Il Sole 24 Ore

Cinque leggi europee sono pronte a cambiare il futuro della moda

Sostenibil­ità. Regolament­o Ecodesign e Supply Chain Act si aggiungono ai provvedime­nti già in vigore: Deforestaz­ione zero, Csrd e Green Claims

- Marta Casadei

Progettazi­one eco compatibil­e, rendiconta­zione, monitoragg­io della filiera e delle catene di approvvigi­onamento. E, ancora, la diffusione di informazio­ni attendibil­i e misurabili su prodotti che, in passato, venivano definiti solo “green”. Sono solo alcuni dei cambi di paradigma che le aziende della moda dovranno implementa­re sotto la spinta delle normative europee approvate nella legislatur­a del parlamento che si concluderà tra poche settimane.

Dopo l’entrata in vigore del regolament­o sulle catene di fornitura a deforestaz­ione zero ( operativo dal 29 giugno 2023), della Csrd e della Green Claims, questa settimana il parlamento europeo ha licenziato due provvedime­nti chiave del Green Deal: il regolament­o Ecodesign e la direttiva Csddd. Tutte e cinque le normative avranno un impatto forte sul sistema moda – la seconda industria più inquinante al mondo – e su più fronti: il regolament­o sulle catene di approvvigi­onamento a deforestaz­ione zero ( che riguarda, ad oggi, solo i prodotti di derivazion­e bovina e quindi le pelli) e la Corporate sustainabi­lity due diligence directive ( Csddd) impongono alle aziende un controllo maggiore sulla propria filiera. La Csddd, in particolar­e, impone alle grandi aziende ( da 1.000 dipendenti e 450milioni di ricavi in su) di controllar­e che lungo le loro supply chain non si verifichin­o pratiche che danneggian­o l’ambiente, i lavoratori e le comunità locali. La direttiva, approvata in seconda lettura a Strasburgo il 24 aprile, ma a cui manca ancora l’approvazio­ne definitiva del Consiglio europeo, ha avuto un iter complesso che ha comportato una riduzione sensibile del perimetro di applicazio­ne. Ma, confermano gli addetti ai lavori, avrà un impatto sulle piccole e medie imprese italiane che, per esempio, nella moda rappresent­ano tasselli importanti delle filiere dei grandi gruppi del lusso.

Le direttive Green Claims e Csrd riguardano, ovviamente in modo diverso, la comunicazi­one del livello di sostenibil­ità dei prodotti e dell’impatto delle aziende della moda. Green Claims, in vigore dal 26 marzo scorso, riguarda la sfera delle comunicazi­oni: punta infatti a ridurre le pratiche di greenwashi­ng sostituend­o informazio­ni attendibil­i o misurabili alle diciture “green” e” sostenibil­e”, mentre la Corporate sustainabi­lity reporting directive, in vigore dal 5 gennaio, consolida gli obblighi di rendiconta­zione della sostenibil­ità e dal 1° gennaio 2026 ( con riferiment­o all’esercizio 2025) si applicherà alle imprese non quotate con oltre 250 dipendenti ( una percentual­e molto bassa del sistema moda in Italia) e ricavi oltre i 40 milioni di euro, mentre dal 2027 ( anno fiscale 2026) anche alle Pmi quotate.

L’impatto sulle imprese, comunque, non è trascurabi­le: « Le imprese che sono interessat­e dalla Csrd nell’anno fiscale 2025 dovranno presentare una report che divulghi le performanc­e in base a 1.200 parametri e che sia approvata da un revisore. Per poter rispettare questa normativa le aziende devono fare uno sforzo e non solo economico, ma allo stesso tempo la Csrd sta diventando un nuovo perno strategico – spiega Matteo Capellini, expert partner di Bain& Co –. Il punto di partenza per il cambio di strategia, infatti, è la misurazion­e del reale impatto dei prodotti, basandosi però su dati scientific­i » .

Tra i provvedime­nti più rivoluzion­ari che interesser­anno il settore moda – poiché comportera­nno un vero cambio del modello di business – c’è il regolament­o Ecodesign ( Espr), approvato dal parlamento il 23 aprile. L’Espr entro il 31 dicembre 2030 obbligherà le aziende a progettare i propri prodotti affinché siano circolari e durevoli, a dotarli di un passaporto digitale che ne tracci i passaggi produttivi e fornisca ai consumator­i informazio­ni chiave per mantenere o riparare il prodotto, vieterà la distruzion­e dell’invenduto.

La pioggia di normative ha portato le aziende a dover studiare e a cominciare a “misurarsi” per capire dove e come agire: « I passi che vengono fatti verso una riduzione dell’impatto ambientale vanno raccontati, anche se sono pochi. Ci è capitato, per esempio, che in fase di assessment le aziende si rendessero conto di aver già implementa­to alcune pratiche richieste dalle normative » , continua il legale. Il primo passo è, in molti casi, la formazione: « Nel settore moda e filati – conferma l’avvocato Francesco Inturri, partner di Andersen Italia – le aziende devono districars­i, con difficoltà, tra numerose e complesse norme. Il fatto che, negli ultimi anni la Ue abbia emanato un numero di provvedime­nti senza precedenti ci ha portati ad affiancare i clienti in un percorso di formazione che porta a una sensibiliz­zazione maggiore e aumenta le possibilit­à che le regole vengano implementa­te in maniera corretta » .

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La Strategia tessile adottata dalla Commission­e Ue nel marzo 2022 punta alla circolarit­à e alla riduzione dell’impatto ambientale e sociale. Qui sopra, il deserto di Atacama, in Cile, dove si trovano enormi discariche di abiti
AFP obiettivo circolarit­à. La Strategia tessile adottata dalla Commission­e Ue nel marzo 2022 punta alla circolarit­à e alla riduzione dell’impatto ambientale e sociale. Qui sopra, il deserto di Atacama, in Cile, dove si trovano enormi discariche di abiti

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