Il Sole 24 Ore

Dal Kenya alla Nigeria balzo dei tassi dopo il boom di collocamen­ti

L’aumento del premio per il rischio chiesto dagli investitor­i internazio­nali mette alle corde i governi e aumentano i timori di default

- Alberto Magnani

Prima la fiammata, ora la paura. Anzi, le paure: da un nuova stretta sul credito all’insostenib­ilità del debito contratto sui mercati, un crinale che potrebbe far ripiombare governi e creditori nello scenario di un braccio di ferro simile a quelli visti dopo i default di Zambia e Ghana.

Il 2024 si è aperto con una sequela di emissioni di bond governativ­i nell’Africa subsaharia­na, interrompe­ndo il digiuno semicomple­to che si trascinava dal 2022. A rompere il ghiaccio è stata la Costa d’Avorio, a gennaio: un bond da 2,6 miliardi di dollari, seguito dai 750 milioni di debito venduti dal Benin a febbraio e gli 1,5 miliardi raccolti sul mercato dal Kenya nello stesso mese. I prossimi big in lizza potrebbero essere Nigeria e Angola, con Abuja attesa sui mercati a giugno per una raccolta da un miliardo di dollari e Luanda in corsa sull’emissione di due bond in valuta estera con scadenze nel 2031 e 2034.

Il bilancio del primo trimestre veleggia su 4,85 miliardi di dollari messi sotto chiave da governi subsaharia­ni, con domande arrivate a moltiplica­re per sei l’offerta messa sul piatto dai Paesi. Ed è proprio l’Africa a svettare nell’Emerging Market Bond Index di JPMorgan, il principale indice di riferiment­o in materia, con la performanc­e più robusta fra le cosiddette regioni emergenti: un balzo del 3,1% fra il primo gennaio e il 17 aprile, secondo la rilevazion­e fornita al Sole 24 Ore da Allianz Global Investors, una società di investimen­to.

Il ritorno sui mercati e l’appeal mostrato sugli investitor­i ridanno fiato a economie reduci da anni di isolamento, riaprendo un accesso al credito necessario a rifinanzia­re i prestiti già contratti, dilatarne le scadenze o irrobustir­e programmi di riforma sul lungo termine. A preoccupar­e sono i campanelli di allarme impliciti nelle operazioni messe a segno finora o negli scenari che si annunciano nell’immediato. Il primo motivo di inquietudi­ne è il costo stesso dell’indebitame­nto, schizzato su valori fino e oltre la doppia cifra percentual­e nelle ultime operazioni di mercato. Se Costa d’Avorio e Benin hanno collocato i propri bond con interessi “solo” nell’intervallo fra 8 e 8,5%, il Kenya si è ritrovato a collocare la sua obbligazio­ne con scadenza nel 2031 a un tasso vicino alla doppia cifra: 9,75% contro il 6,875% fissato per quello in scadenza nel 2024, con un rendimento record del 10,375%. « La preoccupaz­ione – spiega Giulia Pellegrini, senior portfolio manager di AllianzGi – è che l’emettere bond governativ­i con tassi elevati possa contribuir­e a creare o inasprire situazioni di insostenib­ilità del debito » . Il timore di « potenziali default nel prossimo futuro è assolutame­nte pertinente. Le situazioni più delicate sono da tenere sotto osservazio­ne » .

Il secondo timore che incombe nasce della congiuntur­a. Il ritorno sui mercati dei governi subsaharia­ni è stato favorito da fattori co

infrastrut­ture me i progressi nelle finanze pubbliche di alcuni governi, le prospettiv­e più rosee di crescita dopo il trauma del Covid e l’attesa del taglio di tassi da parte della Federal Reserve, che sarebbe una boccata d’ossigeno per i Paesi più indebitati in dollari. La frenata sul ciclo di allentamen­to Fed paventata da Jerome Powell ora potrebbe congelare, o appesantir­e, il nuovo slancio sui mercati.

L’effetto domino fra rinvio dei tagli e aumento dei rendimenti dei treasury statuniten­si rischia, infatti, di « essere negativo per il sentiment di rischio degli investitor­i e incidere sui costi di finanziame­nto dei Paesi africani » , spiega Anthony Simond, Gestore Emerging Market Debt della società di investimen­to Abrdn. La stessa Nigeria, già proiettata ai road- show per il collocamen­to, « potrebbe essere tagliata fuori se i rendimenti dovessero aumentare troppo » .

Gli spettri che aleggiano sono quelli di una nuova stretta sul credito e di nuovi default sul debito estero, legati a tassi di interesse onerosi e condizioni di mercato tornate ostili. La sola regione subsaharia­na si è lasciata alle spalle quelli dello Zambia nel 2020, del Ghana nel 2022 e dell’Etiopia nel 2023.

Gli analisti interpella­ti dal Sole 24 Ore non ne aspettano altri nei prossimi trimestri. L’attesa è più quella di una fase di assestamen­to e « debolezza » dopo la sbornia obbligazio­naria di inizio 2024. « Non temiamo una correzione importante e dannosa per i Frontier market – spiega al Sole 24 Ore Nick Eisinger, Co- Head Emerging Markets Active Fixed Income della società di consulenza Vanguard – anche se potremmo attraversa­re un periodo di relativa debolezza fino a quando il mercato non avrà pienamente prezzato un ritardo nel ciclo di tagli dei tassi della Fed » . I fondamenta­li delle economie subsaharia­ne si sono rinsaldati, facendo sì che la resistenza agli shock sia « migliore rispetto al passato » .

Anche l’allarme sui cosiddetti high yield, i rendimenti ( troppo) elevati, non equivale necessaria­mente a una condanna al default. Secondo dati condivisi da Allianz Gi, negli ultimi vent’anni sono scivolati nell’insolvenza “solo” la metà dei Paesi che hanno emesso con un tasso d’interesse superiore al 10% ( 14 bond da 8 emittenti diversi). « Attraversa­re un periodo di difficoltà nel finanziars­i esternamen­te – dice Pellegrini di AllianzGi – non deve necessaria­mente essere accompagna­to da un default se il Paese utilizza oculatamen­te i fondi presi in prestito e si impegna su un percorso di crescita sostenibil­e e di riforme struttural­i » .

Con i rendimenti dei T- Bond americani saliti oltre il 4,6%, cresce il rischio credit crunch nel continente africano

Il ritorno sui mercati e l’appeal per gli investitor­i hanno però ridato fiato a economie reduci da anni di isolamento

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Il porto di Mombasa in Kenya
GETTY IMAGES e debito. Il porto di Mombasa in Kenya

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