« Attuare Industria 5.0 o rischiamo il blocco degli investimenti »
Il presidente di Anima e vicepresidente di Confindustria per le politiche industriali e il Made in Italy nella squadra del presidente designato Emanuele Orsini: « Le imprese non possono aspettare »
« Stiamo vivendo un rischio fortissimo: un blocco degli investimenti, essenziali per la competitività dell’Italia. Se il nostro paese è riuscito a centrare il record di quasi 680 miliardi di export l’anno scorso è grazie al rinnovo degli impianti che le nostre aziende hanno realizzato e che ci ha reso più competitivi. Bisogna continuare su questo percorso e rafforzarlo, a maggior ragione in uno scenario geopolitico così incerto e difficile e davanti alla sfida lanciata da Usa e Cina » .
Marco Nocivelli è presidente di Anima, l’associazione di Confindustria che riunisce le imprese della meccanica varia, e avrà il ruolo di vice presidente per le Politiche industriali e Made in Italy nella squadra del presidente designato Emanuele Orsini. « Ritardare il varo del decreto che attua Industria 5.0, bloccare la compensazione dei crediti di imposta per il 2023- 2024, al di là delle considerazioni di merito, è un danno alle imprese e al paese. Un vero e proprio autogol » .
Ad oggi il decreto attuativo per Industria 5.0 non c’è. Ormai abbiamo perso la spinta agli investimenti per il 2024?
Questo rischio indubbiamente è molto concreto. Il Piano 5.0 è stato annunciato molti mesi fa e la quasi totalità degli ordini è ferma in attesa che la misura diventi operativa con l’emanazione del decreto. Lo tocco con mano ascoltando gli associati di Anima e lo dimostrano anche gli ultimi dati di Ucimu. Come Confindustria avevamo chiesto una spinta agli investimenti già con la passata legge di bilancio, ci era stato assicurato che sarebbero arrivati con la rimodulazione del Pnrr. Ma il tempo passa e ancora non si conoscono i tanti aspetti applicativi per poter utilizzare i fondi.
Chi ha intenzione di investire aspetta per avere gli incentivi: un doppio effetto negativo? Sarebbe il caso di spostare la scadenza di Industria 5.0 oltre il 2025?
È chiaro che chi vuole investire sta aspettando di capire come poter accedere agli incentivi e quindi per ora non sta programmando gli investimenti. E questo penalizza la crescita. Abbiamo urgenza che il decreto arrivi, tanto più che è collegato alla scadenza del Pnrr, da completare entro giugno 2026. i tempi sono stretti perché ormai restano solo metà del 2024 e il 2025 per programmare e realizzare gli investimenti. Più che pensare a uno spostamento delle scadenze, l’urgenza ora è partire. Scontiamo già qualche ritardo sul Pnrr e Industria 5.0 è determinante per realizzare le transizioni, ambientale e digitale.
Sono problemi tecnici a rallentare il provvedimento attuativo o in realtà c’è un tema di finanza pubblica?
Il nuovo piano Industria 5.0 è tecnicamente complesso e ci auguriamo che il provvedimento attuativo sia completo e definisca con chiarezza i tanti aspetti applicativi non disciplinati dal decreto Pnrr. È fondamentale che i decreti siano di semplice applicazione perché l’eccesso di vincoli potrebbe di fatto ostacolare l’utilizzo dei fondi del Pnrr. In Italia abbiamo problemi di finanza pubblica, come si è visto anche con l’ultima legge di bilancio. Quindi è sulla crescita che dobbiamo spingere e proprio per questo è importante l’impulso agli investimenti. Stiamo parlando di una misura essenziale per la crescita e la competitività del paese e non possiamo permetterci di impiegare tanto tempo per renderla operativa.
Dagli incentivi sono esclusi i settori energivori: una contraddizione visto che l’obiettivo di Industria 5.0 è favorire l’efficienza energetica?
Nel mettere a punto il decreto c’è stata un’interpretazione restrittiva delle indicazioni europee che va contro il buon senso. Sono esclusi i due terzi dei consumi della meccanica italiana. Davvero una scelta di cui fatico a capire il senso.
C’è il vincolo ad acquistare pannelli fotovoltaici da produttori Ue. Questo, unito ai tempi stretti, può causare problemi di offerta?
Si possono verificare un insieme di circostanze negative: scarsa offerta, aumento dei prezzi, mancate consegne. Con la conseguenza di ridurre e ritardare gli investimenti. Sarebbe opportuno offrire la possibilità alle imprese di rivolgersi anche ad altri produttori, magari con diversi gradi di incentivi, modificando i coefficienti. Questo limite così netto è un’esigenza non coerente con gli obiettivi del provvedimento.
Industria 5.0 e incentivi della Zes non sono cumulabili: bisognerebbe riflettere anche su questo vincolo?
Sappiamo che gli aiuti non devono superare una determinata soglia. Ma la totale incompatibilità tra i due strumenti vuol dire lasciare indietro il Mezzogiorno, un’area del paese che ha assolutamente bisogno di crescere e di essere spinta verso le transizioni.
Su Transizione 4.0 il governo ha fatto marcia indietro, bloccando la compensazione dei crediti d’imposta per il 2023- 2024. Un impatto notevole sulla liquidità delle imprese?
L’obiettivo di questo provvedimento è controllare la spesa pubblica e siamo per primi noi imprenditori a riconoscerne l’importanza, ma intervenire in corsa senza avere già predisposto una soluzione crea un grave danno alle imprese: le imprese si sono trovate all’improvviso con una norma retroattiva e di fatto non applicabile, dal momento che manca la piattaforma per comunicare, come viene chiesto, l’ammontare complessivo degli investimenti che si vogliono realizzare. Un cambio di rotta annunciato pochi giorni prima della dichiarazione fiscale. Si rischia di minare ulteriormente la credibilità dello Stato. Non siamo ovviamente d’accordo sulla retroattività e sui contenuti di questo provvedimento e a questo punto crediamo sia necessario risolvere in fretta gli aspetti tecnici.
L’Italia è cresciuta più degli altri paesi, ma siamo comunque tra lo 0,9 e l’ 1,1%. La spinta agli investimenti è essenziale?
Lo è ed è dimostrato dai fatti. Quando ci sono stati a disposizione strumenti come Industria 4.0, incentivi alla ricerca e sviluppo, l’industria italiana ha dimostrato di avere la forza e la voglia di coglierli. Abbiamo rinnovato il parco produttivo, siamo diventati più competitivi. Lo dimostrano i dati dell’export e appunto la crescita. Bisogna assolutamente stringere i tempi se non vogliamo perdere questo 2024. Attivare gli investimenti, una volta determinate le regole, ha bisogno come minimo di qualche mese di tempo e ne abbiamo già perso troppo.
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