Ambiente, edifici e cibo: la Nasa si prepara per abitare la Luna
Nel 2026 l’Agenzia Usa raccoglierà dati sulle caratteristiche del satellite e sulla regolite, materiale da sfruttare per le costruzioni
Prosegue, senza troppi clamori, il programma Artemis di Nasa per il ritorno sulla Luna. L’Agenzia spaziale americana ha infatti scelto i primi tre strumenti scientifici che verranno portati al Polo Sud del nostro satellite dagli astronauti della missione Artemis III, nel 2026. Raccoglieranno dati scientifici sulle caratteristiche dell’ambiente lunare, su come si è formato e come è fatto al suo interno il nostro satellite e anche sulle proprietà della regolite lunare, il materiale presente sulla superficie lunare, che si vuole sfruttare per costruire strade, piazzole di atterraggio, edifici residenziali e di lavoro.
Attualmente si sta lavorando alacremente per il lancio, settembre 2025, di Artemis II con il razzo vettore Sls una versione migliorata, e molto criticata, di quello che portò in orbita i vari Space Shuttle per 30 anni, fino al 2011, ma stanno progredendo anche i lanci di prova del gigantesco Starship, di SpaceX che porterà gli astronauti sulla Luna nella terza fase, appunto con Artemis III.
Il programma Artemis, cui partecipa anche l’Italia assieme ad oltre 30 altre nazioni, prevede l’invio di molte missioni per la fine del decennio e nel prossimo, si parla addirittura di un centinaio di lanci con Starship e allunaggi nella parte del Polo Sud scelta dagli Usa e i suoi partner, ma anche dalla Cina con il suo robusto programma spaziale, e questo non va molto genio agli Usa. Questa regione è stata scelta soprattutto per la presenza di acqua, sotto forma di ghiaccio nel fondo dei crateri della zona, ma per il resto c’è parecchio ancora da studiare prima di farci scendere sia robot che umani. Quello che lavorerà sulla Luna sarà infatti un team integrato uomo- macchina e soprattutto all’inizio, l’opera dei robot sarà di fondamentale importanza, dato che, a differenza degli umani, possono opere senza limitazioni perché sono immuni dalle conseguenze dell’esposizione a radiazione e particelle elementari che raggiungono indisturbate il suolo lunare perché lì non c’è uno strato di atmosfera che le assorba.
Lo strumento Lems, Lunar Environment Monitoring Station, è in effetti un insieme di strumenti, una piattaforma compatta che è progettata per effettuare un monitoraggio continuo dell’attività sismica, registra ogni minimo movimento del suolo dovuto a microterremoti. Lems costruirà nel tempo una serie di informazioni su come evolve nel tempo la crosta lunare ed è costruito per funzionare almeno tre mesi ma fino a un massimo di due anni.
Il secondo strumento è il Leaf, Lunar Effects on Agricultural Flora, fondamentale anch’esso, dato che servirà per capire come l’ambiente della superficie lunare può influire sulle colture spaziali. L’obiettivo primario di questo strumento sarà come le piante possono crescere nell’ambiente lunare e come reagiscono all’ incessante azione della radiazione, oltretutto in un ambiente che ha una gravità circa un sesto di quella terrestre. La domanda a cui rispondere è cosa possiamo coltivare sulla Luna per l’alimentazione umana.
Il terzo e ultimo strumento da portare al Polo Sud lunare con i primi astronauti di Artemis III è il Lunar Dielectric Analyser ( Lda), che servirà a misurare come cambia nel corso della giornata lunare la capacità della regolite di propagare un campo elettrico e come cambia questa proprietà anche con la diversa posizione del sole sull’orizzonte lunare. L’informazione che ci fornirà è essenziale per capire se e come si forma brina sulla Luna e anche depositi di ghiaccio.
Nel 2026, data da confermare, avremo quindi di nuovo la possibilità, che manca del 1972, di fare delle misure scientifiche e saranno finalmente eseguite da astronauti in loco, un passaggio importante per lo studio del nostro satellite e per impostare la futura permanenza.
Il programma Artemis farà sbarcare sulla Luna, proprio con la terza missione di cui parliamo, un’astronauta donna e uno di colore, quasi a risarcire l’America per l’eccesso maschile del programma Apollo degli anni 70 del secolo scorso. La novità è che il terzo a scendere sarà il primo astronauta non americano e proprio in questi giorni la Nasa ha annunciato che sarà un giapponese. È evidente che si vuole spostare l’asse della space economy sul Pacifico e dare al tempo stesso un segnale al più pericoloso dei concorrenti: la Cina.
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STRUMENTI
Una piattaforma compatta è stata progettata per monitorare l’attività sismica
ARTEMIS
Con la terza missione sbarcherà un’astronauta donna e uno di colore: il terzo sarà un giapponese