OCCORRE POTENZIARE LE CHANCE DEGLI STUDI
A30 anni dalla privatizzazione, il Forum della Cassa dottori commercialisti rappresenta un’occasione per fare il punto sullo stato di salute degli enti di previdenza dei liberi professionisti e per sviluppare qualche considerazione sulle prospettive future del comparto dei servizi professionali.
Quando si affronta la tematica previdenziale non si può non tenere conto della necessità di tenere insieme la sostenibilità di lungo periodo con l’adeguatezza delle prestazioni. Preso quindi atto del vincolo sostenibilità/ adeguatezza, occorre individuare la strada da intraprendere
( « Dove vuoi andare? » per dirlo con le parole di Carroll). Questo esercizio non può prescindere dal misurarsi con i bisogni e le esigenze degli iscritti, con un’ottica che dovrebbe saper cogliere, se non anticipare, le continue trasformazioni della nostra società. Attitudine che anche la politica, non al passo nelle risposte, dovrebbe cercare di recuperare. In primo luogo non posso non sottolineare che anche nel comparto delle professioni esiste una questione di genere: sebbene il numero di donne professioniste sia in costante crescita da almeno 20 anni, il gap reddituale rimane assai rilevante, considerando che il reddito medio non supera il 55% di quello degli uomini. Una disuguaglianza che proprio nelle libere professioni assume dimensioni record e che segna perfino un peggioramento rispetto a dieci anni fa. Le pur apprezzabili iniziative intraprese da alcune Casse, tra le quali proprio quella dei dottori commercialisti, nel potenziamento degli strumenti di sostegno alla maternità evidentemente non bastano: occorre garantire alle donne le stesse opportunità e condizioni degli uomini anche nell’esercizio delle professioni.
In secondo luogo ritengo che le Casse debbano occuparsi con sempre maggiore impegno non soltanto delle pensioni dei professionisti, ma anche del loro benessere in costanza di esercizio dell’attività. Se per i lavoratori subordinati tale esigenza ha trovato risposta nella bilateralità e nel rafforzamento delle politiche di welfare aziendale, oggi non può essere un’utopia pensare ad analoghi strumenti per i professionisti, ovviamente costruiti sulle loro peculiarità e accompagnati da una politica di incentivazione fiscale.
Concludo citando quello che a mio avviso rappresenta il maggior freno allo sviluppo delle professioni italiane, ovvero l’eccessiva frammentazione delle attività, concentrate in studi mono professionali. È ineludibile incentivare specializzazioni e aggregazioni, rimuovendo i vincoli, anche di natura previdenziale, che ancora oggi gravano sulle società tra professionisti.