Trasparenza e sinergia per spingere la solidarietà
Valorizzare lo strumento dell’intermediazione può alleggerire la burocrazia
La diffusione della cultura del dono e della solidarietà passa dal ruolo imprescindibile che, in questo scenario, hanno gli enti filantropici. Un parterre che, negli ultimi anni ( e anche grazie al riconoscimento giuridico arrivato con la riforma del Terzo settore), si è diversificato accogliendo realtà diverse ma unite da un obiettivo: raccogliere ed erogare risorse e competenze per sviluppare progetti e attività finalizzati al bene comune. Tramite lasciti o fondazioni. Una direzione che, da qualche tempo, attira sempre più cittadini, imprese ed enti pubblici.
« In Italia, negli ultimi anni, la filantropia sta prendendo sempre più piede piede perché cresce il desiderio di doperché cresce il desideri odi donare. Si è capito che fare filantropia non è privarsi di qualcosa per darla a qualcun alt roma è un’ azione sistemica. Partire Partire da un’ intenzione persoda un’ intenzione personale per partecipare al bene comune », spiega Nicola Corti, consigliere delegatole gato di Fondazione Italia per il dono di Fondazione Italia per il dono ente filantropicoente filantropico (( F. I. Do ).« Nel nostro Paese, a livello di storia, il panorama degli enti filantropici è particolarmente variegato: cisonole ci sono le fon daziofon dazionidi origine bancaria, che nascono dal mondo delle casse di risparmio, sono un unicum a livello mondiale e hanno ed erogano patrimoni notevoli. E poi ci sono anche fondazioni con una storia più giovane, corporate, private, familiari, che crescono e si sviluppano in una logica di filantropia strategica » . Mondi che, spesso, si trovano trovano a lavorare insieme nell’ otticaa lavorare insieme nell’ottica di una collaborazione che, dalfarerete, trae input pro attivi per fare la differenza. Eppure resta impattante il problema della burocrazia, che si frappone tra volontà e oneri. « Paradossalmente, donare a volte diventa un unproblema. problema. Elafilantropia non nonpuò può e non deve essere una prerogativa esclusiva dell’ imprenditoreesclusiva dell’ im prenditore facoltoso facoltoso o dell’azienda multimilionaria. Deve essere accessibile a tutti » . Nodo che, per Corti, potrebbe essere sciolto valorizzandolo strumento dell’intermediazione filantropica.
« La gente vuole donare ma senza complicazioni, far bene le cose ma in modo snello e purtroppo i cavilli burocratici rallentano tutto perché crearsi una fondazione non è una passeggiata. A livello di investimento, di tempo, formazione del team e formazione del team e gesti ogestione », aggiunge .« Per dare il proprio contributo ci si può appoggiare a un intermediario, come F. I. Do, crearsi un un fondo e avere un servizio dif ondafondo e avere un servizio di fondazione out sourc in g ginntempoz eroe a costo zero per l’apertura e con una trattenuta del 2% sulle donazioni per i costi amministrativi, decidendo su quale progetto investire e quanto investire. I soldi entrano per uscire nel rispetto della volontà di chi dona » .
Nella check list degli enti filantropici prioritaria resta la tutela della trasparenza, a partire da una comunicazione accurata dei bilanci di missione. E la necessità di lavorare in sinergia con le istituzioni. « Il riconoscimento giuridico ha un valore ma ci sono cose da migliorare. Ad esempio, sul tema degli investimenti: oggi l’ente filantropico è paragonato a una persona privata e sugli investimenti paga il 26% di tassazione. Se si abbassasse, invoglierebbe i donatori a dedicare risorse per investirle, sostenere più progetti e aumentare le masse donative » . E per il futuro? Puntare sui giovani potrebbe essere vincente: « Formare i filantropi del domani, aprendo le governance degli enti filantropici ai ragazzi » , conclude Corti « ed educandoli sul tema, magari inserendo corsi ad hoc negli indirizzi universitari » .