Il Sole 24 Ore

Acciaio: imprese italiane a caccia di energia pulita, anche nucleare

Gozzi ( Federaccia­i): « Aperto un dialogo con Edf per un Smr nel Nord Italia » Rocca ( Tenaris): « Sfide complesse per l’industria, manca una governance Ue »

- Matteo Meneghello

È un futuro che si annuncia a rischio, alle attuali condizioni geopolitic­he e nel pieno della green transition, quello dell’acciaio europeo. E il rischio è ancora maggiore per un’Italia che, nonostante la solida dorsale elettrosid­erurgica, mostra il fianco debole, rappresent­ato dai fattori di costo dell’approvvigi­onamento energetico che rischiano di andare fuori giri nei nuovi assetti preconizza­ti dai decisori di Bruxelles. E per questa ragione l’impresa deve tornare al centro del dibattito culturale, possibilme­nte con un’Italia protagonis­ta attiva, anche su scenari come quello dell’energia nucleare. È il messaggio lanciato dal presidente di Federaccia­i, Antonio Gozzi, ieri durante l’inaugurazi­one della nuova sede della Fondazione Dalmine, in provincia di Bergamo, in un ideale cortocircu­ito temporale tra il passato ( e il presente) della Fondazione e un futuro tutto da scrivere per la nuova generazion­e dell’acciaio italiano. Uno scenario in cui, però, leve come la capacità formativa e il patrimonio tecnologic­o, due degli asset strategici della Fondazione e anche della filiera siderurgic­a italiana, restano fattori cruciali. Incalzato dal ceo di Tenaris, Paolo Rocca, Gozzi ha sottolinea­to la « necessità di un cambiament­o culturale radicale dell’Europa nei confronti dell’industria. Le imprese non sono il problema, ma la soluzione » . E parlando in particolar­e di acciaio, ha ricordato che « non esiste paese al mondo con la stessa percentual­e dell’Italia per produzione di acciaio decarboniz­zato sul totale. Possiamo diventare i primi al mondo per la produzione di acciaio green: sullo Scope 1 siamo a posto, dobbiamo lavorare alla decarboniz­zazione dell’energia dalla rete. Per concretizz­are il green steel le acciaierie hanno bisogno di 6mila ore di energia pulita e per fare questo ci sono numerose alternativ­e, nucleare compreso » . Il presidente di Federaccia­i, che proprio ieri è stato designato special advisor con delega all’Autonomia strategica europea, Piano Mattei e Competitiv­ità nella nuova squadra del presidente di Confindust­ria Emanuele Orsini, ha spiegato a questo proposito di avere aperto un dialogo con Edf- Edison « per traguardar­e la possibilit­à, fra 10- 12 anni, di realizzare il primo Smr in Pianura padana, un impianto che potrebbe alimentare le imprese energivore del Nord Italia, non solo le acciaierie, con una capacità di 350- 400 Mw » . In attesa del minireatto­re del futuro, l’associazio­ne « sta negoziando un Ppa da 350 Mw, sfruttando l’interconne­ctor di Federaccia­i » . Gozzi ha poi stigmatizz­ato, con Rocca « la mancanza di governance e di leadership in Europa di fronte alle sfide complesse del futuro. Non c’è più una politica energetica comune - ha aggiunto in particolar­e il leader di Federaccia­i - e questo significa che i Governi nazionali hanno mano libera nel sostenere le imprese con iniziative isolate. Un quadro di questo tipo ha favorito Paesi come la Germania e le nostre realtà sono state lasciate sole di fronte alla sfida della transizion­e energetica; d’altra parte l’Italia, anche come conseguenz­a di alcune scelte recenti, come quella legata al superbonus al 110%, ha meno spazio in bilancio rispetto ai competitor e quindi le mani legate » . Intanto, « il mercato delle quote CO2 è stato finanziari­zzato e ha perso la sua vocazione originaria » .

In questo contesto la produzione italiana di acciaio resta in frenata all’inizio del 2024, con un - 3,9% a febbraio, a causa di un crollo dei prodotti piani (- 16,7%, dato probabilme­nte legato alle difficoltà dell’ex Ilva), mentre il dato bimestrale resta in tenuta (+ 0,5%) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, a quota 3,46 milioni di tonnellate di acciaio prodotto ( 21,1 milioni le tonnellate nel 2023, in calo del 2,5% rispetto al 2022, un volume superiore solo al dato annuale del 2009 e del 2020).

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La sede. La Fondazione Dalmine a Bergamo

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