentari per animali tra quelli ai quali è possibile applicare le aliquote agevolate. In Germania, ad esempio, in considerazione della quotidianità d’utilizzo del pet food, viene applicata un’aliquota ridotta del 7%: significa che noi italiani, per gli stessi prodotti, paghiamo un’imposta sul valore aggiunto tre volte superiore ai tedeschi. Oltre a essere una misura di equità fiscale, la riduzione dell’Iva sugli alimenti per cani e gatti e sulle prestazioni veterinarie potrebbe influire sul numero di abbandoni e cessioni, un atto che resta deprecabile, ma che a volte è causato da motivazioni economiche.
A proposito di abbandoni e visto che si avvicina la stagione delle vacanze, ricordiamo un dato positivo: l’Italia è tra i Paesi europei più pet friendly. Per molti motivi: crescono a doppia cifra le strutture alberghiere che accettano piccoli animali e lo stesso vale per un fatto che noi diamo per scontato, la possibilità di portare i cani al ristorante. Molto si sta facendo, per migliorare il rapporto tra esseri umani e animali, molto resta da fare. Come dicono gli attivisti americani, don’t be silent, speak up for animals, che potremmo tradurre con: date voce a chi non ce l’ha.
Da anni il segmento di cibi e accessori aumenta a due cifre e appare sempre più urgente la riduzione dell’Iva dal 22% al 10%, in linea con la normativa europea