In campo su accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati
Il Pm che apre la procedura può partecipare come sostituto del Pg nel giudizio
L’estensione del ruolo del pubblico ministero si apprezza anche in relazione alla generalizzata facoltà di intervento nel procedimento preliquidatorio previsa dall’articolo 38 del Codice della crisi d’impresa, secondo cui il pubblico ministero, oltre che proporre autonomo ricorso, può intervenire con il deposito di memorie o pareri in qualunque altra procedura avviata su impulso di soggetti diversi dalla pubblica accusa.
È stata così codificata la prassi di taluni uffici della Procura della Repubblica, che agivano in applicazione del principio generale secondo cui il pubblico ministero può intervenire in ogni procedimento civile in cui ravvisi l’esistenza di un pubblico interesse ( articolo 70, comma 3, del Codice di procedura civile).
Inoltre, al fine di assicurare continuità all’operato del pubblico ministero nei diversi gradi del giudizio di merito, è stata prevista la possibilità, per il rappresentante della Procura della Repubblica che abbia partecipato al procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, di partecipare anche al successivo grado di giudizio di merito quale sostituto del procuratore generale presso la Corte d’appello.
Il potere di iniziativa della pubblica accusa gioca, inoltre, a tutto campo anche nell’ambito delle procedure negoziate ( accordi di ristrutturazione dei debiti e concordato preventivo). In questi casi, oltre al potere di richiedere l’inammissibilità, la revoca dell’ammissione o il diniego dell’omologa, all’organo accusatorio è attribuito un generale potere di interlocuzione con le parti, con il giudice delegato e con il tribunale. Questa soluzione normativa risponde alla esigenza di riconoscere al pubblico ministero – nell’ambito delle procedure negoziate della crisi di impresa – poteri sostanzialmente analoghi a quelli previsti per la liquidazione giudiziale.
Nell’ambito della generale facoltà di interlocuzione con le parti private e di intervento nel procedimento – che rimane senz’altro discrezionale – di cui all’articolo 38, comma 3, del Codice della crisi, può essere riconsiderata anche la legittimazione del pubblico ministero a intervenire nel procedimento di omologa del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, dandosi così continuità a una apertura operata dalla giurisprudenza di legittimità ( Cassazione, 22691/ 2017).
Da ultimo, anche nel corso della procedura di composizione negoziata della crisi, che costituisce lo strumento di « allerta precoce » , idoneo ad intercettare situazioni di « probabilità di insolvenza » che incoraggi il debitore ad agire « senza indugio » – 17° e 22° considerando e articolo 3 della direttiva ( UE) n. 2019/ 1023 ( si veda il box in basso) –, il pubblico ministero può essere il destinatario della segnalazione di insolvenza da parte del giudice chiamato a confermare le misure protettive ovvero ad assumere uno degli altri provvedimenti previsti dalla composizione negoziata della crisi. Nel caso in cui il giudice ritenga irreversibile l’insolvenza del debitore in composizione negoziata, il meccanismo di cui all’articolo 38, comma 2, del Codice della crisi consente di far seguire all’archiviazione da parte della Camera di commercio l’avvio del procedimento per la liquidazione giudiziale.
Quello disegnato dal Codice della crisi è, in definitiva, un ruolo potenzialmente significativo, in termini propositivi, sia in caso di assenza o disinteresse delle parti private, sia nei casi in cui gli accordi tra le parti intervenuti medio tempore in seguito all’attivazione di una procedura preliquidatoria concorsuale, non rimuovano ( o peggio) ritardino la dichiarazione dello stato di insolvenza.
Ma ancora più significativo è il ruolo che la parte pubblica può dare in termini di contributo istruttorio sia alla fase di apertura della liquidazione giudiziale, sia ai plurimi tentativi di risanamento e di risoluzione della crisi, attesa la “potenza di fuoco” che può sviluppare il pubblico ministero rispetto alle parti private; ruolo del quale, in questo mutato e condivisibile equilibrio dei poteri, non vi è piena consapevolezza in diversi Uffici della Procura della Repubblica.