Acciaio: imprese italiane a caccia di energia pulita, anche nucleare
Gozzi ( Federacciai): « Aperto un dialogo con Edf per un Smr nel Nord Italia » Rocca ( Tenaris): « Sfide complesse per l’industria, manca una governance Ue »
È un futuro che si annuncia a rischio, alle attuali condizioni geopolitiche e nel pieno della green transition, quello dell’acciaio europeo. E il rischio è ancora maggiore per un’Italia che, nonostante la solida dorsale elettrosiderurgica, mostra il fianco debole, rappresentato dai fattori di costo dell’approvvigionamento energetico che rischiano di andare fuori giri nei nuovi assetti preconizzati dai decisori di Bruxelles. E per questa ragione l’impresa deve tornare al centro del dibattito culturale, possibilmente con un’Italia protagonista attiva, anche su scenari come quello dell’energia nucleare. È il messaggio lanciato dal presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, ieri durante l’inaugurazione della nuova sede della Fondazione Dalmine, in provincia di Bergamo, in un ideale cortocircuito temporale tra il passato ( e il presente) della Fondazione e un futuro tutto da scrivere per la nuova generazione dell’acciaio italiano. Uno scenario in cui, però, leve come la capacità formativa e il patrimonio tecnologico, due degli asset strategici della Fondazione e anche della filiera siderurgica italiana, restano fattori cruciali. Incalzato dal ceo di Tenaris, Paolo Rocca, Gozzi ha sottolineato la « necessità di un cambiamento culturale radicale dell’Europa nei confronti dell’industria. Le imprese non sono il problema, ma la soluzione » . E parlando in particolare di acciaio, ha ricordato che « non esiste paese al mondo con la stessa percentuale dell’Italia per produzione di acciaio decarbonizzato sul totale. Possiamo diventare i primi al mondo per la produzione di acciaio green: sullo Scope 1 siamo a posto, dobbiamo lavorare alla decarbonizzazione dell’energia dalla rete. Per concretizzare il green steel le acciaierie hanno bisogno di 6mila ore di energia pulita e per fare questo ci sono numerose alternative, nucleare compreso » . Il presidente di Federacciai, che proprio ieri è stato designato special advisor con delega all’Autonomia strategica europea, Piano Mattei e Competitività nella nuova squadra del presidente di Confindustria Emanuele Orsini, ha spiegato a questo proposito di avere aperto un dialogo con Edf- Edison « per traguardare la possibilità, fra 10- 12 anni, di realizzare il primo Smr in Pianura padana, un impianto che potrebbe alimentare le imprese energivore del Nord Italia, non solo le acciaierie, con una capacità di 350- 400 Mw » . In attesa del minireattore del futuro, l’associazione « sta negoziando un Ppa da 350 Mw, sfruttando l’interconnector di Federacciai » . Gozzi ha poi stigmatizzato, con Rocca « la mancanza di governance e di leadership in Europa di fronte alle sfide complesse del futuro. Non c’è più una politica energetica comune - ha aggiunto in particolare il leader di Federacciai - e questo significa che i Governi nazionali hanno mano libera nel sostenere le imprese con iniziative isolate. Un quadro di questo tipo ha favorito Paesi come la Germania e le nostre realtà sono state lasciate sole di fronte alla sfida della transizione energetica; d’altra parte l’Italia, anche come conseguenza di alcune scelte recenti, come quella legata al superbonus al 110%, ha meno spazio in bilancio rispetto ai competitor e quindi le mani legate » . Intanto, « il mercato delle quote CO2 è stato finanziarizzato e ha perso la sua vocazione originaria » .
In questo contesto la produzione italiana di acciaio resta in frenata all’inizio del 2024, con un - 3,9% a febbraio, a causa di un crollo dei prodotti piani (- 16,7%, dato probabilmente legato alle difficoltà dell’ex Ilva), mentre il dato bimestrale resta in tenuta (+ 0,5%) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, a quota 3,46 milioni di tonnellate di acciaio prodotto ( 21,1 milioni le tonnellate nel 2023, in calo del 2,5% rispetto al 2022, un volume superiore solo al dato annuale del 2009 e del 2020).