Il Sole 24 Ore

Nel Tamil Nadu il premier gioca la sfida decisiva

Lo Stato è il più importante dove si vota oggi e dove il partito Bjp non ha mai vinto

- Marco Masciaga Dal nostro inviato

Nel Sud Est dell’India, il Tamil Nadu è un modello d’industrial­izzazione e sviluppo di successo

Dalle sue fabbriche escono gli iPhone 15s e le Bmw Serie 7, simbolo della crescita arrembante

Quando lo scorso maggio il primo ministro indiano Narendra Modi ha inaugurato la nuova mastodonti­ca sede del Parlamento indiano, la cerimonia è curiosamen­te ruotata intorno a un sengol, uno scettro donato nel 1947 da un monastero induista del Tamil Nadu a Jawaharlal Nehru, il primo capo di governo dell’India indipenden­te.

L’oggetto languiva da decenni in un piccolo museo di provincia, dove la vetrinetta in cui veniva conservato lo presentava, nientemeno, come un “Bastone da passeggio”. Va da sé che in una riscoperta così repentina e bizzarra non poteva esserci nulla di casuale. Più che gettare un ponte tra presente e passato, il sengol serviva ad aprire il fronte più delicato e ambizioso della campagna elettorale.

È infatti in Tamil Nadu, uno Stato nel sud est dell’India, che si gioca la più complessa delle partite del primo dei sette turni in cui sono state scaglionat­e le elezioni politiche. In parte perché la posta in palio, 39 seggi, è di quelle che può fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta o, secondo i sondaggist­i, tra una vittoria e un trionfo del Bharatiya Janata Party ( Bjp). In parte perché qui il partito di Modi politicame­nte non ha mai toccato palla: un seggio nel 2014, nessuno nel 2019. Se davvero il Bjp punta a passare dagli attuali 303 a 370 parlamenta­ri e diventare un vero partito nazionale, la strada dovrà necessaria­mente passare dal Sud dell’India, quel pezzo di Subcontine­nte più ricco, moderno e istruito che ha sempre separato il fervore religioso dalla cosa pubblica e su cui il nazionalis­mo induista di Modi non ha mai veramente fatto presa. Non è un caso che nelle ultime dieci settimane il premier sia sceso in Tamil Nadu ben sette volte.

In India ci sono Stati che hanno eccellenti indicatori sociali, ma in cui nessun imprendito­re sano di mente, potendo scegliere, andrebbe a impiantare uno stabilimen­to. Il Kerala governato dal Communist Party of India ( Marxist) è l’esempio più citato. Di converso ci sono Stati come il Gujarat, guidato per oltre 12 anni proprio da Modi, in cui le grandi imprese godono di ogni possibile agevolazio­ne, ma in cui il tasso di povertà resta ostinatame­nte alto ( 12%) e gli indicatori di sviluppo sembrano essersi scollati dal boom.

Il Tamil Nadu – anche grazie al patrimonio politico del nazionalis­mo dravidiano, un movimento votato alla giustizia sociale e al progresso nato negli Anni 30 del Novecento – da decenni corteggia con successo il capitale finanziari­o senza smettere di coltivare pazienteme­nte quello umano. Dalle sue grandi fabbriche escono gli status symbol dell’India arrembante, come gli iPhone 15s e le Bmw Serie 7, ma la corsa a intercetta­re gli investimen­ti diretti dall’estero non è andata a detrimento dello stato sociale: il tasso di povertà ( 2%) è tra i più bassi del Subcontine­nte.

Se in tutta l’India c’è un posto che può credibilme­nte incarnare la possibilit­à di un futuro non solo più ricco, ma anche meno povero, è questo.

« Il primo tratto distintivo del Tamil Nadu è che a suo tempo ha affrontato la questione castale promuovend­o lo spostament­o della forza lavoro dall’agricoltur­a a forme di impiego più moderne, dove le discrimina­zioni sono venute meno » , spiega M. Vijayabask­ar, uno dei due autori di The Dravidian Model, un saggio ricchissim­o di dati pubblicato dalla Cambridge University Press. « Il secondo aspetto cruciale – prosegue – è stata la mancanza di grandi famiglie imprendito­riali, come quelle appartenen­ti alla comunità dei Marwari e alla casta mercantile dei Bania che hanno storicamen­te dominato il mondo degli affari nel nord ovest dell’India. Durante il periodo coloniale ha iniziato a prendere forma una piccola industria che oggi è cresciuta sino a fare del Tamil Nadu lo Stato indiano con più Pmi e quello in cui sono più diffuse sul territorio » . Al resto ci ha pensato l’attenzione data a educazione e sanità dai due ( pressoché indistingu­ibili) partiti locali di ispirazion­e dravidiana che si alternano al potere dal 1967.

Il risultato è che qui, e più in generale nel Sud, la crescita economica corre e quella demografic­a no. Tutto il contrario di quello che avviene in molti Stati del nord. Oggi l’Uttar Pradesh – che è più popoloso del Brasile, ma più povero dell’Africa sabsaharia­na – riceve dallo Stato centrale più risorse di tutti e cinque gli Stati del sud messi insieme, e nonostante questo continua a perdere terreno in termini di crescita e sviluppo.

Oggi è un problema sociale. Domani, quando verranno ridisegnat­e le circoscriz­ioni elettorali e il peso degli Stati più arretrati e popolosi aumenterà ulteriorme­nte rispetto a quello delle locomotive del Sud, diventerà una bomba politica.

Dietro performanc­e così diverse c’è la qualità, molto diseguale, del ceto politico e, di riflesso, della burocrazia. Ma anche un certo senso di appagament­o delle élite. « Negli ultimi anni – spiega Suresh Babu, direttore del Madras Institute of Developmen­t Studies – a livello nazionale c’è stata la tendenza a concentrar­si sugli ottimi tassi di crescita dell’economia, a detrimento dell’attenzione dedicata al welfare e allo sviluppo: scuola, sanità, transizion­e demografic­a. Tanto che oggi il quadro macroecono­mico non presenta solo indicatori positivi come il tasso di crescita del Pil, lo stato della bilancia dei pagamenti e un mercato in grado di attrarre investimen­ti esteri. Ma anche negativi: l’ 83% dei lavoratori è ancora in nero, i privati esitano a investire, la qualità media di sanità e istruzione resta bassa » . Segno, forse, che il modello che ha avuto così successo in Tamil Nadu è meno esportabil­e e scalabile di quanto sembri.

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