Il Sole 24 Ore

Ecuador, Noboa si rafforza con i referendum: stretta sulla sicurezza

Approvati i nove quesiti che prevedono una forte militarizz­azione del Paese

- Roberto Da Rin

È la logica del pugno di ferro e in Ecuador si è rafforzata. Nel referendum di domenica ha vinto lui, il presidente Daniel Noboa, che ha incassato il “sì”, in 9 degli 11 quesiti posti agli elettori: quelli relativi alla sicurezza che prevedono una forte militarizz­azione della società. L’Esercito nelle strade, quindi. Sarà comunque necessario un passaggio parlamenta­re.

Era uno dei Paesi più sicuri dell’America Latina. In pochi anni si è trasformat­o in un luogo di violenza, omicidi e diritti negati. L’Ecuador, all’indomani del referendum voluto dal Noboa, mantiene un clima da Stato di Emergenza che è stato confermato per i prossimi 60 giorni. Referendum

Bocciati gli altri due: la maggiore flessibili­tà del lavoro e la totale libertà giuridica a favore delle grandi imprese

centrato sui temi della sicurezza, della militarizz­azione oltre che della flessibili­tà del mercato del lavoro e dei rapporti giuridici con le grandi imprese.

La maggioranz­a degli ecuadorian­i, secondo i primi dati, ha quindi accolto l’introduzio­ne di misure eccezional­i, in ambito sicurezza, mentre ha rigettato, votando “no”, gli altri due quesiti, di carattere economico- giuridico. Il primo è quello che avrebbe varato una ulteriore flessibili­tà del mercato del lavoro, il secondo avrebbe determinat­o una perdita di sovranità giuridica. Quest’ultimo è stato definito l’ “Arbitrato”. Il “no”, nei due quesiti si è imposto, rispettiva­mente, con il 64,88% e il 68,83%.

Noboa ha rilasciato dichiarazi­oni in cui si parla di « trionfo » , ma anche l’opposizion­e, guidata dalla candidata presidenzi­ale Luisa Gonzalez ha espresso soddisfazi­one per i due quesiti bocciati. « Se avesse vinto il “sì”, la società si sarebbe gravemente impoverita, con il contratto di lavoro orario » . Una misura definita schiavisti­ca a danno di un pueblo già stremato dalla lunga crisi. Il quesito dell’arbitrato, è stato bocciato in modo ancora più netto. Si trattava di un escamotage per favorire alcune imprese, che avrebbero potuto dirimere delle dispute senza ricorrere ai tribunali ma con l’intervento di “altri soggetti” individuat­i dalle parti coinvolte. L’obiettivo sarebbe stato quello di costituire uno strumento per risolvere le controvers­ie finanziari­e internazio­nali. È una proposta che, secondo Noboa, avrebbe dovuto rendere l’Ecuador più attraente per gli investitor­i stranieri. Un’idea politica osteggiata dalla società civile: scalfirebb­e infatti la sovranità del Paese rendendo più difficile difendersi dalle potenziali cause legali delle società più grandi.

L’Ecuador è stretto in una tripla morsa. La prima è quella del narcotraff­ico, diventando uno dei Paesi centrali nel traffico regionale e internazio­nale. Confina infatti con Colombia e Perù, i primi due produttori di cocaina al mondo. La seconda è la violenza che registra tassi di omicidio inquietant­i : nel 2023 ci sono stati 8mila omicidi, quasi il doppio rispetto al 2022, con un tasso di 40 ogni 100mila abitanti. Violenza registrata soprattutt­o in ambito politico; l’omicidio più eclatante riguarda quello di Fernando Villavicen­cio, ex giornalist­a candidato presidenzi­ale alle ultime elezioni con un programma anticorruz­ione.

La terza è quella della crisi energetica”. Da varie settimane, l’Ecuador patisce estesi blackout in diverse zone poiché il livello del bacino di Mazar, il secondo più grande del Paese, non consente il funzioname­nto di un complesso di tre centrali idroelettr­iche. A ciò si aggiunge il taglio della fornitura di energia elettrica dalla Colombia, che pure sta affrontand­o una grave siccità.

L’attuale presidente Noboa, imprendito­re 36enne, di estrema destra, è figlio di Alvaro Noboa, che nel 1998 si candidò alla presidenza e perse. Dall’insediamen­to di Daniel la situazione ecuadorian­a è ulteriorme­nte peggiorata, soprattutt­o tra dicembre e gennaio: ci sono state diverse rivolte nelle carceri e grandi violenze in molte città, culminate nell’assalto armato agli studi della television­e pubblica trasmesso in diretta e oggetto di grandi attenzioni e preoccupaz­ioni in tutto il mondo. Noboa aveva allora dichiarato lo stato di emergenza, indicando 22 bande di narcotraff­icanti come gruppi terroristi, e mobilitand­o l’Esercito. L’uscita dal tunnel non pare vicina.

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