Nornickel sposta un impianto in Cina Potanin: gravi perdite per le sanzioni
Il gigante minerario russo costretto a delocalizzare, primo passo nel rame Le ammissioni dell’oligarca, ceo e azionista di controllo: abbiamo difficoltà crescenti
Non si può dire che stia alzando bandiera bianca. Ma Norilsk Nickel, gigante russo dei metalli, inizia a cedere sotto il peso delle sanzioni. Al punto da avviare una parziale ritirata: alcune attività nel rame saranno delocalizzate in Cina, decisione presa proprio per sfuggire alle difficoltà provocate dalle misure occidentali.
Ad ammettere i motivi del cambio di strategia è stato il ceo e azionista di controllo del gruppo, Vladimir Potanin – oligarca miliardario tuttora considerato vicino al Cremlino – che in un’intervista all’agenzia russa Interfax non ha risparmiato dettagli sugli ostacoli con cui Nornickel ( come qualsiasi altra società russa) oggi deve confrontarsi. Il progetto di trasferire parte della produzione, ha spiegato, « ci permetterà di evitare grandi perdite dovute alle attuali difficoltà nei pagamenti, al rifiuto delle nostre forniture, agli sconti di prezzo sul nostro metallo e all’accumulo di scorte » . Dichiarazioni di una franchezza sorprendente e senza precedenti negli ambienti industriali russi, che confermano come le sanzioni contro Mosca siano tutt’altro che inefficaci.
Nornickel, che pure non è colpita in modo diretto da alcuna misura, ha perso il 20% del fatturato rispetto a prima della guerra in Ucraina. Il costo del debito si è moltiplicato per 3- 4 volte, le transazioni finanziarie – complicate dalla recente stretta Usa – sono rincarate del 5- 7% per la necessità di servirsi di un maggior numero di intermediari, riferisce Potanin. Il gruppo inoltre fatica a rifornirsi di attrezzature e pezzi di ricambio. E non può più avvalersi di tecnologie e know how occidentali, ragione per cui ha dovuto rinviare o cancellare alcuni progetti importanti. Tra questi c’è anche il piano per ridurre le emissioni di anidride solforosa delle attività nell’Artico, che avrebbe portato benefici ambientali all’intero pianeta. Nel lontano 2012 era stato siglato un accordo con Techint per un impianto avveniristico da realizzare a Norilsk, città tra le più inquinate al mondo, ma questo e molti altri progetti successivi sono via via decaduti. Allo stesso modo è naufragato il piano con la tedesca Basf per una fabbrica di batterie in Finlandia, da rifornire con i metalli di Nornickel: Basf ha iniziato a licenziare il personale sul posto, citando difficoltà nell’iter autorizzativo.
Il gruppo russo ora si aggrappa al salvagente cinese, con un primo passo relativo al rame, cui potrebbero seguirne altri. Nornickel è il maggior produttore mondiale di palladio ( con una quota del 40%) e di nickel di Classe 1, quello più puro, apprezzato per le batterie. In Europa continua a vendere, ma sempre meno. E le ultime sanzioni – che dal 13 aprile impediscono la consegna di metalli russi al London Metal Exchange e al Comex – hanno peggiorato la situazione. Ma questa, secondo Potanin, è stata solo la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso: « Anche prima ci confrontavamo con rifiuti da parte dei clienti e la necessità di concedere sconti, come gli altri produttori russi di materie prime » .
D’altra parte l’accesso al Lme era considerato fondamentale da Norilsk: una sorta di scudo ( o di scappatoia) che
Colpo decisivo il divieto le avrebbe permesso di sopravvivere anche a eventuali sanzioni dirette, aveva spiegato Anton Berlin, uno dei massimi dirigenti del gruppo, in un’intervista concessa al Sole 24 Ore nel febbraio 2022, poco prima dell’invasione russa dell’Ucraina.
L’Asia, che pesa già per oltre il 50% del fatturato di Norilsk, diventerà sempre più importante: « La dipendenza cresce man mano che aumenta la pressione delle sanzioni – afferma Potanin – È qualcosa a cui non possiamo sfuggire, ma essere più integrati nell’economia cinese ci può proteggere maggiormente » .
A breve Nornickel inizierà a smantellare la fonderia di rame Nadezhda in Russia e in parallelo conta di realizzare un impianto di dimensioni analoghe in Cina, in joint venture con società locali di cui non ha rivelato il nome. La fonderia dovrebbe essere « costruita entro metà 2027 » e l’obiettivo è rifornirla con 2 milioni di tonnellate l’anno di concentrati estratti nell’Artico da Nornickel, che a questo fine intende ampliare i porti di Dudinka e Murmansk.
Potanin è molto chiaro in proposito: « Stiamo trasferendo i nostri problemi ambientali, i problemi di pagamento, i problemi di accesso al mercato, i problemi relativi alla customizzazione dei prodotti destinati al consumo finale, in questo caso alla Cina, dove saranno risolti in modo più efficiente » .
Nornickel sta già pensando anche a ulteriori delocalizzazioni nella Repubblica popolare. In particolare il ceo ha accennato alla filiera delle batterie, per cui il gruppo potrebbe fornire nickel, cobalto e anche litio » .
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Il gruppo soffre difficoltà e costi crescenti nelle transazioni finanziarie: costretti a dipendere sempre di più dall’Asia
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di consegna dei metalli al Lme, una fonderia chiuderà e sarà sostituita da una jv in Cina