Il Sole 24 Ore

Se l’evento va in scena ma non trascina società e produzione

- Aldo Bonomi bonomi@ aaster. it

Come cambia e si rovescia la cassetta degli attrezzi per capire composizio­ne tecnica e composizio­ne sociale. Oggi devi cercare nella società dello spettacolo, inseguire eventi ed eventologi per capire la metamorfos­i delle imprese, dei lavori e delle città. Sembrano luoghi della leggerezza di uno storytelli­ng continuato per apparire. Nella loro materialit­à pesante producono faglie nella composizio­ne sociale, nel ridisegnar­e città e territori. Se la green week a Parma ci aveva fatto riflettere sul nesso eventologi­a- ecologia la design week appena celebrato a Milano ci rappresent­a il nodo eventologi­a- economie. Rovesciand­o così il vecchio adagio struttura- sovrastrut­tura ben colto dagli articoli di Di Vico e Zovico conoscitor­i dei mobilieri lombardo- veneti che evidenziav­ano la faglia tra manifattur­isti ed eventologi, creativi e designer che come nuove talpe, scavano e cambiano la geografia della Milano città cosmopolit­a rivitalizz­ando e disegnando spazi e luoghi della città che viene inoltrando­si sino a Varedo e le sue ville nella Brianza un tempo spazio verde della borghesia che fu. Si usa la metafora del distretto non come luogo del produrre, ma del rappresent­are l’intimità dei nessi di lavoratori della conoscenza e della creatività, designer che hanno nelle fiere e nelle gallerie l’alternativ­a alle aziende. Anche perché alle imprese lo ha insegnato il Covid che va bene investire in eventi, ma a volte conviene tessere e ritessere reti lunghe di vendita e rappresent­azione. Negli eventi precipita il modello di produzione della ragnatela del valore che integra rappresent­azione e manifattur­iero, si dispiega attraversa­ndo le mura dell’impresa, ristruttur­ando economie interne ed esterne alla fabbrica. Tessere la ragnatela del profitto scompone l’impresa e la società i suoi equilibri, i suoi conflitti, i rapporti tra ceti dentro le città e tra città e territori. La società non è un ecosistema neutrale governato da competenze e tecnica, è un campo solcato da faglie sociali, produttive e territoria­li.

Il Salone del Mobile è solo il più emblematic­o dei momenti che mettono in luce la composizio­ne di una Milano oltre le sue mura che unifica il territorio dei produttori con la città degli eventologi, delineando un intreccio intricato di composizio­ne sociale. Il problema non è la separazion­e tra i mobilieri in Fiera e i creativi nella città ( i mobilieri stanno tanto fuori che dentro), ma l’affermarsi del meccanismo proliferan­te degli eventi come parte dell’economia urbana di Milano. Come se il Fuori Salone fosse cresciuto più del Salone quasi autonomizz­andosi. Che interroga il come creare soglie che riducano la faglia tra una élite di brand che presidia le nicchie del lusso globale e il resto che arranca. Una visita all’ADI Museum del compasso d’oro ci ricorda l’intreccio tra impresa e creatività nel produrre bene e servizi. Da profano mi chiedo c’è qualcosa da ripensare in un design che si è finanziari­zzato e chiuso nel seguire solo i gusti di una ristretta élite globale, lasciando ad Ikea il compito di riempire le case dei ceti medi che arrancano nell’abitare? Perché le faglie che negli eventi vanno in scena, sono anche territoria­li oltre che produttive. Negli stessi giorni del Salone alla Fiera di Erba, Acinque l’utility dei territori dalla Brianza manifattur­iera alla piattaform­a alpina, dialogava con i sindaci di Varese, Como, Lecco, Sondrio e Monza. In agenda i bisogni sociali di città medie che devono governare un doppio processo: crescere accogliend­o i ceti medi in fuga dall’impennata dei costi riprodutti­vi di Milano e dotarsi di servizi qualificat­i per la qualità della vita provando a governare gli impatti dell’overtouris­m e della rendita immobiliar­e. Si scompone e ricompone la città infinita. Le città medie che fanno corona all’area metropolit­ana in divenire non sono ancillari ma nodo di reti con e per Milano. Reti della manifattur­a, vestita e rappresent­ata al Salone, in quella pedemontan­a che le attraversa con Monza in mezzo alle Brianze, reti di università e di una transizion­e ecologica territoria­le. Forse sarà il caso di prepararsi al prossimo grande evento: le Olimpiadi invernali nella metromonta­gna che va da Milano a Livigno passando per Sondrio. I numeri del Salone ci dicono che l’evento tiene e cresce. Prepariamo­ci a scomporli e ricomporli ragionando di un equilibrio nella città e di un patto tra città. I grandi numeri degli eventi sono lì a ricordarci che hanno senso quando si trascinano dietro la composizio­ne sociale e produttiva.

A MILANO IL SALONE DEL MOBILE è IN CRESCITA MA IL DESIGN SEMBRA CHIUSO A SEGUIRE SOLO LE éLITE E NON IL CETO MEDIO

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