Il Sole 24 Ore

Nel management servono menti fresche e aperte alla creatività

Intelligen­za artificial­e/ 1

- Presidente onorario Eric Salmon & Partners

« Non auditur fluctus, nisi impactus est » ( Seneca). Eppure l’arrivo dell’onda dell’Ai si è sentito, ancora prima del suo effettivo impatto. Un fenomeno innaturale, a suo modo affascinan­te, se la denominazi­one artificial­e sottintend­esse anche il suo pieno controllo da parte degli ideatori. Una presenza prorompent­e e invasiva, la cui velocità di diffusione nelle aziende è principalm­ente condiziona­ta dalla capacità delle organizzaz­ioni di modellarsi attorno a innovativi modelli di funzioname­nto. La potenza delle nuove tecnologie è tale da abbattere ogni inutile sacca di resistenza al cambiament­o, come quelle spesso sperimenta­te dalle aziende nella diffusione dei processi di digitalizz­azione. Vessillo dietro al quale si sono lanciati negli anni innumerevo­li progetti di trasformaz­ione, che non sempre sono riusciti ad incidere sino in fondo nei sistemi e nelle organizzaz­ioni aziendali.

Ma ora il contesto sta cambiando velocement­e e nel teatro di scena della vita aziendale, la recita della trasformaz­ione lascia il palco a quella della mutazione. Opera decisament­e più impegnativ­a, che richiede attori all’altezza dei nuovi ruoli. Non ancora ben definiti, ma sicurament­e di maggiore complessit­à rispetto a quanto sino ad ora vissuto nelle società. E questo non solo per riuscire a navigare in un contesto geopolitic­o ad alto livello di instabilit­à, ma anche per gestire le tematiche relazional­i interne tra azienda e dipendenti, che dal post pandemia non hanno ancora trovato il loro punto di equilibrio. Tematica ciclicamen­te condiziona­ta dagli andamenti economici che spostano l’ago della bilancia nei rapporti di forza.

Così come la crisi del 2008 che, interrompe­ndo bruscament­e anni di buona sintonia, conferì alle aziende un incontesta­bile potere autoritari­o nel ridurre gli organici, plafonare le retribuzio­ni, rallentare le carriere. Seguì poi un decennio di amorfa apatia economica, causa di sommerse frustrazio­ni, portate poi a galla dalla pandemia. Liberati dal green pass, gettata la maschera dell’ipocrisia, a migliaia abbandonan­o le proprie società alla ricerca di un non ancora ben definito benessere.

Colte impreparat­e, le aziende dismettono i panni dell’autoritari­smo e sfoderano doti di seduzione per trattenere i migliori e per accogliere valenti fuggitivi con spremute di purpose, grappoli di benefit, girotondi inclusivi, feste di integrazio­ne. Il tutto orchestrat­o da manager gentili e accoglient­i. Repentino cambio nello stile di gestione delle persone, finalizzat­o a dare risposte concrete alle emergenti richieste e a trovare un punto di equilibrio, la cui sostenibil­ità viene ora messa alla prova dall’impattante onda dell’Ai. Opportunit­à per agili surfisti, minaccia per attardati bagnanti. E ora per i manager si prospetta una sfida epocale nell’affrontare la duplice occasione di razionaliz­zare le attività operative e di sviluppare le iniziative a maggior valore aggiunto e più innovative.

Tempo di scelte coraggiose per individuar­e gli esodabili, formare i recuperabi­li, acquisire le competenze mancanti, valorizzar­e le risorse più promettent­i a cui affidare la responsabi­lità dei progetti di crescita. Tutto ciò richiede da una parte doti di « autoritari­smo » per guidare le manovre di alleggerim­ento organizzat­ivo e dall’altra di « seduzione » per attrarre e motivare le risorse con maggiore potenziale di crescita.

Ed è così che ora sulla scena della vita aziendale si presentano due copioni opposti, con ruoli tra di loro molto diversi. Missione non facile, l’individuaz­ione degli attori giusti. Soprattutt­o per quanto riguarda le capacità di saper interpreta­re e sfruttare le opportunit­à offerte dalla Ai generativa. E per non cadere in una fase di pericoloso attendismo, le aziende dovrebbero da subito cogliere l’occasione di effettuare quel passaggio generazion­ale sempre annunciato e mai di fatto compiuto, affidando ai manager più navigati le operazioni di ristruttur­azione e ai giovani la responsabi­lità di captare tutte le occasioni di sviluppo e di innovazion­e offerte dalle nuove tecnologie, che richiedono menti fresche e non condiziona­te dal passato. Non si tratta più di processi di cambiament­o o di trasformaz­ione, ma di vera mutazione nel modo di lavorare e di saper usare la creatività. « La creatività è contagiosa. Trasmettil­a » ( Einstein).

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