L’interesse generale giustifica il passaggio in esenzione d’imposta
Il Registro unico facilita l’individuazione dei potenziali beneficiari
La destinazione mortis causa di patrimoni per finalità di interesse generale come strumento di sensibilità civica e filantropica. Con la riforma del Terzo settore si sono poste le basi per candidare gli enti iscritti nel Registro unico nazionale a ricevere una parte del patrimonio privato destinato a succedere senza eredi ( si veda l’articolo a sinistra).
Anzitutto, vi è il peculiare regime di trasparenza che caratterizza gli enti del Terzo settore in grado di ricevere lasciti e di assicurarne una gestione nell’interesse generale individuato dal disponente.
In questo scenario la piena operatività del Registro unico nazionale e la possibilità di accedere alle informazioni contenute permette già oggi di selezionare per territorio o per specifica attività gli enti del Terzo settore che meglio di altri sono in grado di rendersi destinatari delle liberalità o dei lasciti per finalità sociale.
Il sostegno per orientare le disposizioni liberali, mortis causa o inter vivos, viene anche dal Fisco: la riforma del Terzo settore, rispetto al passato ( articolo 3 del Testo unico delle successioni), ha di fatto espanso l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, ipotecaria e catastale, a una platea più ampia di enti che perseguono attività di interesse generale ( articolo 82 del Codice del terzo settore).
In tal modo, le persone oggi possono individuare più facilmente un ente che persegue una missione che si ritiene meritevole, nella consapevolezza che la porterà avanti anche oltre il tempo naturale, il tutto senza aggravio fiscale.
Senza considerare che i lasciti possono costituire una valida alternativa ai tradizionali strumenti come le fondazioni di famiglia.
I frutti della riforma, a ben vedere, stanno già maturando: si registra una diffusa tendenza a donare in vita con particolare attenzione verso gli enti impegnati nelle attività solidali a favore della collettività. Non solo: anche nelle disposizioni testamentarie è stato registrato un incremento di lasciti mortis causa in favore degli enti del Terzo settore.
Un punto critico, tuttavia, è che solo una minima parte degli italiani, uno su dieci circa, redige testamento e, a causa di ciò, il sistema di fatto esclude gli enti del Terzo settore dalla possibilità di raggiungere la grande maggioranza della ricchezza trasferita a causa morte.
In assenza di testamento, la legge prevede che ereditano tutto i parenti, in successione fino al sesto grado e, se non vi sono, lo Stato. Perciò, ad esempio, accade che alla morte di una persona ( che in media non redige testamento), tutto vada allo sco
La legge sul « Dopo di noi » è una misura che attenua gli effetti devianti delle « non scelte »
nosciuto nipote di un lontano cugino, anziché a un ente del Terzo settore che si conosce, di cui si condivide la missione e che magari è stato importante in vita, ad esempio perché impegnato nella ricerca contro la malattia che si è rivelata fatale.
In realtà il legislatore sta già cercando di evitare simili effetti devianti dovuti alle “non scelte” dei cittadini, ad esempio creando strumenti che accompagnano il passaggio generazionale per tutelare i soggetti deboli ( come la legge su « Dopo di Noi » ) .
Nella stessa prospettiva, ferma restando la necessità di sensibilizzare le persone sull’importanza del testamento, si potrebbe intervenire anche attraverso modalità che possano favorire il trasferimento della ricchezza in favore del Terzo settore: lo Stato, come accennato, in assenza di testamento e di parenti acquisisce l’eredità vacante.
In questo scenario la destinazione di tali beni con preferenza agli enti del Terzo settore, anche attraverso la costituzione ad hoc di un fondo dedicato, potrebbe rappresentare un segnale importante per indirizzare i patrimoni verso il bene comune.