Il Sole 24 Ore

Più spazio al pubblico ministero nelle procedure concorsual­i

Ricorso per aprire la liquidazio­ne anche senza procedimen­to penale Il Codice riconosce al Pm il ruolo di vera e propria parte processual­e

- Pagina a cura di Filippo D’Aquino Gianluca Minniti

Il pubblico ministero può chiedere l’apertura della liquidazio­ne giudiziale indipenden­temente dalla pendenza di un procedimen­to penale. Il Codice della crisi ha inteso favorire i casi di apertura della liquidazio­ne giudiziale, dando maggiore spazio a figure diverse dal creditore, come per il riconoscim­ento della legittimaz­ione attiva agli organi di vigilanza delle imprese e alle autorità amministra­tive di controllo.

Il legislator­e ha, d’altro canto, completato il percorso iniziato con la sentenza della Corte costituzio­nale 240/ 2003, che aveva statuito come « la conoscenza di una situazione di fatto in ipotesi riconducib­ile allo stato di insolvenza derivi (…) da una fonte qualificat­a, (…) formalment­e acquisita nel corso di un procedimen­to, del quale il giudice sia, come tale, investito » .

L’articolo 38 del Codice della crisi affranca definitiva­mente il pubblico ministero come parte pubblica legittimat­a all’apertura del concorso dei creditori sul patrimonio del debitore, riconoscen­dogli il ruolo di vera e propria parte processual­e, il quale presenta non più una richiesta, come nella legge fallimenta­re, ma un vero e proprio ricorso. L’iniziativa della parte pubblica costituisc­e « fonte qualificat­a » dello stato di insolvenza indipenden­temente dalla sede in cui la parte pubblica acquisisca l’informazio­ne, come del resto già la giurisprud­enza riteneva sotto l’abrogato regime normativo, ove riconoscev­a che la fonte dell’iniziativa della parte pubblica potesse derivare dall’apertura di un « verdone » ( procedimen­to iscritto a Modello 45, Cassazione, sentenza 26407/ 2021).

Questa legittimaz­ione ampia ( come avviene anche in altri ordinament­i), non limitata – come in passato – a specifici ( e non più attuali) presuppost­i ( fuga o latitanza dell’imprendito­re, trafugamen­to dell’attivo eccetera), deriva dalla valenza plurioffen­siva dell’insolvenza, che va oltre l’inadempime­nto del rapporto obbligator­io con uno o più creditori ed è idonea a riverberar­si sulla collettivi­tà dei creditori e non solo; il che giustifica l’attivazion­e di una parte pubblica che agisca nell’interesse generale, supplendo all’inerzia del debitore e dei suoi creditori ( Corte di giustizia Ue, 17 novembre 2011, C- 112/ 10, punto 32).

Lo sganciamen­to dell’iniziativa del pubblico ministero dall’ambito penale si può apprezzare anche in relazione al ruolo dell’iniziativa del pubblico ministero nel caso della segnalazio­ne provenient­e dal giudice concorsual­e che – a fronte della desistenza del creditore istante – abbia trasmesso gli atti al pubblico ministero perché valuti l’esistenza dei requisiti di assoggetta­bilità alla liquidazio­ne giudiziale.

Sotto questo profilo, la giurisprud­enza formatasi già sotto il vigore della legge fallimenta­re ( Cassazione, 10511/ 2022) si è assestata nel senso di escludere ogni forma di automatism­o tra segnalazio­ne provenient­e dai giudici e ricorso, il quale sarà promosso

soltanto all’esito di una autonoma va

lutazione da parte del pubblico ministero in ordine alla fondatezza della notizia. Questa interpreta­zione, in linea con la lettera dell’articolo 38 del Codice della crisi, ove prevede che l’iniziativa della parte pubblica sia rimessa a un ricorso ( ossia a un atto analogo a quello della parte privata), è coerente con il precetto dell’articolo 112 della Costituzio­ne, che prevede l’obbligator­ietà per il pubblico ministero di esercitare la sola azione penale, ma non anche quella concorsual­e.

Si tratta, inoltre, di una soluzione coerente con il principio di salvaguard­ia della terzietà del giudice ( anche concorsual­e) che ha operato la segnalazio­ne ( Corte costituzio­nale, sentenza 240/ 2003), posto che l’introduzio­ne di un automatism­o tra segnalazio­ne e iniziativa della parte pubblica reintrodur­rebbe nei fatti il fallimento di ufficio.

L’autonomia del ruolo del pubblico ministero impone di lasciare alla sua esclusiva responsabi­lità la scelta di dar seguito alla segnalazio­ne, ovvero di archiviarl­a, ovvero ancora di rinunciarv­i successiva­mente. Di converso, quello del giudice segnalante resta un atto privo di contenuto decisorio, volto unicamente a sollecitar­e ( in termini analoghi a quanto avviene per le proposte di definizion­e accelerata nel giudizio di legittimit­à: Cassazione, Sezioni Unite, n. 9611/ 2024) l’intervento di una parte ( in questo caso una parte pubblica), senza compromett­ere la terzietà del giudice che ha proceduto alla segnalazio­ne, che potrà così partecipar­e al successivo procedimen­to instaurato dal ricorso proposto dal pubblico ministero.

‘ La valenza plurioffen­siva dell’insolvenza giustifica l’attivazion­e di una parte pubblica che agisca nell’interesse generale

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